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Camino

Cardelli Lorenzo

(Roma 1733 ca. - 1794)

Valadier Luigi

(Roma 1726 - 1785)

Valadier Giuseppe

(Roma 1762-1838)

Il camino, che ha la struttura della mostra in marmo bianco, si trova al centro della zoccolatura della parete della quale riprende, nella decorazione, il motivo del fregio a onde. Una decorazione in bronzo dorato con motivo continuo di foglie di acanto corre intorno alla bocca del camino e sotto il piano di cornice; il fregio, con scene mitologiche, anch’esso in bronzo dorato, è inquadrato da una cornice di perline. Nei dadi di raccordo sono due tondi con Fauni e Menadi. Le applicazioni bronzee sono opera di Luigi Valadier, probabilmente conclusa dal figlio Giuseppe. L'interno del focolare è rivestito di maioliche quadrate a fondo bianco con motivi di cornucopie e, ai lati, l'aquila e il drago, animali araldici di Casa Borghese. Le insegne familiari ricordano la commissione, da parte del Principe Marcantonio Borghese, dell’intera ridecorazione delle stanze della palazzina, eseguita con il concorso di tanti artisti e artigiani sotto la direzione dell’architetto Antonio Asprucci.


Scheda tecnica

Inventario
camini-XVI
Posizione
Datazione
1785-1786 circa
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
marmo bianco; applicazioni in bronzo dorato
Misure
altezza cm 133; larghezza cm 193; profondità cm 77
Provenienza

Commissionato dal Principe Marcantonio Borghese.

Conservazione e Diagnostica
  • 1964 Massimiliano Massa
  • 1996-1997 Maria Gigliola Patrizi

Scheda

Questo notevole camino ornamentale è unico, per il ricco fregio di bronzo dorato che, sul bianco del marmo, spicca con tipica contrapposizione neoclassica. Appartenente alla tipologia detta “alla francese”, cioè incassato nel muro, presenta nella composizione caratteri simili al camino in rosso antico del 1782 della sala XX, dove tornano gli elementi svasati sui piedritti con tre profonde scanalature, anche se qui si adotta una bicromia in oro e bianco. La parte scultorea viene assegnata dal Nibby a Vincenzo Pacetti (“composto e in parte eseguito dal Pacetti”, Nibby 1832, p. 142), anche se è plausibile che lo scultore romano abbia solo fornito i modelli; per la sua esecuzione è ritenuto probabile un intervento di Lorenzo Cardelli, molto attivo nella Villa per l’intaglio di marmi.

Le applicazioni in bronzo dorato sono tratte da varie fonti classiche (il Vaso Portland - appartenuto prima ai Barberini e poi a Sir William Hamilton - un fregio dal Foro di Nerva, le due celeberrime pitture con Centauri di Ercolano e un dipinto con Calipso accanto ad Ulisse del Macellum di Pompei per la figura femminile in piedi dietro ad Athena). Il fregio è composto di quattro blocchi di figure: ne deriva una composizione che non procede continuativamente, ma per giustapposizione dei suoi elementi, forse in origine collegati da motivi di alberi ora scomparsi. Indefinito il significato della figurazione nata dall'assemblaggio di parti delle celebri testimonianze antiche, poiché essa assume piuttosto il carattere di un "pastiche" antiquariale. Interessa notare l'atteggiamento dell'autore di fronte al monumento antico, inteso qui con valore repertoriale, a uso della composizione di un fregio armonico con la struttura su cui si colloca e adeguato alla sua funzione decorativa; così, elementi della decorazione dal Vaso Portland vengono separati e collocati a chiudere il fregio. La direzione delle figure è rovesciata rispetto all'originale, il che sottintende l'impiego di incisioni e controprove. Il riferimento, piuttosto che agli originali, quindi va alle riproduzioni che di essi erano state diffuse, per esempio da Montfaucon per il Vaso Portland e dalle Tavole delle Admiranda di Pietro Sante Bartoli, per i rilievi del Foro di Nerva dove appunto la direzione delle figure è rovesciata rispetto all'originale. L'ultimo pagamento fatto a nome di Luigi Valadier nel Quaderno delle spese (González Palacios 1993, pp. 265-297) al n. 604, che recita: "a Luigi Valadier Argentiere per guarnizione di Metalli ad un Cammino [...] scudi 152:76 1/2", avvenne nel 1786, dopo la scomparsa dell'orafo, e la nota di pagamento fu emessa dal figlio Giuseppe, fatto che ha determinato l’ipotesi che l’opera fosse compiuta da quest’ultimo. A conferma di ciò, a un anno dalla morte del padre Luigi, Giuseppe Valadier scrive il 19 settembre 1786 un dettagliato elenco che descrive questo camino "per aver fatto la guarnizione in metallo sopradorato ad uso di Francia per un Camino in marmo bianco, consistenti in bassirilievi, scannellature, perle, fusarole, fogliami. Nella cimasa di detto Camino ricorre un giro di fusarole che in tutto stende palmi 17 [...] Sotto il gocciolatore della medesima ricorre un giro di foglie, e controfoglie frappate che sono Numero 37 con suoi perni saldati sotto per affermarle nella pietra [...] Nel fregio di essa vi è tutto longo un bassorilievo, copiato dall'originale esistente nel fregio del'antico Tempio di Minerva essendovi in tutto 20 figure diverse [...] Nelli laterali della retro detta cimasa vi sono due bassirilievi copiati dalle figure dell'Ercolano in Napoli con contorni in tondo di perle che stende assieme palmi 16 [...] Nelli due pilastri vi sono tre piccole borchie, e tre baccelli longhi [...] Nelli due contropilastri vi sono due fregiotti [...] Nel telaro di detto camino ricorre un giro di foglie e controfoglie frappate, simili à quelle della cimasa che sono numero 44 [...]".

È il solo tra i camini della Villa con decorazioni attribuite ai Valadier, dal momento che le rifiniture bronzee degli altri camini hanno trovato autore documentato in De Rossi.

Ferrara (1987) ipotizza che fosse originariamente sormontato da una delle due tele "grandissime per il largo" di Marchetti con figure di Taddeo Kuntze e Venceslao Peter, facenti parte del gruppo di 16 tele che ricoprivano interamente le pareti della sala con "Prospettive e figurazioni diverse".  A Domenico Cialdi "Fabricatore di Majoliche a S. Gallicano" si devono le piastrelle del fondo. Nell'Inventario del 1809 viene descritto così: "Un cammino di marmo bianco con figurine di metallo dorato. Paracamino in legno dipinto, e due parafuochi di setino verde". La piastra del focolare ha superiormente una voluta centrata da una testina di Medusa del tipo Rondanini (così detto dall’esemplare conservato nella Gliptoteca di Monaco di Baviera), dalla quale partono festoncini di alloro. Altri festoni cadono dal riccio delle volute; al centro un rilievo con ara sacrificale.

Paola Berardi




Bibliografia
  • A. Nibby, Monumenti scelti della Villa Borghese, Roma 1832.
  • L. Ferrara Grassi, Il Casino di Villa Borghese: i camini; note e documenti per l’arredo degli interni; la collaborazione di Agostino Penna e Vincenzo Pacetti, in E. De Benedetti (a cura di), Ville e palazzi. Illusione scenica e miti archeologici, “Studi sul Settecento romano”, n. 3, Roma 1987, pp. 242; 250; 255; 262; 273.
  • A. González Palacios, Il gusto dei principi: arte di corte del XVII e del XVIII secolo, Milano 1993, pp. 247-248.
  • P. Mangia, Il ciclo dipinto delle volte. Galleria Borghese, Roma 2001, pp. 89-90.
  • C. Paul, The Borghese Collections and the Display of Art in the Age of the Grand Tour, Aldershot, 2008, p. 308.
  • M. Minozzi, scheda in Valadier. Splendore nella Roma del Settecento, catalogo della mostra (Roma, Galleria Borghese, 30 ottobre 2019-2 febbraio 2020) a cura di G. Leardi, pp. 200-201.