Il rilievo è pertinente a uno dei due trapezofori – sostegni di tavolo – segati nello spessore ottenendo quattro lastre, poi utilizzati per decorare basi di statue esposte in questa sala. La lastra presenta due zampe leonine, ciascuna sormontata da una testa di leone, separate da un pannello rettangolare con una cornice a listello ad ampia gola decorato da un vaso da cui si sviluppano due rami fioriti, che scendono verso il basso, e una grande palmetta a sette foglie aperta verso l’alto.
La produzione di sostegni di tavolo ornati e conformati a zampa animale risale già al mondo egizio; è tuttavia nel mondo greco e, specificamente, in età ellenistica che conobbe grande sviluppo, quando alla zampa venne aggiunta anche la protome animale, secondo uno schema che si mantenne inalterato per tutta l’età imperiale.
Collezione Borghese (ante 1671)?; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 50, n. 134. Acquisto dello Stato, 1902.
Probabilmente la lastra in esame rientra nel gruppo di bassorilievi e statua che nel 1671 vennero trasferite da Villa Pinciana a Palazzo Borghese in Campo Marzio per la decorazione del giardino; in una incisione della Fontana del Giardino di Palazzo di città della famiglia eseguita dal Venturini nella seconda metà del XVII sec. è infatti riconoscibile un frammento di uno dei due trapezofori – termine che indica i sostegni di tavolo, in particolare quelli ornati – di analogo soggetto cui apparteneva il rilievo (Falda 1691, tav. 12). Fra Settecento e primi Ottocento i trapezofori furono ricollocati presso la Villa e segati nello spessore ottenendo quattro lastre, poi utilizzate per decorare altrettante basi di statue disposte simmetricamente ai due lati della sala V in occasione del nuovo allestimento della collezione.
Il rilievo è decorato alle estremità da due zampe leonine, ciascuna sormontata da una testa di leone, separate da un pannello rettangolare con una cornice a listello ad ampia gola decorato da un vaso, un kantharos, con collo baccellato da cui si sviluppano due rami fioriti che scendono verso il basso, e una grande palmetta a sette foglie aperta verso l’alto. La frattura dell’orlo inferiore permette di riconoscere in CCXXXX l’altra faccia del trapezoforo in esame, segato nello spessore ottenendo due lastre, poi utilizzate, come CCXXVI e CCXXVIII pertinenti a un secondo trapezoforo di analogo soggetto, per decorare altrettante basi di statue disposte simmetricamente ai due lati della sala V.
A Roma, in particolare, l’uso di tavoli particolarmente ornati (in marmo, in pietra, in bronzo, in legno o ageminati in argento) è introdotto a seguito delle conquiste orientali (I sec. a.C.) quando si diffondono prodotti dell’artigianato artistico ellenistico. La produzione di trapezofori in forma o con decorazione a zampa teriomorfa risale alla tarda età classica ed ebbe grande sviluppo in età ellenistica, quando venne aggiunta anche la protome animale, secondo uno schema che si mantenne inalterato per tutta l’età imperiale (Montanari 2007, pp. 117-119). Meno diffuso, invece, il motivo della palmetta che fuoriesce dal vaso, più frequente nella decorazione di antefisse fittili e marmoree (Anselmino 1977, pp. 120 ss; Pensabene, Sanzi di Mino 1983, pp. 34 ss). Stretti confronti si possono trovare in alcune antefisse marmoree nel cortile di Palazzo Mattei databili al II sec. d.C. (Carinci 1982, pp. 300 ss, nn. 141, 144) e con due trapezofori conservati al Museo Nazionale Romano (MNR, invv. 746; 747; Fileri 1985, pp. 118-119), in particolare per quanto concerne le anse del vaso “acantizzate”.
L’accurata esecuzione del sostegno e la ricercatezza della decorazione, unitamente ai confronti richiamati, suggeriscono una datazione al II sec. d.C.
Jessica Clementi