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Trapezoforo, sezione

Arte romana


La lastra è pertinente a uno dei due trapezofori – sostegni di tavolo – segati nello spessore ottenendo quattro lastre, poi utilizzate per decorare quattro basi di statue esposte in questa sala. Il rilievo è decorato alle estremità da due zampe leonine sormontate, ciascuna, da una testa di leone e separate da un pannello rettangolare con una cornice a listello ad ampia gola decorato da un vaso da cui si sviluppano due rami fioriti, che scendono verso il basso, e una grande palmetta a sette foglie aperta verso l’alto.

La produzione di trapezofori in forma o con decorazione a zampa teriomorfa risale alla tarda età classica ed ebbe grande sviluppo in età ellenistica, quando venne aggiunta anche la protome animale, secondo uno schema che si mantenne inalterato per tutta l’età imperiale.


Scheda tecnica

Inventario
CCXXVIIIa
Posizione
Datazione
II sec. d.C.
Tipologia
Materia / Tecnica
marmo bianco
Misure
altezza cm 35, larghezza cm 60, spessore cm 5,6
Provenienza

Collezione Borghese (ante 1671) ?; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 50, n. 134. Acquisto dello Stato, 1902.

Conservazione e Diagnostica
  • 1996-1997, Liana Persichelli

Scheda

È possibile che la lastra in esame sia fra quelle trasferite nel 1671 insieme a statue e bassorilievi da Villa Pinciana a Palazzo Borghese in Campo Marzio al fine di decorare il giardino; in una incisione della Fontana del Giardino di Palazzo di città della famiglia eseguita dal Venturini nella seconda metà del XVII sec. è infatti riconoscibile un frammento di uno dei due trapezofori – termine che indica i sostegni di tavolo, in particolare quelli ornati – di analogo soggetto cui apparteneva il rilievo (Falda 1691, tav. 12). In un momento successivo, poi, i trapezofori furono ricollocati presso la Villa Pinciana e segati nello spessore ottenendo quattro lastre, poi utilizzate per decorare altrettante basi di statue disposte simmetricamente ai due lati della sala V in occasione del nuovo allestimento ottocentesco della collezione nel Casino.

Il rilievo presenta due zampe leonine, ciascuna sormontata da una testa di leone, separate da un pannello rettangolare con una cornice a listello ad ampia gola decorato da un vaso con collo baccellato da cui si sviluppano due rami fioriti, che scendono verso il basso, e una grande palmetta a sette foglie aperta verso l’alto. La protome leonina, resa schematicamente, è caratterizzata da un muso largo, con fauci dischiuse che conservano in parte i canini pronunciati e folta criniera.

Sulla base delle dimensioni della lastra è possibile riconoscere in CCXXVI l’altra faccia del trapezoforo in esame, segato nello spessore ottenendo due lastre, poi utilizzate, come CCXXXXII e CCXXXX pertinenti a un secondo trapezoforo di analogo soggetto, per decorare altrettante basi di statue.

L’uso di ornare le zampe dei mobili è già attestato presso gli Egizi e i popoli mesopotamici, ma la maggior diffusione si può ascrivere all’età ellenistica e a tutta l’età romana (Montanari 2007, pp. 117-119). In particolare, la produzione di trapezofori in forma o con decorazione a zampa teriomorfa risale alla tarda età classica ed ebbe grande sviluppo in età ellenistica, quando venne aggiunta anche la protome animale (nella maggior parte dei casi grifoni, ma anche leoni, pantere, volatili) o protome antropomorfa (Sileni, Eroti, figure muliebri, etc.) secondo uno schema che si mantenne inalterato per tutta l’età imperiale (Moss 1988, pp. 20-26). Meno diffuso, invece, il motivo della palmetta che fuoriesce dal vaso, adottato più frequentemente nella decorazione di antefisse fittili e marmoree (Anselmino 1977, pp. 120 ss; Pensabene, Sanzi di Mino 1983, pp. 34 ss). Stretti confronti si possono trovare in alcune antefisse marmoree nel cortile di Palazzo Mattei databili al II sec. d.C. (Carinci 1982, pp. 300 ss, nn. 141, 144) e con due trapezofori conservati al Museo Nazionale Romano (MNR, invv. 746; 747; Fileri 1985, pp. 118-119).

La particolare natura di opere di artigianato decorativo, caratterizzate da dettagli esornativi riproposti per lunghi periodi di tempo senza sostanziali modifiche, rende arduo datare il nostro esemplare; tuttavia la raffinata esecuzione e i confronti sopra richiamati permettono di collocarlo genericamente nell’ambito del II sec. d.C.

Jessica Clementi




Bibliografia
  • G. B. Falda, Le fontane di Roma nelle piazze, e luoghi publici della città, III, Roma 1691, tav. 12.
  • L. Anselmino, Terracotte architettoniche nell’antiquarium comunale di Rom, I, Antefisse, Roma 1977, pp. 120 ss.
  • P. Moreno, Museo e Galleria Borghese, La collezione archeologica, Roma 1980, p. 16.
  • P. Moreno, S. Staccioli, Le collezioni della Galleria Borghese, Milano 1981, p. 102.
  • F. Carinci, in Palazzo Mattei di Giove. Le antichità, a cura di L. Guerrini, Roma 1982, pp. 300 ss, nn. 141, 144.
  • F. Pensabene, M.R. Sanzi di Mino, Museo Nazionale Romano. Le Terrecotte III/1. Le Antefisse, Roma 1983, pp. 34 ss.
  • R. Cohon, Greek and Roman Stone Table Supports with Decorative Reliefs, Ann Arbor 1985.
  • C. R. Moss, Roman Marble Tables, Ann Arbor 1988.
  • H. Herdejürgen, Antike und moderne Reliefs in der Villa Borghese, in “Archäologischen Anzeiger”, 4, 1997, pp. 480-503, in part. pp. 483-484.
  • P. Moreno, A. Viacava, I marmi antichi della Galleria Borghese. La collezione archeologica di Camillo e Francesco Borghese, Roma 2003, p. 210, n. 191.
  • M. Montanari, Trapezofori in marmo, in M. Luni (a cura di), Domus di Forum Sempronii. Decorazione e arredo, Roma 2007, pp. 117-128.
  • Scheda di catalogo 12/01008450, P. Moreno 1976; aggiornamento G. Ciccarello 2021