Il vaso, privo di anse e col corpo liscio, si caratterizza per la sequenza di poche e semplici modanature nettamente delineate: il sottile piede sostiene un corpo ovoidale concluso in alto da un collo basso e incavato, impostato su un gradino a listello; l’orlo ha la tipica forma a becco di civetta. Il coperchio, impostato anch’esso su un gradino a listello, ha un pomolo sferico.
Per la sua esecuzione, avvenuta probabilmente nell’ambito del rinnovo degli interni condotto nella palazzina nel tardo XVIII secolo, l’anonimo intagliatore ha utilizzato una varietà del marmo africano detta bigio, caratterizzata da venature bianche e macchie rossastre sul fondo grigio.
Il vaso poggia su un basso plinto quadrangolare, ha un piede modanato tondo, sul quale poggia il corpo ovoidale privo di anse. Il basso collo si diparte dalla spalla, a partire da un listello, ed è concluso da un orlo a becco di civetta. Il recipiente è chiuso da un coperchio a gola dritta di base su listello, con presa piccola a sfera.
È ricordato dal Venturi, senza alcuna indicazione d'epoca, nella sala XV (1893, p. 71), la stessa in cui si trovava ancora nel 1954. Lì infatti lo cita il Faldi, che lo identifica con uno dei vasi descritti al n. 127 della sezione C dell’Inventario Fidecommissario del 1833, in cui però si parla piuttosto di un vaso in alabastro orientale e due vasetti di breccia con zoccoletti di marmo bianco (Faldi 1954, p. 20).
L’esecuzione del manufatto è da considerarsi avvenuta nel tardo XVIII secolo, nell’ambito del rinnovo degli interni della palazzina operato dall'architetto Antonio Asprucci su commissione di Marcantonio IV Borghese. Impossibile al momento individuarne l’autore, che doveva appartenere a quella cerchia di abili intagliatori che in quegli anni si erano specializzati nella lavorazione di materiali pregiati, generalmente di origine antica, per la ricca e colta clientela del tempo.
Il materiale utilizzato è una varietà del marmo africano detta bigio, che si presenta con venature bianche e macchie rossastre sul fondo grigio.
Sul corpo è riportato un secondo numero di inventario (832).
Sonja Felici