La particolarità di questa tavola, attestata in collezione Borghese a partire dal 1693, si riscontra nel brano paesaggistico raffigurato sullo sfondo, dipinto al termine di un corridoio prospettico dove al centro in primo piano compare Gesù adagiato su un cuscino, suo attributo regale. Questi, ritratto tra sua madre, il piccolo Giovanni Battista e due angeli, abbraccia una piccola croce, un chiaro rimando alla sua Passione al pari del drappo bianco che allude al sudario che avvolse il suo corpo. Nella scena, sebbene poco visibili, si riconoscono una colomba bianca sulla trave del tetto, un topo su una mensola alle spalle della Vergine e nel paesaggio in lontananza Giuseppe mentre porta al pascolo l'asino e il bue.
L'opera, di devozione privata, fu eseguita dopo il 1510 dal pittore fiorentino Piero di Lorenzo di Chimenti, allievo e collaboratore di Cosimo Rosselli, da cui derivò il nome con cui oggi è maggiormente noto. L'artista, figlio di un orafo, evoca spesso questa sua formazione accanto al padre, indugiando ad esempio su alcuni dettagli di grande raffinatezza come, in questo caso, i gioielli e le pietre appuntati sulla camicia dell'angelo e la spilla a forma di stella dipinta sul mantello di Maria che richiama i versi di una nota preghiera (Ave Maris Stella, in italiano “Ave, Stella del Mare").
Cornice ottocentesca decorata intreccio di spighe (diametro cm 172,4; spessore cm 10,3)
Roma, collezione Borghese, 1693 (Inventario 1693, Stanza IX, n. 31; Della Pergola 1959; Eid. 1964 corregge il n. 31 con il n. 504); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 7. Acquisto dello Stato, 1902.
La provenienza di questo dipinto resta ignota. Nonostante, infatti, un timido tentativo di Kristina Herrmann Fiore di riconoscerlo con uno dei quadri sequestrato al Cavalier d'Arpino nel 1607 (Herrmann Fiore in Caravaggio e la Luce 2000), pista poi scartata dalla stessa studiosa (Eid. 2003-04; 2006), le prime notizie certe risalgono al 1693, anno in cui la tavola è così elencata nell'inventario di casa Borghese ("Accanto a detti sopra la porta un quadro grande tondo con cornice tonda riporti intagliati dorata con la Vergine, Bambino e San Giovannino e due angeli che sonano il ciufolo del N. [sic] Giovanni Bellini"; Inv. 1693). Difficilmente identificabile negli anni successivi, riemerge nuovamente nel Fidecommisso ottocentesco (Inv. Fid. 1833), elencata in tale occasione con un'improbabile attribuzione a Raffaello, nome tuttavia ripreso da Giovanni Piancastelli (1891) ma decisamente scartato sia dal Platner, che parlò di Fra' Bartolomeo (Platner 1842), sia dal Frizzoni (1880). Questi, infatti, assegnò il tondo al pittore fiorentino Piero di Cosimo, pista seguita poco dopo da Giovanni Morelli (1897), Adolfo Venturi (1911), Bernard Berenson (1904) e Roberto Longhi (1928), e infine confermata da Paola della Pergola (1959). Non pochi furono però i pareri discordanti, come quello di Fritz Knapp (1899) che giudicò il quadro un'opera di un seguace; di Robert Langton Douglas (1946) che, riscontrando alcune analogie con il tondo di Fra' Bartolomeo sempre di collezione Borghese (inv. 439), assegnò entrambe le opere al 'Maestro della Natività Borghese'; e infine di Raimond Van Marle (1931), secondo cui la tavola sarebbe stata realizzata da Piero sotto l'influenza di Lorenzo di Credi.
Il primo a mettere in rapporto l'Adorazione Borghese con quella dell'Ermitage di San Pietroburgo (inv. 54) fu Adolfo Venturi che in un primo momento (A. Venturi 1893) l'aveva però ritenuta un'imitazione dell'esemplare russo, seguito da Fritz von Harck (1896), Lionello Venturi (1912) e Paolo Morselli (1958) che invece giudicarono il tondo dell'Ermitage una copia di quello romano. A ribaltare tale opinione furono negli anni successivi due grandi studiosi come Federico Zeri che, confermando l'autografia del quadro (Zeri 1959), rilevò diverse analogie tematiche con la Madonna Cini degli Uffizi (inv. 3885); e Luigi Grassi (1963) che dal canto suo accostò l'opera sia al tondo Kress della National Gallery di Washington (inv. 1939.1.371), sia alla Natività di Piero della Francesca di Londra (National Gallery, inv. NG908) ipotizzando tra l'altro un interesse di Piero di Cosimo per le ultime opere del pittore di Borgo Sansepolcro. Oltre a tale influsso, di certo mediato dal Perugino, attivo a Firenze fin dal nono decennio del Quattrocento (cfr. Forlani Tempesti, Capretti 1996), sono state osservate altre influenze, in particolare quella di Fra' Bartolomeo per l'effetto controluce (Iid. 1996) e quella di Leonardo da Vinci per la soluzione dello sfondo scuro della capanna e nell'uso sfumato dei colori, nella resa del paesaggio e nel volto degli angeli (Herrmann Fiore 2003-2004).
Riguardo alla cronologia la critica è concorde nel leggervi un'esecuzione tarda, con tutta probabilità dopo il 1510-12 (Bacci 1976; Forlani Tempesti, Capretti 1996; Herrmann Fiore 2003-04) come in effetti ben si capisce se si confronta il presente dipinto con la composizione della National Gallery di Washington eseguita da Piero intorno al 1507. Gli strati di colore particolarmente sottili degli incarnati hanno invece fatto pensare ad un quadro non finito (Bacci 1966), giudizio tuttavia smentito da Kristina Herrmann Fiore che nel 2003 condivise i risultati di un restauro eseguito da Laura Ferretti (Herrmann Fiore 2003-2004). Da tali dati, in effetti, si evince che la resa dei volti così sciupata sarebbe dovuta in larga parte ai pesanti interventi di restauro cui la tavola è stata di frequente sottoposta nei secoli compromettendone dunque in maniera permanente una sua oggettiva lettura.
Due disegni di Piero di Cosimo in rapporto con questa Adorazione si conservano agli Uffizi di Firenze (Inv. 343E) e presso il Gabinetto dei disegni di Roma (inv. F.C. 130507; cfr. Herrmann Fiore 2003-2004).
Antonio Iommelli