Galleria Borghese logo
Risultati della ricerca
X
Nessun risultato :(

Consigli per la tua ricerca:

  • I risultati del motore di ricerca si aggiornano istantaneamente non appena si modifica la chiave di ricerca.
  • Se hai inserito più di una parola, prova a semplificare la ricerca scrivendone solo una, in seguito si potranno aggiungere altre parole per filtrare i risultati.
  • Ometti parole con meno di 3 caratteri, ad esempio "il", "di", "la", perché non saranno incluse nella ricerca.
  • Non è necessario inserire accenti o maiuscole.
  • La ricerca di parole, anche se scritte parzialmente, includerà anche le diverse varianti esistenti in banca dati.
  • Se la tua ricerca non produce risultati, prova a scrivere solo i primi caratteri di una parola per vedere se esiste in banca dati.

Madonna con Bambino

Salimbeni Ventura

(Siena 1568 - 1613)

La tavola è firmata "Ventura Salim / beni", iscrizione riapparsa nel 1936 a seguito di un restauro. Negli inventari settecenteschi compariva sotto il nome di Federico Barocci, attribuzione rimasta valida fino alla fine dell'Ottocento. La composizione si ispira a Raffaello, importante riferimento culturale del Salimbeni nell’ultimo decennio del Cinquecento, quando il pittore si trova a Roma.


Scheda tecnica

Inventario
314
Posizione
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tavola
Misure
cm 29,5 x 23
Provenienza

Roma, Collezione Borghese, citato nell’inv. 1790; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 28. Acquisto dello Stato, 1902.

Iscrizioni

In basso a sinistra su una roccia: ‘VENTURA SALIM/BENI’

Retro: ‘Sig.r Cardinale’; ‘46’

Mostre
  • 1992 Roma, Villa Medici
  • 1992 Torre dei Passeri, Pesaro, Castello Gizzi, Casa di Dante in Abruzzo
  • 1999 Torre dei Passeri, Pesaro, Castello Gizzi, Casa di Dante in Abruzzo
Conservazione e Diagnostica
  • 1903-1905 Luigi Bartolucci
  • 1936 Carlo Matteucci
  • 2022 Erredicci (diagnostica); Roberto Saccuman, ICR (disinfestazione della tavola e della cornice)

Scheda

La scritta sul retro della tavola riconduce ad una proprietà e ad un inventario finora non identificati. L’opera è segnalata per la prima volta nella collezione Borghese solo nel 1790 quale ‘Madonnina’ di Barocci. Come tale, attraverso il Fidecommisso, arriva fino alla schedatura di Piancastelli (1891, p. 330). Accostamento non peregrino, come correttamente messo in luce da Herrmann Fiore, in quanto determinato soprattutto dagli elementi propri della composizione.

Protagonista della scena è il gesto quotidiano ed esigente del Bambino che con le mani tese e le gote rosse cerca di prendere il latte dal seno materno. Nonostante il gruppo occupi la parte centrale della scena, una parte rilevante è garantita al paesaggio stesso che domina lo sfondo della composizione.

Il dipinto è considerato una traduzione di un’opera, grafica o pittorica di Raffaello, non più conservata. Fondamentale in tal senso è la menzione vasariana di un’opera dipinta per «alcuni gentiluomini sanesi», lasciata incompiuta poco prima del trasferimento a Roma nel 1508, poi ultimata nella parte del panneggio da Ridolfo Ghirlandaio (Vasari, ed. Milanesi, IV, p. 328). Secondo Venturi, seguito da Della Pergola, il dipinto di Salimbeni sarebbe derivante dal disegno ritenuto autografo di Raffaello conservato al Louvre (inv. 3859, Recto). Direttamente derivante dal dipinto dell’Urbinate lo vogliono invece Riedl, Ferino, Cordellier e Py (D. Cordellier e B. Py, 1992, pp. 116-119). A sostegno della proposta di Venturi sarebbe, secondo la Herrmann Fiore, la ripresa del gesto da parte della Vergine di sorreggere la testa del neonato durante l’allattamento, appena accennato nel disegno parigino, ma chiaramente espresso nell’opera in collezione Borghese. L’invenzione raffaellesca è stata ripresa anche da un dipinto già in collezione Fesh e attualmente in collezione D.G. van Beuningen a Rotterdam, in cui un ruolo diverso e di minor significato allegorico è riservato al paesaggio e al gesto della mano della Vergine, così come per il dipinto della collezione Vermeheren dell’Aja, già segnalato da Paola Della Pergola (1959, p. 52).

Oltre a queste sono da riferire allo stesso modello compositivo la versione del Museo Bonnat di Bayonne e il gruppo di disegni di Chantilly. Da Herrmann Fiore sono inoltre sottolineate le varianti presenti nella copia in oggetto, in cui sono addolciti i gesti e i chiaroscuri, oltre agli elementi del paesaggio e dell’intera composizione. Elementi, questi, propri della pittura tardo manierista e che hanno così favorito un avvicinamento dell’opera al nome di Barocci negli inventari tra XVIII e XIX secolo (Herrmann Fiore 1992, p. 250). Diversamente Venturi presentava il dipinto quale opera della ‘Scuola di Carracci’, pur riconoscendone «l’esatta riproduzione di un disegno del Louvre attribuito a Raffaello» (Venturi 1893, p. 158). Intuizione di Longhi fu invece quella di riconoscere nel 1928 come «il traduttore in pittura è stato, palesemente, Ventura Salimbeni» (Longhi 1928, p. 207, n. 314). Proposta confermata qualche anno più tardi (1936) dalla pulitura del dipinto ad opera di Carlo Matteucci, che rivelò la firma dell’artista senese nella parte inferiore della tavola. 

Fabrizio Carinci




Bibliografia
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 158 (Scuola di Carracci).
  • H. Voss, Kritische Bemerkungen zu Seicentisten in den römischen Galerien in “Repertorium für Kunstwissenschaft”, XXXIII, 1910, p. 218.
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie italiane, I, Regia Galleria Borghese, Roma, 1928, I, p. 207, n. 314 (Ventura Salimbeni).
  • A. De Rinaldis, La R. Galleria Borghese in Roma, Roma 1939, p. 21.
  • P. Della Pergola, Galleria Borghese. I Dipinti, Roma 1959, II, p. 52, n. 73 (Ventura Salimbeni).
  • K. K. Hermann Fiore, in Dante Alighieri in Vaticano (Casa di Dante in Abruzzo, Castello Gizzi, Torre de’ Passeri (PE) 26 settembre – 30 novembre 1992), Milano 1992, pp. 250-251.
  • D. Cordellier, B. Py, Raffaello e i suoi; disegni di Raffaello e della sua cerchia, Roma 1992, pp. 116-119, cat. N. 39.
  • K. Herrmann Fiore, Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, Roma 2006, p. 104.