Il bel volto giovanile è quello dell’imperatore Caligola, che è ritratto con una articolata capigliatura a ciocche sovrapposte distese sulla fronte, gli occhi grandi senza pupilla e con le sopracciglia contratte a suggerire l’attitudine crudele del soggetto, il naso piuttosto sporgente all’estremità e la bocca ben definita e dalle labbra carnose. Il busto riproduce un paludamento appuntato sulla spalla destra e risvoltato su quella sinistra. Sono evidenti sul volto i segni del reintegro di sopracciglia, naso, bocca e mento che fanno supporre una rilavorazione o un adattamento di parti di riuso.
Il busto appartiene a una serie di dodici Cesari provenienti dalla collezione di Giovanni Battista della Porta, acquistata da Paolo V nel 1609 ed esposta nella Villa Pinciana dal 1615, la cui esecuzione è attribuita dalla critica allo stesso scultore con una datazione all’ultimo quarto del Cinquecento.
La testa ritrae Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico, il terzo imperatore romano, passato alla storia con il soprannome di Caligola, che regnò dal 37 al 41, anno in cui fu ucciso. Il volto tipicamente giovanile è incorniciato da una capigliatura con più file sovrapposte di ciocche, che risultano appiattite e, pur essendo distribuite sulla fronte, non riproducono l’acconciatura tipica degli appartenenti alla dinastia Giulio-Claudia. Il volto si caratterizza per le sopracciglia contratte, il naso piuttosto grande e la bocca dalle labbra carnose e perfettamente definite. Queste ultime e la mancanza di zigomi pronunciati sono elementi che si discostano dall’iconografia tradizionale del personaggio. Il busto, in breccia medicea, raffigura un paludamentum fissato sulla spalla destra da una fibula e risvoltato sulla spalla sinistra in pieghe lineari e appiattite, che ricorrono con lo stesso disegno in più esemplari della serie.
Il ritratto fa parte, insieme ad altri undici esemplari, della serie denominata dei "Dodici Cesari", comprendente i personaggi narrati da Svetonio e appartenente alla collezione di sculture di Giovan Battista della Porta, che l'artista lasciò in eredità ai fratelli Tommaso e Giovan Paolo. Quest'ultimo, nell’ottobre del 1609, li vendette – insieme all’intera raccolta – a Paolo V che li acquistò per conto di Giovanni Battista Borghese. I busti vennero trasferiti prima nel Palazzo Borghese (Archivio Segreto Vaticano, Archivio Borghese, 7923, f. 121v-122r, in Faldi 1954, p. 51, doc II) e, dal 1615, posti nel salone d'ingresso della Villa Pinciana sopra sgabelloni di noce intagliati da Giovanni Battista Soria (Archivio Segreto Vaticano, Archivio Borghese, 4173, 12 agosto 1615, Conto di lavori di legname fatti da G.B. Soria per la villa di Porta Pinciana, in Faldi 1954, p. 51, doc. III).
Faldi scrive che alla serie erano uniti altri due busti, di Scipione Africano e Annibale Cartaginese, non compresi nella raccolta iniziale e dispersi dopo il riordino della collezione avvenuto nell’ultimo quarto del Settecento, quando i 12 busti furono spostati all’interno di nicchie nelle pareti dello stesso salone di ingresso (1954, p. 50).
Confusi dal Baglione (Le vite, 1642, p. 74) con la serie venduta nel 1562 da Tommaso della Porta il Vecchio al Cardinale Alessandro Farnese (conservata nella Galleria di Palazzo Farnese a Roma), sono stati ritenuti dal Faldi opera autografa di Giovanni Battista, non solo sulla scorta delle notizie documentali, ma anche per il confronto con opere certe dell'artista, la cui fredda e archeologizzante maniera risulta qui applicata a una generica imitazione di modelli antichi (Faldi 1954, p. 50).
Le teste presentano difformità stilistiche: per alcune di esse, che hanno gli occhi dotati di iride e di pupilla incisa ad archetto e la superficie del volto ben levigata e compatta, l’autografia appare coerente con il resto della produzione di Giovanni Battista Della Porta, mentre in un altro gruppo, composto da ritratti dagli occhi grandi e privi di iride e pupilla e differenti tra loro per la resa della capigliatura, l’intervento dello scultore lombardo potrebbe consistere più probabilmente in una rilavorazione e un adattamento di parti di riuso. A quest’ultimo caso sembra corrispondere pienamente il busto di Caligola, la cui testa è separata dal collo, e il naso e la bocca sono reintegrati, come anche le arcate sopracciliari, che furono sostituite con altre più contratte, con l’intento di renderne l’espressione più aderente alla personalità che dell’imperatore ci è stata tramandata dai biografi antichi. La ripetizione nel busto di un panneggio ricorrente in diversi esemplari della serie descrive, inoltre, una modalità esecutiva seriale all’interno della bottega Della Porta.
Sonja Felici