I tratti somatici riproducono la fisionomia dell’imperatore Vespasiano, con una maggiore attenzione nella parte superiore del volto, dove si ritrovano la testa calva, le caratteristiche rughe sulla fronte e le arcate sopracciliari, mentre nella parte inferiore la raffigurazione ripropone caratteristiche somatiche presenti pressoché uguali in tutta la serie.
Il busto fa parte della serie dei “Dodici Cesari” appartenuta allo scultore Giovan Battista della Porta, la cui collezione, acquistata dal pontefice Paolo V, fu esposta nella Villa Pinciana dal 1615, dapprima su sgabelloni di legno, poi dalla fine del Settecento nelle nicchie ricavate nelle pareti. Allo stesso Della Porta si attribuisce anche l’esecuzione della serie, nell’ultimo quarto del XVI secolo.
L’imperatore Vespasiano è ritratto in posizione frontale, con gli occhi piuttosto grandi e lo sguardo, sottolineato da iride e pupilla, diretto davanti a sé, a suggerire un’attitudine fiera. La testa, caratterizzata da calvizie incipiente, presenta due ciuffi di capelli all’altezza delle tempie e uno sulla sommità della fronte, con le ciocche ben definite e ombreggiate con fori di trapano. La fronte è solcata da ampie rughe orizzontali e le sopracciglia risultano evidenziate da un’ampia rientranza che le sovrasta superiormente, che sembra riprodurre la piega – quasi un raddoppio – presente nei prototipi antichi.
Il resto del volto, riprodotto con forme pressoché uguali agli altri esemplari della serie, non aggiunge tratti identificativi al ritratto, che nei prototipi antichi aveva piuttosto la mascella larga, gli occhi piccoli e le guance solcate da numerose rughe (E. Rosso 2009, pp. 403 cat. 1, 495 cat. 97). Il busto, in breccia dorata, riproduce un paludamento steso a coprire la spalla sinistra e fissato sulla destra con una fibula circolare umbonata, da cui si intravedono la tunica e la corazza sottostanti.
Il ritratto fa parte, insieme ad altri undici esemplari, della serie denominata dei "Dodici Cesari", comprendente i personaggi narrati da Svetonio e appartenente alla collezione di sculture di Giovan Battista della Porta, che l’artista lasciò in eredità ai fratelli Tommaso e Giovan Paolo. Quest'ultimo, nell’ottobre del 1609, li vendette – insieme all’intera raccolta – a Paolo V che li acquistò per conto di Giovanni Battista Borghese. I busti vennero trasferiti prima nel Palazzo Borghese (Archivio Segreto Vaticano, Archivio Borghese, 7923, f. 121v-122r, in Faldi 1954, p. 51, doc II) e, dal 1615, posti nel salone d'ingresso della Villa Pinciana sopra sgabelloni di noce intagliati da Giovanni Battista Soria (Archivio Segreto Vaticano, Archivio Borghese, 4173, 12 agosto 1615, Conto di lavori di legname fatti da G.B. Soria per la villa di Porta Pinciana, in Faldi 1954, p. 51, doc. III).
Faldi scrive che alla serie erano uniti altri due busti, di Scipione Africano e Annibale Cartaginese, non compresi nella raccolta iniziale e dispersi dopo il riordino della collezione avvenuto nell’ultimo quarto del Settecento, quando i 12 busti furono spostati all’interno di nicchie nelle pareti dello stesso salone di ingresso (1954, p. 50).
Confusi dal Baglione (Le vite, 1642, p. 74) con la serie venduta nel 1562 da Tommaso della Porta il Vecchio al Cardinale Alessandro Farnese (conservata nella Galleria di Palazzo Farnese a Roma), sono stati ritenuti dal Faldi opera autografa di Giovanni Battista, non solo sulla scorta delle notizie documentali, ma anche per il confronto con opere certe dell'artista, la cui fredda e archeologizzante maniera risulta qui applicata a una generica imitazione di modelli antichi (Faldi 1954, p. 50).
La serie delle teste presenta al suo interno difformità stilistiche: per alcune di esse, che hanno gli occhi dotati di iride e di pupilla incisa ad archetto e la superficie del volto ben levigata e compatta – come il presente ritratto di Vespasiano –, l’autografia appare coerente con il resto della produzione di Giovanni Battista Della Porta, mentre in un altro gruppo, composto da ritratti dagli occhi grandi e privi di iride e pupilla e differenti tra loro per la resa della capigliatura, l’intervento dello scultore lombardo potrebbe consistere più probabilmente in una rilavorazione e un adattamento di parti di riuso.
Sonja Felici