Il busto ritrae la dea Minerva con indosso un elmo raffigurante un volto con gli occhi chiusi e una coppia di piccole ali che spuntano da una folta capigliatura, che scende in lunghe ciocche su entrambe le spalle. Il volto della dea ha gli occhi privi di iride e lo sguardo rivolto davanti a sé, i lineamenti sono regolari anche se un po’ pesanti, come anche il collo e le spalle. Tiene l’egida, il tradizionale attributo di difesa della dea, decorata da un serpente, appoggiata sulla spalla sinistra, mentre sulla destra una fibula a protome leonina le sostiene il peplo.
Resta ignoto il nome dell’autore di questo originale busto che figura tra le opere della collezione Borghese già dalla descrizione della Villa pubblicata dal Manilli nel 1650. Presumibilmente di ambito romano e dotatodi una buona conoscenza antiquaria, l’anonimo scultore ha dato vita a un’immagine assorta e sentimentale della dea, cui il volto sull’elmo attribuisce un particolare interesse.
La dea Minerva è ritratta col capo leggermente inclinato a sinistra, gli occhi privi di iride hanno le palpebre ben delineate, mentre le arcate sopracciliari, arrotondate, sono appena accennate. Lo sguardo risulta fisso davanti a sé, il naso è dritto e la bocca socchiusa a lasciare intravedere i denti. Sulla testa tiene un elmo che riproduce un volto alato con gli occhi chiusi, dal quale fuoriescono alcuni riccioli sulle tempie e lunghe ciocche di capelli che scendono sulle spalle. Queste ultime, come il collo, sono piuttosto robuste; indossa un leggero peplo, dalle pieghe schiacciate, sostenuto sulla spalla destra da una fibula a testa di leone. Sulla spalla sinistra è appoggiata l’egida, a grosse scaglie e con le cerniere ben in evidenza e un serpente arrotolato all’altezza della clavicola, che risulta privo della testa.
Inconsueto il motivo dell’elmo con effigie umana, simile nella forma ad una maschera;questacita nella fisionomia e per la presenza delle piccole ali la celebre Medusa Rondinini, ritenuta una copia romana di prima età imperiale del Gorgoneion che avrebbe decorato lo scudo dell’Atena Parthènos di Fidia (Buschor 1958), che nel 1580 era conservata nel Palazzo Soderini e dal 1662 nel Palazzo Rondinini (oggi è a Monaco, Glyptothek).
Da notare che nella parte posteriore del capo i capelli dell’elmo proseguono in quelli della dea, come se si trattasse di un’unica capigliatura, ad accentuare l’ambiguità della scultura che sembra suggerire una doppia identità del soggetto raffigurato.
Dall’analisi stilistica si può ipotizzare una data di esecuzione del busto non di molto precedente il 1650, anno cui risale la prima citazione dell'opera nella descrizione di Manilli(p. 74). L’autore, che mostra una certaapprossimazione nel volto e nella resa anatomica del collo, fonde la cultura antiquaria con una volumetria e una decoratività ancorabarocche, dando vita a un’opera difficile da ricondurre ad un ambito esecutivo certo.
L’opera è segnalata da Venturi come “Busto di Minerva, con elmo formato col capo di Medusa” (1893, p. 48); Faldi ne evidenzia un’ispirazione scopadea nel turgore dei volumi plastici e nell’espressione patetica del volto (1954, p. 15), senza però indicare un possibile autore. Stessa cosa può dirsi per la critica precedente, che pur segnalando la presenza dell’opera nella palazzina non avanza proposte relativamente all’artefice.
Esposto inizialmente nella galleria al pianterreno (Manilli, Montelatici, il busto risulta nel 1838 insala VIII (Nibby), nel 1893 in sala VIII (Venturi) e in seguito nella sala V.
Sonja Felici