Un giovanetto nudo si è seduto per estrarre una spina dal piede sinistro, che tiene poggiato sulla gamba destra e con la pianta rivolta verso l’alto con l’aiuto della mano sinistra. Il corpo, asciutto e arrotondato, con la muscolatura non ancora definita, ne individua la giovanissima età. Curvato in avanti, tiene lo sguardo fisso sul piede, assolutamente concentrato nell’azione che sta svolgendo. Il personaggio rappresentato è il leggendario pastore Marzio Fedele, corriere dell’esercito romano, e l’opera è una copia marmorea, di dimensioni leggermente maggiori, del celebre Spinario bronzeo conservato ai Musei Capitolini, acquistata da Giovanni Battista Borghese nel 1608. Non è noto il nome dell’autore della scultura, che potrebbe essere stata eseguita verso la fine del XVI secolo.
La scultura rappresenta una figura leggendaria: Marzio Fedele, un fanciullo che nel IV secolo a.C., durante la guerra contro Veio, fu incaricato di correre a Roma per avvisare di un imminente attacco etrusco e portò a termine l’impresa, scalzo, ignorando il fatto di avere una spina conficcata nel piede. Il ragazzo, nudo e seduto su un masso, è infatti raffigurato nell'atto di estrarre una spina dal piede sinistro, poggiato sul ginocchio destro. Considerato un esempio di eroismo, il personaggio è stato raffigurato in diverse opere antiche, la più celebre delle quali è il bronzo conservato ai Musei Capitolini: una scultura eclettica, realizzata probabilmente nel I secolo a.C. fondendo un corpo derivato da modelli ellenistici del III-II secolo a.C. con una testa derivata da opere greche del V secolo a.C.
La presente scultura ne è una copia, come testimoniato dalla presenza della stessa capigliatura, dall’andamento più coerente con una figura in posizione eretta. Differenti, invece, rispetto al prototipo, sono le dimensioni, che risultano maggiori, la nudità del ragazzo, non più integrale ma coperta da una foglia, e il basamento su sui è seduto, che sostituisce con la pietra ruvida “non finita” la lavorazione a forma di masso dello Spinario capitolino (Fiore 2008, p. 10, cat. 35). Nell'inventario del 1765 la scultura risultava collocata su un sostegno ligneo che fingeva il marmo, che oggi risulta disperso.
Acquistata per il cardinale Scipione da Giovanni Battista Borghese dagli eredi di Girolamo Pichi nel 1608fu pagata la considerevole cifra di 300 scudi (Archivio Segreto Vaticano, Archivio Borghese, 7925, Registro dei Mandati, 1607-1607; 12 Riscontro del Banco, 1607-1613, p. 57), dovuta forse alla erronea convinzione che si trattasse di un’opera antica (Gaborit 2000, p. 153, cat. 5). L'acquisto offre un sicuro termine per l’esecuzione della statua, nella quale comunque si riscontrano l'esilità della figura – tipicamente quattrocentesca – e la capigliatura a ciocche sommariamente definite – di impronta tardo cinquecentesca (Faldi 1954, p. 12; Barchiesi 2004, p. 158).
Documentata, a partire da Manilli, nella sala delle Grazie al primo piano (1650, p. 108), Lamberti e Visconti la descrivono poi nella sala del Gladiatore (1796, pp. 56-57), dove era esposta come pendant della Mora con bambino e cagnolino. Venturi la vede nella sala dell’Ermafrodito (1895, p. 37); mentre nel 2000 si trovava nell’ambiente di passaggio tra le sale XV e XVI (Moreno, Stefani, p. 335). Alla scultura è stato dedicato un epigramma in latino da Giovanni Michele Silos nel 1673 (p. 249, n. CLXVIII).
Sonja Felici