L’erma si può ascrivere al tipo dell’Hermes Propylaios dello scultore attico Alkamenes, collaboratore di Fidia e attivo nella seconda metà del V secolo a.C. Una diversa interpretazione legherebbe invece l’opera al Dioniso Lenaios di Agoracrito, dedicato nel 430 a.C. e pertinente alla medesima cerchia fidiaca.
La scultura raffigura una divinità barbuta con capigliatura aderente trattenuta da un cercine, volto piuttosto allungato e barba squadrata. La fronte è inquadrata da morbidi riccioli ondulati mentre i capelli scendono in due lunghe ciocche sul dorso e sul petto.L’opera può essere considerata una rielaborazione inquadrabile nel I secolo d.C.
Il busto raffigura una divinità maschile barbata con capigliatura chiusa da un aderente cercine sul capo dal quale fuoriescono riccioli a spirale stilizzati divisi centralmente, che incorniciano la fronte. Il volto presenta una forma piuttosto allungata con zigomi alti e sporgenti, occhi dal taglio ben delineato e sopracciglia arcuate. La bocca chiusa, con labbro inferiore carnoso, è contornata da folti baffi spioventi che si ricongiungono alla barba di forma squadrata, composta da linee di riccioli. I capelli scendono sulla schiena e sul petto in due lunghe ciocche ondulate.
La scultura, di tipo arcaizzante, inquadrabile nel I secolo d.C., può essere ricondotto all’Hermes Propylaios dello scultore attico Alkamenes, allievo di Fidia, attivo nella seconda metà del V secolo a.C. Tale tipologia è attestata principalmente da due esemplari, l’Efeso-Leningrado e il Pergamo. Del primo, al quale la copia Borghese sembra accostarsi maggiormente, restano numerose varianti: una, che appare più fedele, conservata presso il Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano a Roma (Paribeni 1953, p.40, n.60), un’altra nello stesso museo nella sede di Palazzo Altemps (De Angelis D’Ossat 2011, p.56), due ad Ostia (Von Steuben in Helbig 1972, pp.11-12, n.3002) ed infine una all’Agorà di Atene (Harrison 1965, p.130, n.168). Al secondo è ascrivibile un’erma iscritta, proveniente da Pergamo, conservata presso il Museo di Istanbul (Capuis 1968, pp.35-38).
Diversi studiosi, tra cui Jiří Frelnel (1967), individuano, tuttavia, la presenza di caratteri ionici nell’esemplare Efeso-Leningrado che lo legherebbero a un altro originale, il Dioniso Lenaios, dedicato nel 430 a.C., dello scultore di Paro Agoracrito, allievo di Fidia (Frel 1967, pp.28-34). Tale ipotesi potrebbe dare ragione del superamento della rigidità arcaica, che si ritrova nella copia Borghese, riscontrabile soprattutto nelle morbide ondulazioni dei riccioli sulla fronte.
Giulia Ciccarello