L’erma Borghese, di ignota provenienza, appartiene a una tipologia scultorea attestata in Grecia già in età arcaica dove raffigurava dapprima il dio Hermes (da cui il nome), collocata lungo le strade e ai crocicchi, ma destinata, già a partire dall’età ellenistica, a decorare peristili e giardini privati; è caratterizzata da una pettinatura arcaizzante, con tre file di riccioli sulla fronte che incorniciano un giovane volto maschile, glabro ed efebico, due morbide ciocche a spirale ricadenti sul petto, labbra carnose e grandi occhi. Il soggetto raffigurato potrebbe essere un giovane Dioniso-Bacco, Apollo o Hermes con caratteri arcaicizzanti in sintonia con la produzione neoattica genericamente attribuibile al corso del I sec. d.C.
Collezione Borghese, citata per la prima volta nell’Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C, p. 47, n. 82. Acquisto dello Stato, 1902.
Di ignota provenienza e assente nella Guida di Villa Borghese redatta da Antonio Nibby nel 1832, l’opera è menzionata per la prima volta nell’inventario fidecommissario Borghese insieme ad altri tre “Termini di diverso carattere” esposti nella sala II del Casino.
L’erma Borghese appartiene a una tipologia scultorea attestata in Grecia già in età arcaica dove raffigurava, in origine esclusivamente, il dio Hermes (da cui il nome) ed era collocata lungo le strade e ai crocicchi. Oltre al dio, protettore dei viandanti, fra i soggetti ricorrenti vi erano Dioniso e una serie di personaggi mitologici e dionisiaci, come Ercole e Menadi, collocabili fra il mondo divino e quello umano.
Nell’esemplare in esame, la pettinatura è caratterizzata da tre file di riccioli sulla fronte, compatti e di misure diverse, progressivamente più ampi allontanandosi dalla fronte, che incorniciano un giovane volto maschile, glabro ed efebico, caratterizzato da labbra carnose e grandi occhi. Due morbide ciocche a spirale cadono sul petto, mentre un sottile cercine separa la parte posteriore con i capelli compatti e ricadenti sulle spalle. L’acconciatura associata ai tratti classicheggianti del volto, riporta a prototipi vicini ai modelli bronzei di Alkamenes, come l’Hermes Propylaios (seconda metà V sec. a.C.), caratterizzato tuttavia dalla fluente barba con ciocche distinte da sottili incisioni. In particolare, essa ricorre frequentemente in erme doppie che contrappongono una versione arcaizzante e matura di divinità a una giovanile e imberbe, spesso interpretate quali Dioniso (Spinola 1996, p. 386 n. 27) o Hermes (cfr. Tomasello 1968).
Nel nostro caso, mancando attributi specifici come pampini e foglie di vite, l’erma potrebbe raffigurare un giovane Dioniso-Bacco, Apollo o un giovane Hermes con caratteri arcaicizzanti in sintonia con la produzione neoattica genericamente attribuibile al corso del I sec. d.C. Sparita già in età ellenistica l’originale funzione terminale delle erme, lo scopo di tali sculture divenne in età romana essenzialmente decorativo, all’interno di peristili e giardini, con una progressiva attenuazione anche del significato religioso di protezione divina.
Jessica Clementi