Questa tela, proveniente dall'eredità di Olimpia Aldobrandini, fu realizzata nella nota bottega di Jacopo Da Ponte detto il Bassano, un artista vicentino che con l'aiuto dei figli Francesco, Leandro e Gerolamo, produsse una serie di opere, alcune delle quali raffiguranti temi biblici di intonazione campestre destinate al mercato e al collezionismo privato. In questo dipinto è illustrato il preciso momento in cui Noè, dopo essere uscito dall'arca, rende grazie a Dio immolando sopra un altare "tutti gli animali e gli uccelli mondi" (Gen 8, 20). Come si può però notare, questa scena si svolge sullo sfondo al di là di due capanne in costruzione, mentre in primo piano trovano posto gli animali e parte della famiglia dell'anziano patriarca salvati dal diluvio universale. Il paesaggio, qui caratterizzato da un orizzonte alquanto alto, raccorda e fonde l'intera composizione.
Cornice Salvator Rosa
Roma, collezione Ippolito Aldobrandini, 1611 (Della Pergola 1955); Roma, collezione Olimpia Aldobrandini, 1682 (Della Pergola 1955; Ead. 1963); Roma, collezione Borghese, 1790 (Inventario 1790, Stanza I, n. 19); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 16. Acquisto dello Stato, 1902.
In deposito presso la Presidenza del Consiglio, Palazzo Chigi, Roma.
Questo dipinto proviene dall'eredità di Olimpia Aldobrandini, a lei donato nel 1611 dal cardinale Ippolito Aldobrandini (Della Pergola 1955). Nell'inventario del 1682 della ricca nobildonna è infatti così descritto: "Un quadro dell'Arca di Noè del Bassano con cornice nera alto p[al]mi quattro come a d[ett]o inventario a Carte 229 n. 345 et a quello del Sig. Cardinale Carta 132" (Inv. Aldobrandini 1682; cfr. Della Pergola 1955; Ead. 1963).
Riferito genericamente al Bassano, tale nome fu precisato nel 1893 come 'Scuola di Jacopo' (A. Venturi 1893), attribuzione rivista poco dopo da Roberto Longhi (1928) in favore di Francesco, uno dei tanti figli di Jacopo attivo assieme ai fratelli Leandro e Gerolamo nella fiorente bottega paterna.
Nel 1931 Edoardo Arslan riportò la tela alla scuola di Jacopo, accostandola timidamente ai modi di Leandro, pista messa in dubbio da Paola della Pergola che, per la vibrazione luministica del colore e per l'accentuata drammaticità delle figure, preferì parlare di 'Seguace di Jacopo' (Della Pergola 1955). Tale parere, avanzato dalla studiosa con molte riserve per non aver potuto osservare l'opera da vicino (allora in deposito all'Ambasciata italiana presso la Santa Sede), non convinse però l'Arlsan che, ripresa in mano la questione, confermò quanto da lui espresso diversi decenni prima, ossia che per lo schema poco comune della composizione riteneva il dipinto un'opera di 'scuola di Jacopo vicina a Leandro' (Arslan 1960).
Allontanandosi da tali giudizi, nel 1995 Alessandro Ballarin ha assegnato il dipinto alla sola mano di Francesco, datandolo intorno al 1574, pista non accolta da Kristina Herrmann Fiore che nel 2006, nel catalogo per immagini della Galleria Borghese, ha pubblicato la tela come opera di Gerolamo Bassano.
Purtroppo, data l'impossibilità di studiare da vicino il quadro e al contempo l'esistenza di più redazioni, tra le quali si segnalano Il sacrificio di Noè di Potsdam (Sansoucci, Schlösser und Garten, Bildergalerie, inv. GKI 5265, cfr. Ballarin 1988) e Il sacrificio di Noè di Kromeriz (Archibiskupsky Zamek a Zahroy, inv. 49; cfr. Ballarin 1988) dalle quali la versione in esame prende di peso molte figure e motivi raffigurati, si ritiene qui opportuno pubblicare l'opera come Bottega di Jacopo che, con buona probabilità, dovette servirsi di una redazione precedente, forse il Ringraziamento di Noè di Liverpool (Walker Art Gallery, cfr. Ballarin 1988, p. 2; Rearick 1992 p. CLIX), come spunto per produrre più composizioni in serie. Se si resta ancora nel campo delle supposizioni si può in aggiunta immaginare, come per altre opere bassanesche, un primo abbozzo della composizione da parte di Jacopo o più verosimilmente di Francesco, e l'aggiunta del serraglio da parte di un collaboratore di minor vaglia, ipotesi che da una parte proverebbe l'assenza della firma, quasi sempre presente nelle altre redazioni, dall'altra le proporzioni non sempre ben riuscite che da sempre hanno indotto gli studiosi a parlare di un lavoro a più mani. È inoltre ben possibile, come suggerito da Alessandro Ballarin (Id. 1995), che il quadro Borghese facesse parte di un ciclo di storie sul Diluvio, serie ideata da Jacopo nel 1574 (Id. 1988) ed eseguita in collaborazione con Francesco, al quale però lo studioso assegna unicamente la tela in esame.
Tra le versioni più vicine alla tela Borghese si segnala quella conservata presso il Museo del Prado di Madrid (Noè dopo il diluvio, inv. 1857, n. 610), in passato già attribuita a Leandro ma attualmente esposta come Bottega di Jacopo.
Antonio Iommelli