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Ritratto di Filippo il Bello d'Asburgo, re di Castiglia

Sittow Michael

Reval, 1468/69 -1525

Questo dipinto raffigurante Filippo I d'Asburgo proviene dall'eredità di Olimpia Aldobrandini, passato in collezione Borghese entro il 1650. Tradizionalmente attribuito a Bernard van Orley, è stato recentemente assegnato a Michael Sittow, pittore estone attivo principalmente presso la corte degli Asburgo, considerato alla sua epoca uno dei più importanti artisti della scuola fiamminga. L'opera rappresenta il sovrano asburgico, ritratto in abiti da cavaliere, mentre regge l'elsa di una spada e sfoggia sul petto il Toson d'oro, il tipico collare dell'ordine cavalleresco creato nel 1431 dal duca Filippo di Borgogna, caratterizzato da un pendente centrale con la pelle di un ariete ("il tosone", dal francese toison «vello tosato»). L'effigiato, inoltre, stringe tra le dita un fiore di garofano viola - forse un'allusione al matrimonio con Giovanna detta la Pazza - e indossa un raffinato cappello, abbellito da una grossa spilla rotonda, decorata con il motto "MEMENTO MEI O MATER DEI" e con l'immagine di una Madonna con il Bambino.


Scheda tecnica

Inventario
281
Posizione
Datazione
1505-06
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tavola di pioppo
Misure
cm 41 x 22
Cornice

Cornice Salvator Rosa cm 52 x 32,5 x 5,4

Provenienza

Roma, collezione Olimpia Aldobrandini senior, 1626 (Della Pergola 1959); Roma, collezione Borghese, 1650 (Manilli 1650); Inventario Olimpia Aldobrandini 1682 (Della Pergola 1959); Inventario 1693, Stanza V, n. 72 (Della Pergola 1959; Ead. 1964 corregge con Stanza V, n. 305); Inventario 1765, p. 38; Inventario 1790, Stanza VI, n. 13; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 23. Acquisto dello Stato, 1902.

Iscrizioni

Sul medaglione appuntato sul berretto: "O.MATER.DEI.ME.MENTO.MEI"

Mostre
  • 1999-2000 Genova, Palazzo Ducale;
  • 2000 La Coruna, Palacio Municipal de Exposiciones Kiosco Alfonso;
  • 2009-10 Torino, Reggia di Venaria Reale;
  • 2014 Roma, Museo dell'Ara Pacis.
Conservazione e Diagnostica
  • 1903 Luigi Bartolucci (disinfestazione dai tarli);
  • 1947 Carlo Matteucci (eliminazione degli ossidi di vernice, revisione di zone alterate di colore);
  • 1963-64 Alvaro Esposti (disinfestazione dai tarli, leggera pulitura e verniciatura);
  • 1999 Laura Ferretti (consolidamento pellicola pittorica, pulitura, verniciatura, stuccatura delle lacune, reintegrazione pittorica e verniciatura finale).

Scheda

Un dipinto raffigurante un ritratto d'uomo con il Toson d'oro è elencato in due inventari di casa Aldobrandini, il primo stilato nel 1626 ("Un ritratto d'un homo che porta il tosone in quadro piccolo di mano di Alberto Duro del n. 189"; cfr. Della Pergola 1959) e il secondo nel 1682 ("un quadro di un ritratto di un huomo che ha il Tosone di mano di Alberto Duri, alto palmi tre"). È chiaro, dunque, che attraverso l'eredità di Olimpia Aldobrandini senior, passata nelle mani di Olimpia Aldobrandini junior, quest'ultima moglie di Paolo Borghese, l'opera giunse nella raccolta pinciana, dove nel 1650 fu descritta da Iacomo Manilli. Questi, 'guardarobiere di detta villa' (Manilli 1650), identificò il personaggio ritratto con 'Filippo Terzo Re di Spagna', identità ben presto ignorata dagli estensori dei successivi inventari di casa Borghese - dove il sovrano viene descritto come 'Giovane' (Inv. 1693) o più genericamente come 'Principe' (Inv. 1765) - interpretata fino a pochi anni fa come Carlo V di Spagna (Morelli 1892; A. Venturi 1893; Longhi 1928; De Rinaldis 1928; Id. 1939; Von Baldass 1944; Della Pergola 1959; Besta 1999; Herrmann Fiore 2006) e solo di recente debitamente riconosciuta con quella di Filippo il Bello (Lafenestre 1905; Van Puyvelde 1950; Herrmann Fiore 2011).

Ipotesi controverse hanno animato anche il dibattito sul suo autore. Variamente attribuito in antico ad Albrecht Dürer (Inv. 1626; Inv. 1682) e a Luca di Leida (Inv. 1693; Inv. 1765; Inv. Fid. 1833; Piancastelli 1891), tali nomi furono scartati senz'alcun dubbio da Adolfo Venturi che nel 1893 parlò per la prima volta di Bernhard Strigel, parere respinto da Roberto Longhi (1928) ma ripreso nel 1928 da Aldo de Rinaldis, che nella stessa sede riferì a Bernard van Orley un Ritratto d'uomo della Pinacoteca di Napoli molto vicino all'esemplare Borghese; e nel 2000 da Letizia Arbeteta Mira (in El arte de la plata 2000). Sempre al Van Orley pensano inoltre Ludwig von Baldass, parlando però di un anonimo artista di bottega (Von Baldass 1944) e Paola della Pergola (1959) che, riprendendo l'idea del suo collega di un prototipo perduto da cui deriverebbero diverse redazioni (Von Baldass 1944), elencò una serie di esemplari molto vicini alla tavola Borghese, tra i quali un dipinto in collezione privata viennese.

Nel 2011, rivedendo una sua prima attribuzione in favore del Van Orley (Herrmann Fiore 2006), Kristina Herrmann Fiore si è espressa in favore di Michael Sittow, un pittore estone attivo alla corte di Isabella di Castiglia, Filippo il Bello e di Margherita d'Austria, noto alla sua epoca per essere uno dei più importanti rappresentanti della scuola pittorica fiamminga. In realtà, un primo timido passo verso quest'artista fu fatto nel 1976 da Jazeps Trizna (1976), che però riferì l'opera a un suo seguace, parere ripreso nel 1992 da Gillon (in Reyes y Mecenas 1992) e riletto ed ampliato nel 2001 dalla Herrmann Fiore. In occasione della mostra torinese sui Cavalieri, infatti, la studiosa ha proposto di riconoscere la versione Borghese come un autografo del pittore estone, avanzando però l'ipotesi che il ritratto possa derivare da un originale più antico, dal quale discenderebbe l'analogo quadro della cattedrale di Saint Sauveur di Bruges, di poco più grande della tavola romana, sulla cui targa si legge un omaggio a 'Filippo il Bello, nato in quella città' (Devliegher 1979), un'ulteriore conferma per l'identificazione del personaggio.

Per quanto concerne invece la datazione, ancora Kristina Herrmann Fiore (Ead. 2011), immaginando l'esecuzione del prototipo perduto intorno al 1496, anno dello sposalizio di Filippo il Bello con Giovanna la Pazza - evento a cui alluderebbe il garofanino viola rivolto verso il basso - ha scalato cronologicamente il quadretto Borghese intorno al 1505-06. In questo periodo, infatti, il pittore, al servizio del sovrano asburgico, avrebbe realizzato questa seconda versione senza però aggiornare l'età del principe, una consuetudine tipica della ritrattistica regale che tende a tramandare la memoria visiva dell'effigiato, rappresentandolo dunque sempre giovane anche nelle repliche più tarde (Ead. 2011).

Se si rimane nel campo delle ipotesi, si può inoltre immaginare che il fiore dipinto tra le mani di Filippo rimandi al mistero dell'incarnazione della Vergine Maria - a cui in effetti rinvierebbe il significato del suo nome in latino (carnis, ovvero 'carne') - piuttosto che ad un matrimonio come invece ha ipotizzato la studiosa (Herrmann Fiore 2011) segnalando alcuni 'dipinti di fidanzamento', come il Ritratto di giovane uomo di Hans Memling (New York, Pierpont Morgan Library) o quello di Massimiliano I di Joss van Cleve (Vienna, Kunsthistorisches Museum). Ciò spiegherebbe non solo la presenza della Vergine col Bambino nella medaglia appuntata sul cappello dell'effigiato, invocata nel quadro come sua protettrice ("MEMENTO MEI O MATER DEI"), ma anche il colore violaceo del garofanino che sembra alludere al mistero della morte e passione di Gesù Cristo. Stando infatti a un'antica tradizione, il fiore sarebbe nato da una lacrima versata da Maria durante il Calvario e per questo motivo introdotto da molti pittori nei loro dipinti, a simboleggiare la sofferenza della Madre dell'Uomo e indirettamente la sua fede incrollabile per Dio.

Antonio Iommelli




Bibliografia
  • I. Manilli, Villa Borghese fuori di Porta Pinciana, Roma 1650, p. 77;
  • X. Barbier de Montault, Les Musées et Galeries de Rome, Rome 1870, p. 363;
  • G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese, in Archivio Galleria Borghese, 1891, p. 578;
  • G. Morelli, Italian Painters. The Borghese and Doria Pamphili Galleries, London 1892, p. 246;
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 146;
  • G. Lafenestre, E. Richtenberger, La peinture en Europe. Rome. Les Musées, les Collections particulières, les Palais, Paris 1905, p. 56;
  • J. A. Rusconi, La Villa, il Museo e la Galleria Borghese, Bergamo 1906, p. 88;
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 202;
  • A. De Rinaldis, Catalogo della Pinacoteca del Museo Nazionale di Napoli, 1928, pp. 210-211;
  • A. De Rinaldis, La Galleria Borghese in Roma, Roma 1939, p. 40;
  • L. von Baldass, Die Entwicklung des Bernart van Orley, in “Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen in Wien”, XIII, 1944, p. 155;
  • L. van Puyvelde, La Peinture Flamande à Rome, Bruxelles 1950, p. 117;
  • P. della Pergola, Itinerario della Galleria Borghese, Roma 1951, p. 30;
  • P. della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, II, Roma 1959, p. 178 n. 263;
  • P. Della Pergola, Gli Inventari Aldobrandini: l’Inventario del 1682 (II), in “Arte Antica e Moderna”, XXI, 1963, p. 84; P. della Pergola, L’Inventario Borghese del 1693 (II), in “Arte Antica e Moderna”, XXVIII, 1964, p. 465;
  • V. C. Terlinder, Charles Quint, Empereur de deux mondes, Paris 1965, fig. 26;
  • Y. Hackenbroch, Some portraits of Charles V, in “Bullettin du Metropolitan Museumof Art”, XXVII, pp. 323-332, pp. 324-325;
  • E. K. Sass, Autour de quelques portraits de Charles Quint, in “Oud Holland”, XC, 1976, pp. 1-14;
  • J. Trizna, Michel Suttow Peintre Revalais de l’Ecole Bugoise (1468-1525/26), Les Primitifs Flamands III, Bruxelles 1976, p. 45;
  • Y. Hackenbroch, Renaissance Jewellery, München 1979, p. 231;
  • R. Gillon, in Reyes y Mecenas. Los Reyes catòlicos Maximilian I y los inicios de la casa de Austriaen España, catalogo della mostra, a cura di F. Checa Cremades, Toledo 1992, p. 510 n. 263;
  • L. Madersbacher, in Hispania - Austria. Die katholischen Könige Maximilian I und die Anfänge der Casa de Austria in Spanien, catalogo della mostra (Wien, Schloss Ambras, 1992), a cura di A. Rosenauer e Alfred Kohler, Innsbruck 1992, p. 395;
  • R. Besta, in siglo de los Genoveses: e una lunga storia di arte e splendori nel Palazzo dei Dogi, catalogo della mostra (Genova, Palazzo Ducale, 1999 2000), a cura di P. Boccardo, Milano 1999, cat. I.16;
  • L. Arbeteta Mira, in El arte de la plata y de las joyas en la Espana de Carlos V, catalogo della mostra (La Coruna, Palacio Municipal de Esposiciones, 2000), a cura di F.A. Martín García, J. Saenz de Miera, Madrid 2000, p. 256, n. 116;
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 94 n. 281;
  • K. Herrmann Fiore, in Cavalieri. Dai templari a Napoleone. Storie di crociati, soldati, cortigiani, catalogo della mostra (Torino, Reggia di Venaria Reale, 2009-10), a cura di A. Barbero, A. Merlotti, Verona 2009, pp. 298-300;
  • O. Rossini, in L'arte del comando. L'eredità di Augusto, catalogo della mostra (Roma, Museo dell'Ara Pacis, 2014), a cura di C. Parisi Presicce, Cinisello Balsamo 2014, p. 70.