Il dipinto, documentato in casa Borghese dal 1693, fu eseguito da Lavinia Fontana nel 1591. Si tratta di una variante in formato ridotto del noto dipinto con la Sacra famiglia dell’Escorial, rispetto al quale la pittrice inserisce le figure di sant'Elisabetta e dei due angeli che sostengono il tendaggio del baldacchino.
Il messaggio qui sotteso, ossia che la Verità si trova solo rimanendo in silenzio, viene svelato dal gesto del piccolo Giovanni che invita l'osservatore ad avvicinarsi e a vegliare in silenzio il sonno di Gesù, coinvolgendolo implicitamente in un ambiente intimo e privato che ben traduce il clima controriformato dell'epoca.
Roma, collezione Borghese, 1693 (Inventario 1693, Stanza XI, 85; Della Pergola 1955); Inventario 1790, Stanza VI, n. 24; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 9. Acquisto dello Stato, 1902.
Il dipinto è documentato in collezione Borghese a partire dal 1693, segnalato nell'inventario di quell'anno come "un quadro in tavola (sic) di due palmi La Madonna con S. Giuseppe San Giovanni e S. Anna con il Bambino che dorme sopra un letto del n. 198 segnato dietro con cornice d'argento con l'arme del Sig. Cardinale Borghese intagliata di lavinia fontana". L'attribuzione alla pittrice bolognese è debitamente riferita in tutti gli inventari della collezione, confermata nel 1955 da Paola della Pergola che pubblica l'opera come replica autografa del quadro dell'Escorial, quest'ultimo realizzato a Bologna nel 1589 per Filippo II di Spagna. Come ha suggerito Vera Fortunati (1998), per tale prestigiosa commissione - da cui deriva l'esemplare Borghese - Lavinia adottò un articolato schema iconografico, prendendo a modello la Madonna di Loreto di Raffaello Sanzio (copia - Chantilly, Musée de Conde), la Madonna del velo di Sebastiano del Piombo (Napoli, Museo di Capodimonte; Praga, Narodni Galerie) e la Madonna del silenzio di Michelangelo Buonarroti (Londra, coll. privata), opera - quest'ultima - destinata a Vittoria Colonna e ripresa dalla bolognese in un dipinto conservato a Liverpool (Walker Art Galleri; cfr. Cantaro 1993). Il soggetto scelto dalla pittrice era stato tra l'altro già affrontato anche da Orazio Samacchini (Firenze, Galleria degli Uffizi; Germania, coll. privata), artista bolognese in contatto con Prospero Fontana, padre di Lavinia, che a sua volta ben conosceva i modelli di Michelangelo e di Sebastiano del Piombo attraverso le incisioni di Giulio Bonasone e Giovanni Battista de' Cavalieri (Fortunati 1998).
Le circostanze che portarono alla commissione di questo rame restano tuttora ignote. Secondo Caroline Murphy (2003), l'opera fu con buona probabilità eseguita per Camillo Borghese, futuro papa Paolo V, che nel 1591 si trovava nel capoluogo felsineo in qualità di vicelegato, un incarico che lo mise in contatto con molti artisti bolognesi, tra cui Lavinia che nel frattempo aveva già realizzato alcune repliche della pala madrilena. Nel 1602, infatti, padre José de Sigüenza denunciava l'esistenza di molte copie del dipinto spagnolo, nate sull'onda del successo di una committenza così prestigiosa per la quale Lavinia aveva ricevuto mille ducati (Pacheco 1649).
Il dipinto rappresenta il piccolo Gesù, vegliato e protetto da Elisabetta, dal piccolo Giovannino, da Giuseppe e da sua madre che lo sta coprendo con un sottilissimo velo. La scena è inserita in un ambiente piccolo e raffinato, dominato da un sontuoso baldacchino il cui colore ben si armonizza con le tinte acide e squillanti delle stoffe e degli abiti dei protagonisti, messo in risalto dal fondo scuro e dall'uso del supporto in rame. Come ha recentemente ricordato Stefania Biancani (2021), il soggetto raffigurato è ricco di significati iconografici, racchiusi nel motto "COR MEUM VIGILAT" che si legge nel dipinto madrileno lungo il bordo del giaciglio su cui riposa Gesù. Tale espressione - al pari del simbolo LXIII delle Symbolicae Quaestiones di Achille Bocchi che recita Silentio Deum Cole ("adora Dio in silenzio") - rammenta l'importanza della contemplazione e del silenzio per giungere alla Verità (cfr. Urbini 1994; Fortunati 1998, Biancani 2021).
Antonio Iommelli