Il disegno è una copia in piccole dimensioni del dipinto rappresentante la Beata Michelina eseguito da Federico Barocci nel 1606 e destinato alla chiesa di San Francesco di Pesaro (oggi nella Pinacoteca Vaticana). Già ritenuto uno studio preparatorio per il quadro pesarese, il disegno è oggi considerato una derivazione di modesta qualità. Il suo ingresso nella collezione Borghese si deve ad una donazione del Generale Teodorico Serra nel 1948.
‘800 (con quattro palmette angolari) cm. 62 x 52 x 6,5
Dono del Generale Teodorico Serra, 1948.
L’opera è confluita nella raccolta Borghese nel 1948 come dono del Generale Teodorico Serra.
Si tratta di copia in disegno del dipinto rappresentante la Beata Michelina conservato nei Musei Vaticani (per cui si veda Mostra di Federico Barocci, catalogo della mostra (Bologna, Museo Civico, 1975), a cura di A. Emiliani, Bologna 1975, pp. 214-216, n. 261). L’opera fu eseguita da Federico Barocci nel 1606 per la chiesa di San Francesco a Pesaro, come testimoniato da un documento già nella Biblioteca Oliveriana della città (oggi non più rintracciabile, pubblicato da R.H. Krommes in Studien zu Federigo Barocci, Leipzig 1912, p. 128). Commissionato da Alessandro Barignani, il quadro celebra la figura di Michelina Metella, vissuta nel XIV secolo e sposa di un membro della famiglia Malatesta; dopo la morte precoce del marito e dell’unico figlio, Michelina divenne terziaria francescana e dedicò la sua vita alla cura dei poveri. La sua figura divenne fin da subito oggetto di culto, giungendo alla beatificazione negli anni Trenta del Settecento. Il dipinto di Barocci fu prelevato dalla chiesa pesarese nel 1797 per essere trasferito in Francia e fu restituito solo in seguito alla sconfitta di Napoleone, confluendo nelle raccolte vaticane.
La rappresentazione è incentrata sulla figura della Beata in ginocchio con lo sguardo rivolto al cielo, da cui discende un fascio di luce divina. Il riferimento è al viaggio compiuto in Terrasanta, durante il quale la donna, recandosi sul Monte Calvario, fu rapita in estasi ed ebbe la visione di Dio Padre che le parlò.
Secondo Luigi Serra (1920, pp. 200-201; Id. 1925, pp. 226-228), il disegno Borghese corrisponderebbe ad uno studio preparatorio per il dipinto vaticano, testimonianza di uno stadio avanzato della sua elaborazione da parte del maestro urbinate. Pur rilevando un significativo divario tra il disegno e il quadro finito sia nel trattamento del panneggio che nei valori espressivi, lo studioso riconduce l’opera Borghese alla mano di Barocci. Tuttavia, la modesta qualità e la presenza della quadrettatura hanno indotto la critica successiva a considerarla una derivazione dall’originale (Della Pergola 1959, p. 71, n. 104; Olsen 1955, p. 164; Id. 1962, p. 208).
Questo dato permette di collocare il disegno posteriormente al 1606, ma la mancanza di ulteriori elementi sulla sua genesi non consente di circostanziare la sua esecuzione, che rimane dunque riferibile ad un arco cronologico molto ampio.
Pier Ludovico Puddu