L’opera è attestata in collezione Borghese a partire dal 1833, proveniente secondo la critica dalla raccolta di Olimpia Aldobrandini senior. Attribuita a Joachim Patinier, la tavola rappresenta un raro episodio biblico tratto dal Libro dei Re in cui si legge di un profeta recalcitrante sbranato da un leone.
La tragica scena è qui ambientata in un vasto paesaggio, caratterizzato da rocce scoscese e da un ampio sfondo fluviale che ben si inseriscono nel solco della pittura fiamminga cinquecentesca.
Salvator Rosa (cm 42 x 57 x 4,7)
Roma, collezione Olimpia Aldobrandini senior, 1626 (Della Pergola 1959, p. 180); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 37. Acquisto dello Stato, 1902.
Questa tavola giunge in collezione Borghese attraverso l'eredità di Olimpia Aldobandini senior, così elencata nell'inventario della nobildonna datato 1626: "un quadro mezzano in tavola che rappresenta un paese grande con un homo morto da un leone con cornice dorata n. 385" (Della Pergola 1959).
Assente negli inventari successivi della raccolta Borghese, ricompare solo nel 1833, quando è descritta negli elenchi fedecommissari come opera del "Brugolo", nome precisato da Giovanni Piancastelli (1891) con quello di Giovanni Brueghel detto dei Velluti.
Il primo a proporre il nome di Joachim Patinier fu Adolfo Venturi (1891), ipotesi scartata da Roberto Longhi (1928), che dal canto suo avvicinò il dipinto a un imitatore del pittore fiammingo, ma accettata senza alcuna riserva da Godefridus Hoogewerff (1926), Leo van Puyvelde (1950) e Paola della Pergola (1959). A riaccendere il dibattito attributivo - tuttora aperto - fu Robert A. Koch che nel 1968, rifiutando l'attribuzione proposta da Longhi, ritenne di non pubblicare il dipinto Borghese nella sua monografia su Patinier.
L'opera rappresenta un episodio biblico tratto dal Libro dei Re (13, 1-34) in cui si accenna di un profeta sbranato da un leone per non aver tenuto fede a un patto divino. Come narrato nella Bibbia, il corpo dell'uomo, dilaniato dal feroce animale, rimase attaccato a quello del suo fedele asino miracolosamente sopravvissuto all'aggressione.
Antonio Iommelli