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Paesaggio fantastico

Maestranze toscane


Questa lastra di calcare alberese - pendant per dimensione, materiale e gioco di fantasia con un analogo Paesaggio fantastico (inv. 512) - è documentata in collezione Borghese a partire dal 1693, testimonianza di un gusto assai diffuso tra XVI e XVII secolo per questi singolari prodotti della natura. Sembra riprodurre il profilo di una città in fiamme, disegno creato naturalmente dalla combinazione del tutto casuale del manganese e del ferro presenti all'interno della pietra.


Scheda tecnica

Inventario
504
Posizione
Datazione
fine secolo XVI - inizio XVII secolo
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
Marmo paesino
Misure
cm 8 x 16
Cornice

Cornice fine ‘700/’800 (cm 15,5 x 23,5 x 2,5)

Provenienza

Roma, collezione Borghese, 1693 (Inventario 1693, Stanza XI, nn. 547/548; Della Pergola 1959); Inventario 1765, p. 244; Inventario 1790, Stanza VII, n. 67; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 31. Acquisto dello Stato, 1902.

Mostre
  • 1971 Roma, Galleria Borghese

Scheda

La provenienza di questa lastra è ignota, identificabile nella raccolta pinciana solo a partire dal 1693, quando è così descritta assieme a un disegno di Antonio Tempesta (inv. 503): "due altri quadrucci bislonghi alti mezzo palmo in circa con Christalli d'avanti, uno in Carta fatto con la penna, Caccia, l'altro in pietra con Paesini con cornici negre n. 267. Incerti" (Inv. 1693). Citata nel 1790 come "un paesino di pietra di Napoli" (Inv. 1790), non trova alcun interesse né nel Catalogo di Adolfo Venturi (1893), né negli studi di Roberto Longhi (1928), definita da Paola della Pergola un'opera di pura bizzarria decorativa (in realtà riferendosi al Paesaggio compagno; cfr. Della Pergola 1959).

Si tratta di una piastra di calcare alberese, denominata per la sua varietà 'pietra paesina', largamente ricercata dai commercianti di pietre dure per il contrasto cromatico dei suoi componenti e per questo utilizzata da molti pittori come sfondo su cui dipingere sofisticate composizioni. In questo caso, lasciata così come trovata in natura, fu sottoposta unicamente a lucidatura e arricchita verosimilmente da una ricca cornice, con tutta probabilità analoga a quella dell'altro Paesaggio fantastico.

Come espresso dalla critica (Della Pergola 1959; Staccioli 1971), questa piastra fu lavorata da un anonimo maestro toscano, attivo in una delle tante botteghe presenti tra Firenze e Roma tra la fine del XVI e i primi anni del XVII secolo.

Simili manufatti, incorniciati e senza sovrapposizioni pittoriche, si conservano presso l'Opificio delle Pietre Dure di Firenze (invv. 1935, 1936, 1941; Baltrušatis 1957; Staccioli 1971).

Antonio Iommelli




Bibliografia
  • X. Barbier de Montault, Les Musées et Galeries de Rome, Rome 1870, p. 357;
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 219;
  • P. della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, II, Roma 1959, p. 32, n. 37;
  • S. Staccioli, in Opere in mosaico, intarsi e pietra paesina, catalogo della mostra (Roma, Galleria Borghese, 1971), a cura di S. Staccioli, Roma 1971, p. 26, n. 12;
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 162;
  • A. Iommelli, 'Petrae volant, scripta manent': tracce di pietre in casa Borghese nel XVII secolo, in Meraviglie senza tempo. Pittura su pietra a Roma nel Seicento, catalogo della mostra (Roma, Galleria Borghese, 2022), a cura di F. Cappelletti, P. Cavazzini.