Questa lastra di calcare alberese - pendant per dimensione, materiale e gioco di fantasia con un analogo Paesaggio fantastico (inv. 504) - è documentata in collezione Borghese a partire dal 1693, testimonianza di un gusto assai diffuso tra XVI e XVII secolo per questi singolari prodotti della natura. Sembra riprodurre il profilo di una città in fiamme, disegno creato naturalmente dalla combinazione del tutto casuale del manganese e del ferro presenti all'interno della pietra.
Cornice fine ‘700/’800 (parte di un polittico, cm 14,5 x 109,3 x 2,3)
Roma, collezione Borghese, 1693 (Inventario 1693, Stanza XI, n. 631); Inventario 1790, Stanza VII, n. 74; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 31. Acquisto dello Stato, 1902.
La provenienza di questa lastra è ignota, identificabile nella raccolta pinciana solo a partire dal 1693, quando è così descritta: "Un quadro di pietra che fa Paesi Naturali con cornice nera erabescata d'argento con pietre nelle Cantonate in mezzo alto di un palmo in c.a. del n. 425. Incerti" (Inv. 1693). Citata nel 1790 come "un paesino di pietra di Napoli" (inv. 1790), non trova alcun interesse né nel Catalogo di Adolfo Venturi (1893), né negli studi di Roberto Longhi (1928), definita da Paola della Pergola (1959) un'opera di pura bizzarria decorativa.
Si tratta di una piastra di calcare alberese, denominata per la sua varietà 'pietra paesina', largamente ricercata dai commercianti di pietre dure per il contrasto cromatico dei suoi componenti e per questo utilizzata da molti pittori come sfondo su cui dipingere sofisticate composizioni. In questo caso, lasciata così come trovata in natura, fu sottoposta unicamente a lucidatura e arricchita da una superba cornice con pietre preziose agli angoli, attualmente dispersa.
Come espresso dalla critica (Della Pergola 1959; Staccioli 1971), questa piastra fu lavorata da un anonimo maestro toscano, attivo in una delle tante botteghe presenti tra Firenze e Roma tra la fine del XVI e i primi anni del XVII secolo.
Simili manufatti, incorniciati e senza sovrapposizioni pittoriche, si conservano presso l'Opificio delle Pietre Dure di Firenze (invv. 1935, 1936, 1941; Baltrušatis 1957; Staccioli 1971).
Antonio Iommelli