Le quattro colonne col fusto in granito grigio sono completate in alto da una cimasa in marmo bianco sulla quale è applicato un fregio in bronzo dorato raffigurante un festone vegetale sorretto da nastri annodati alle corna di un bucranio e passanti per tre patere. Modanature bronzee separano la cimasa dal fusto e quest’ultimo, dalla base, pure in marmo bianco.
Dai documenti contabili conservati nell’Archivio borghese risulta pagato per i fregi di queste e di altre 12 colonne, con cui costituivano un insieme, Luigi Valadier, argentiere di fiducia della famiglia. Del gruppo, smembrato nel 1909 a seguito della vendita a Napoleone delle dodici colonne – insieme ai busti che sostenevano nella sala IV – sono giunti a noi solo questi quattro esemplari.
Marcantonio IV Borghese, 1780 (Archivio Segreto Vaticano, Archivio Borghese, f. 8254, c. 28, in González-Palacios 1993, I, pp. 219, 250, n. 13). Acquisto dello Stato, 1902.
Ultime rimaste di un insieme originariamente composto da sedici elementi, le quattro colonne in granito e marmo bianco recano inserti decorativi bronzei eseguiti nel 1780 da Luigi Valadier. Si tratta del bel fregio disposto intorno alla fascia marmorea bianca superiore e delle due modanature, rispettivamente a ovoli e a fettuccia avvolta a spirale, che orlano alle estremità superiore e inferiore il fusto in granito. Nel fregio l’argentiere romano compone elementi cari al gusto decorativo tardo settecentesco, quali bucrani e patere, collegandoli tra loro con festoni vegetali e nastri pieghettati annodati alle corna del bucranio. Il motivo decorativo, già usato con caratteristiche simili in due candelieri eseguiti per la famiglia Borghese nel 1774 e oggi conservati al Metropolitan Museum di New York (inv. 1994.14.1, .2; González-Palacios 2018, p. 430; 2019, p. 170) è qui, complici le maggiori dimensioni del manufatto, ben disteso ad avvolgere la fascia, con i fiori e i frutti realizzati ad altorilievo, inframmezzati da foglie frastagliate e nastri svolazzanti. Il fregio si inserisce perfettamente nelle colonne, arricchendo la sobria cromia definita delle diverse tipologie di marmo utilizzate con la luminosità e la preziosità del bronzo dorato, dando vita a un insieme di estrema eleganza.
Dalla documentazione conservata nell’archivio della famiglia Borghese, l’argentiere Luigi Valadier risulta essere stato pagato 400 scudi nel 1780 per l’esecuzione delle decorazioni in bronzo dorato applicate su sedici colonne di granito (Archivio Segreto Vaticano, Archivio Borghese, f. 8254, c. 28, in González-Palacios 1993, I, pp. 219, 250, n. 13). Dodici di esse erano state collocate dall’architetto Antonio Asprucci nella galleria del piano terra come sostegni di altrettanti busti di imperatori disposti lungo le pareti, in occasione del riallestimento delle sale della Villa voluto dal principe Marcantonio V sullo scorcio del secolo. Di questa collocazione offrono puntuali testimonianze un accurato disegno dell’architetto Charles Percier, datato 1786-1791 (Parigi, Bibliothèque de l’Institut de France, ms. 1008, f. 32, n. 61), e la descrizione presente nel volume Sculture del Palazzo della Villa Borghese detta Pinciana di Ennio Quirino Visconti e Luigi Lamberti (1796, I, p. 22). Le stesse dodici colonne risultano essere state comprese nella vendita di opere della collezione a Napoleone del 1809 (Fabréga-Dubert 2009, p. 223, n. 447, nota 157): giunte a Parigi nel 1810, quando risultano essere state inventariate, di esse si è in seguito persa traccia. Da questa vicenda sono evidentemente state escluse le quattro colonne ancora conservate, le quali non sembrano aver trovato un’immediata collocazione nelle sale della Villa dopo la loro esecuzione, e per le quali sembra ipotizzabile la sistemazione in un deposito. Da questo, poi, potrebbero essere state recuperate in occasione del riallestimento ottocentesco della villa.
Sonja Felici