Il rilievo è pertinente, insieme ad altri due simili presenti nel Portico, a un unico fregio complesso (invv. X, XXV). L’origine del monumento di provenienza ha avuto sin dal XVI secolo numerose ipotesi di identificazione, concentrate soprattutto nell’Arco di Claudio e nel Foro di Traiano. Anche l’interpretazione della scena risulta discordante: per alcuni pertinente ad una adlocutio, discorso dell’imperatore ai soldati, per altri ad una submissio, sottomissione dei vinti. La lastra raffigura, su vari piani prospettici, file serrate di soldati con un elmo di tipo attico, orientate verso sinistra. In primo piano vi sono tre figure, disposte intorno a una centrale, abbigliate in maniera simile e con il capo scoperto. Gli studi sembrano propendere maggiormente per un inquadramento cronologico in epoca traianea.
Proveniente dalla Collezione Della Porta (Vacca 1594, p. 13, n. 68); Collezione Borghese dal 1609. Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 41, n. 4. Acquisto dello Stato, 1902.
Al centro della lastra è la figura di un condottiero in tunica corta, sopra alla quale veste la lorica musculata e il paludamentum, alta fascia in vita; ai piedi indossa stivali in pelle, i mullei. Il capo, scoperto, volge verso sinistra. Accanto a lui tre figure, con abiti simili, orientate nella medesima direzione. Indossano stivali differenti, ai quali manca il risvolto in pelle; tali calzature erano indossate da personaggi di rango senatorio, in particolare dai legati legionis, ex consoli o ex pretori posti al comando delle legioni.
Sempre in primo piano, sul margine destro, si conserva parzialmente un’altra figura con corazza e stivali. Nonostante manchi la testa, la posizione dei piedi lascia intendere che questa fosse l’unica rivolta verso destra. Lo sfondo è campito dalle teste di soldati di profilo, caratterizzate da un elmo con cimiero di piume, del tipo attico, disposte su due file.
Il frammento, insieme ad altri due esposti oggi nel Portico della Galleria Borghese (invv. X e XXV), appartiene a un fregio più ampio raffigurante scene militari. Sul frammento inv. X, in particolare, che originariamente doveva essere collocato a sinistra di quello esaminato, continuano le figure di soldati con il medesimo tipo di copricapo e, in alto a sinistra, un vessillo, simbolo della cavalleria. Il princeps e i soldati volgono alla loro sinistra, in direzione di un evento raffigurato su una lastra perduta, a destra della quale va posto, probabilmente, il frammento inv. XXV. Dietro le teste della fila superiore sono visibili le lance portate sulle spalle dai soldati.
Flaminio Vacca nel 1594 riporta che: “Nella Chiesa di Santa Martina appresso detto Arco vi erano due grandi Istorie di marmo statuale, assai consumate, rappresentanti Armati con Trofei in mano, e Togati, di buona mano. Sisto V, nel far la Piazza di Santa Maria Maggiore demolì la Chiesa di S. Luca de’ Pittori, ed in ricompensa donò a’ medesimi la detta Chiesa di Santa Martina, ed essi per farci i meglioramenti venderono dette Istorie, ed al presente sono in casa del Sig. Cavalier della Porta Scultore” (Vacca 1594, p. 13, n. 68). Nell’Inventario delle statue e dei marmi presenti nella collezione Borghese, provenienti dalla collezione di Giovanni Paolo Della Porta, databile al 1610, si ritrova: “una Jstoria Anticha di più pezzi longa p. 19 alt. p. 13 ¼” (de Lachenal 1982, Appendice Va, n. 339, p. 91). La collezione Della Porta venne infatti acquistata dalla famiglia Borghese nel 1609 (de Lachenal 1982, pp. 58-72). Nel 1826 le lastre sono attestate nell’area del II Recinto, nel giardino della Villa Borghese, in una lettera indirizzata al Principe Camillo Borghese da Evasio Gozzani: “Ho portato questa mattina Filippo Visconti ad osservare i bassi rilievi antichi di gran genere ritrovati accanto al Tinello e ai fienili di Grotta Pallotta per sentir il di Lui sentimento sull’epoca prossimativa dei medesimi. Quantunque massacrati dalle ingiurie del tempo, e dal Barbarismo non ha potuto negare che siano sommamente pregievoli, e malgrado che da principio abbia menzionata l’epoca di Settimio, si è poi ricreduto dopo maturo esame, per attribuirli a tempi antecedenti, e migliori per l’arte” (Moreno, Sforzini 1987, p. 353). Successivamente, Evasio Gozzani nell’illustrare al principe Camillo Borghese le sculture trasferite nella Villa descrive i rilievi nel Portico (Nomenclatura, 1828).
Infine Nibby nel 1832, li menziona sistemati nell’attuale collocazione, murati nelle pareti del Portico. L’autore individua i rilievi Borghese in una diversa opera, citata in un altro passo del testo del Vacca, sostenendo la tesi dell’appartenenza dei resti all’Arco di Claudio, sulla via Flaminia (Vacca 1594, p. 8, n. 28). Egli riporta che il monumento, demolito secondo il Vacca nel 1527, viene scavato al tempo di papa Pio IV restituendo dei bassorilievi includenti ritratti interpretati come rappresentazioni di Claudio. L’autore lega tali figure ai busti inseriti nei clipei del rilievo inv. XXV. Tali frammenti, secondo Nibby, furono comprati da Giovanni Giorgio Cesarini e posti ad ornamento del suo giardino, presso San Pietro in Vincoli. Alla sua morte, nel 1585, furono acquistati dal cardinale Farnese, dal quale, dopo il 1594 sarebbero potuti passare al cardinal Aldobrandini e quindi alla famiglia Borghese (Nibby 1832, pp. 14-15, n. 4, tav. 1). L’identificazione dello studioso si rivela però erronea, alla luce delle più recenti ricerche documentarie. Helbig, nel 1913, ricorda la tesi di una provenienza dall’Arco di Claudio, a Piazza Sciarra, ma ritiene più plausibile il legame con il Foro di Traiano (Helbig 1913, p. 225, n. 1529). In effetti, già il Winckelmann, a metà del XVIII secolo, inquadra i rilievi in età traianea individuando invece nelle immagini clipeate del frammento inv. XXV le rappresentazioni degli imperatori Nerva e Traiano (Winckelmann 1762 [1832], p. 813).
La datazione traianea si impone solidamente all’inizio del Novecento con un articolo dello Stuart Jones, che ricostruisce la formazione della raccolta Borghese, dimostrando che le lastre si trovavano nella Chiesa dei SS. Luca e Martina al Foro Romano ed evidenziando l’uniformità stilistica con quelle riadoperate sull’Arco di Costantino, pur non ritenendole parte dello stesso monumento (Stuart Jones 1906, pp. 215-271).
Nel Novecento vari studiosi, a partire dal Wace e dal Sieveking, prendendo le mosse dalle tesi dello Stuart Jones, giungono ad evidenziare una stretta somiglianza tra le lastre Borghese e quelle riadoperate sull’Arco di Costantino, ritenendole di epoca traianea (Wace 1907, pp. 229-249; Sieveking 1925, p. 25). Eugene Strong, nel 1923, conferma l’appartenenza a un fregio del Foro di Traiano, osservando la posizione serrata delle fila dei soldati schierati che richiama altri rilievi traianei (Strong 1923, p. 150, nota 19, fig. 94 a p. 148).
Il Pallottino cerca di ricomporre le effettive dimensioni dell’insieme, fissandole in circa 28 metri. Per l’interpretazione della scena, l’autore pensa ad un’adlocutio, da riferirsi ad un evento di guerra. Infine, come ubicazione dell’intera opera, suppone il recinto del Forum Pacis, data la sua conformazione allungata, o l’area in cui sorgeva il Tempio del divo Traiano (Pallottino 1938, pp. 17, 31, tav. 2). Un grande risalto al fregio viene fornito dal Bianchi Bandinelli, che lo riconduce alla stessa mano dell’artista della Colonna di Traiano, specialmente per il modo di rendere i barbari morenti, e lo considera parte del recinto del Foro Traianeo o del Foro Transitorio (Bianchi Bandinelli 1950, pp. 233-241). Per un’assegnazione a epoca traianea si è espressa anche la Toynbee, ritenendo, tuttavia, impossibile che il monumento si trovasse nel Foro di Traiano, per la testimonianza di Ammiano Marcellino sull’integrità del complesso durante la visita di Costanzo II, giudicando più verisimile una sistemazione sul Tempio del divo Traiano fatto erigere da Adriano (Toynbee 1965, pp. 60-62). A favore della provenienza traianea si sono successivamente espressi vari studiosi tra cui lo Zanker, il Bonanno, l’Andreae, il Koeppel, la Leander Touati (Zanker 1970, pp. 513-517; Bonanno 1978, pp. 77-81; Andreae 1973, pp. 202-204; Koeppel 1980, p. 149-153, 173-189; Leander Touati 1987, pp. 98-100, B, tav. 44, 3-4, 55.2). In ultimo, Stefano Tortorella conferma l’appartenenza dei rilievi Borghese ad un fregio traianeo analizzandoli in relazione con altri tre, di soggetto simile, provenienti dalla medesima Chiesa dei SS. Luca e Martina al Foro Romano e dal 1515 conservati nel Palazzo dei Conservatori al Campidoglio (cat. IV.4.1-3; Tortorella 2012, pp. 55-57).
Di differente avviso, il Gauer, ipotizza una datazione all’età di Domiziano, in riferimento alle guerre daciche svolte dall’imperatore (Gauer 1973, pp. 318-350). In particolare, prende come punto di partenza le imagines clipeatae che si trovano sulle insegne militari del frammento inv. XXV, che a suo parere mostrano un’acconciatura del primo tipo domizianeo, così come è visibile in una statua conservata a Monaco datata agli anni settanta del I d.C. (Bernoulli 1969, p. 56, n. 18).
La Desidera, che dedica un ampio studio ai rilievi, conclude che, essendosi svolto il primo conflitto dacico negli anni 85-86 d.C., l’ipotesi più plausibile è che le lastre Borghese si collochino nel secondo quinquennio degli anni ’80 (Desidera 2007).
Per quanto riguarda l’interpretazione più probabile dell’intero fregio ella ritiene che si tratti di una scena di submissio, l’assoggettamento del popolo vinto, così come interpretata dalla Simon (Simon 1966, p. 700, n. 1940), mentre esclude un adlocutio, un discorso tenuto dall'imperatore in occasione di festività ufficiali, per la posizione dei soldati della lastra in esame che si trovano alle spalle dell’imperatore e per la presenza delle hastae cerimoniali e dell’elmo attico, utilizzato solo in occasioni solenni.
Per quanto riguarda l’inquadramento cronologico sembra verisimile privilegiare un inserimento in età traianea, considerando le ultime ipotesi minoritarie.
Giulia Ciccarello