Il rilievo, inserito in una cornice moderna, propone due gruppi arbitrariamente giustapposti. Un giovane Satiro che avanza verso sinistra, con in mano un bastone dal manico ricurvo e il capo retrospiciente rivolto all’Erote in sella a un capro. Nella parte destra della lastra Pan, divinità della campagna e delle greggi, è rappresentato di profilo a destra mentre innalza in offerta la testa di una capra, il cui corpo giace ai suoi piedi, verso la fiamma di un altare. Il primo gruppo, completato dal frammento in Salone, inv. VIIL, apparteneva plausibilmente a un lato lungo di un monumento rettangolare, di cui facevano parte anche i rilievi del Salone, inv. XLIX, VIIIL e della Sala II, inv. IIC; il secondo gruppo, invece, separato anche da una linea di frattura ricomposta dal restauratore moderno, era probabilmente pertinente a un lato corto. Ben noto dalla fine del Quattrocento, come documentano i numerosi disegni elaborati fra XV e XVII secolo e le varie copie e riprese, alla fine del Seicento era collocato a ornamento della fontana centrale nel giardino del Palazzo in Campo Marzio, fino al trasferimento nei Giardini della Villa di Porta Pinciana, cui seguirono nel 1826 il restauro e l’esposizione nel Casino.
Collezione Borghese (ante 1691?); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., pp. 42-43, n. 26. Acquisto dello Stato, 1902.
Il rilievo in esame, insieme alle altre lastre del Salone (inv. VIIIL, XLIX) e della Sala II (inv. IIIC) faceva parte di un unico monumento, ricostruito da Christian Hülsen come una base rettangolare di 220 cm x 80 cm x 60 cm (Hülsen 1913) e da altri studiosi come un fregio continuo di 7 m cui apparteneva un ulteriore rilievo (Herdejürgen 1997). I quattro rilievi erano ben noti dalla fine del Quattrocento, come documentano i numerosi disegni elaborati fra XV e XVII secolo che offrono, al contempo, elementi essenziali per ricostruire l’originaria iconografia prima della manipolazione ottocentesca (Pray Bober, Rubistein 1986). Non se ne conosce l’originaria ubicazione, ma è concorde l’opinione che si trovassero in un luogo pubblico facilmente accessibile, forse una chiesa, vista la consistente fortuna nel Rinascimento, registrata da copie e riprese, quali per esempio quella del Pinturicchio nella Palazzina di Giuliano della Rovere ai SS. Apostoli (Cavallaro 1993).
È plausibile che dalla fine del Seicento fino al 1819 il rilievo fosse collocato a ornamento della fontana centrale nel giardino del Palazzo in Campo Marzio, nella parte destra non incisa dal Venturini, che invece registra la presenza di altri rilievi che, come si vedrà, dovevano essere parte del medesimo monumento (Falda 1691, tav. 11). La presenza del rilievo nella parte interna del giardino è infatti registrata da Georg Zoëga ((Herdejürgen 1997, nota 36). In un momento successivo le lastre vennero trasferite nei Giardini della Villa di Porta Pinciana, dove rimasero fino al 1826, all’epoca dell’allestimento della nuova collezione nel Casino, depauperato dalla massiccia vendita delle opere a Napoleone Bonaparte: Evasio Gozzani ne predispose il restauro a opera di Massimiliano Laboureur o Antonio D’Este.
Nella lastra in esame, inserita in una cornice moderna, si distinguono due gruppi arbitrariamente giustapposti dal restauratore ottocentesco. Un giovane Satiro che avanza verso sinistra, con in mano un pedum, un bastone dal manico ricurvo usato dai pastori, e il capo retrospiciente rivolto all’Erote in sella a un capro, che originariamente si ritraeva spaventato alla vista di un serpente arrotolato su un albero, come attestato dai disegni rinascimentali. Nella parte destra della lastra Pan, divinità della campagna e delle greggi, col mento prominente, due lunghe corna, il corpo villoso e gli arti inferiori simili a quelli di un caprone, è rappresentato di profilo a destra mentre innalza in offerta la testa di una capra, il cui corpo giace ai suoi piedi, verso la fiamma di un altare.
Il primo gruppo, completato dal frammento nel Salone, inv. VIIL, apparteneva plausibilmente a un lato lungo del monumento, specularmente replicato nel lato opposto (Salone, inv. XLIX e Sala II, inv. IIC), sebbene con alcune varianti.
Il secondo gruppo, invece, separato anche da una linea di frattura ricomposta dal restauratore moderno, era probabilmente pertinente a un lato corto, anch’esso specularmente replicato sull’altro lato breve (Salone, inv. XLIX), molto restaurato e con inserimento dell’erma di Dioniso, la cui statua era forse innalzata sulla base marmorea.
È stato anche proposto di aggiungere una quinta lastra, perduta ma attestata dall’incisione di Venturini, con due Satiri che insidiano una Ninfa dormiente; accettando tale interpretazione, il monumento potrebbe allora essere inteso non più come base ma come un fregio continuo di 7 m, inquadrato dai due gruppi di Pan sacrificante (Herdejürgen 1997).
In età ellenistica la rappresentazione del thiasos dionisiaco, con i suoi molteplici elementi simbolici e l’ambientazione naturale, diviene un tema figurativo particolarmente apprezzato per supporti diversi, dai puteali, ai rilievi di sarcofagi, agli altari o alle basi di statue e poteva inoltre inserirsi nella decorazione di spazi aperti come giardini, divenendo presto soggetto di genere, allusione alla gioia della festa danzante che prepara al rito sacrificale e al piacere di vivere donati da Dioniso.
Sulla base di osservazioni stilistiche nella resa del fine modellato dei corpi e dei volti, nonché nella cura dell’ambientazione, il rilievo Borghese è concordemente assegnato alla prima metà del I sec. a.C., risalente dunque a un prototipo tardoellenistico ispirato ai modelli della tarda classicità.
Jessica Clementi