Il rilievo appartiene, insieme ad altri due simili presenti nel Portico, a un unico fregio composito che raffigurava scene militari (invv. VII, XXV). Sin dal XVI secolo gli studi hanno avanzato diverse ipotesi circa il monumento di provenienza, concentrandosi soprattutto nell’Arco di Claudio e nel Foro di Traiano. Per quanto riguarda la scena rappresentata, l’interpretazione risulta discordante, individuata da alcuni in una adlocutio, il discorso dell’imperatore ai soldati, da altri in una submissio, la sottomissione dei vinti. Sulla lastra, di cui rimane solo la parte superiore, sono rappresentate in primo piano due teste senza elmo e molto abrase. Nello sfondo, su diversi piani, figurano alcuni soldati orientati verso sinistra e provvisti sul capo di elmi piumati di tipo attico. Il margine superiore è occupato da uno stendardo. Gli studiosi sembrano concordi nell’indicare, per il frammento, l’epoca traianea.
Proveniente dalla Collezione Della Porta (Vacca 1594, p. 13, n. 68); Collezione Borghese dal 1609. Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 44, n. 47. Acquisto dello Stato, 1902.
Sulla lastra, di cui si conserva solo la parte superiore, sono raffigurate le teste di alcuni soldati disposte su diversi piani e volte verso sinistra. Sul capo indossano un elmo con cimiero di piume, del tipo attico. In primo piano sono presenti altre due teste, molto abrase, dal capo scoperto; in alto a sinistra è un vessillo, simbolo della cavalleria. Il frammento, insieme ad altri due simili, collocati nel Portico della Galleria Borghese (Invv. VII e XXV), appartiene ad un fregio più ampio raffigurante scene militari. Il frammento in questione doveva originariamente essere posto a sinistra dell’inv. VII, dove sono presenti soldati con il medesimo tipo di copricapo. Le figure dovevano volgersi in direzione di un evento raffigurato su una lastra perduta, a destra della quale va posto il frammento inv. XXV.
Nel 1594 Flaminio Vacca testimonia che: “Nella Chiesa di Santa Martina appresso detto Arco vi erano due grandi Istorie di marmo statuale, assai consumate, rappresentanti Armati con Trofei in mano, e Togati, di buona mano. Sisto V, nel far la Piazza di Santa Maria Maggiore demolì la Chiesa di S. Luca de’ Pittori, ed in ricompensa donò a’ medesimi la detta Chiesa di Santa Martina, ed essi per farci i meglioramenti venderono dette Istorie, ed al presente sono in casa del Sig. Cavalier della Porta Scultore” (Vacca 1594, p. 13, n. 68). I fregi si ritrovano nell’Inventario delle statue e dei marmi presenti nella collezione Borghese, provenienti dalla collezione di Giovanni Paolo Della Porta, databile al 1610: “una Jstoria Anticha di più pezzi longa p. 19 alt. p. 13 ¼” (de Lachenal 1982, Appendice Va, n. 339, p. 91). La collezione Della Porta venne infatti acquistata dalla famiglia Borghese nel 1609 (De Lachenal 1982, pp. 58-72).
Nel 1826, in una lettera indirizzata al Principe Camillo Borghese dal suo ministro Evasio Gozzani, le lastre sono attestate nell’area del II Recinto, nel giardino della Villa Borghese: “Ho portato questa mattina Filippo Visconti ad osservare i bassi rilievi antichi di gran genere ritrovati accanto al Tinello e ai fienili di Grotta Pallotta per sentir il di Lui sentimento sull’epoca prossimativa dei medesimi. Quantunque massacrati dalle ingiurie del tempo, e dal Barbarismo non ha potuto negare che siano sommamente pregievoli, e malgrado che da principio abbia menzionata l’epoca di Settimio, si è poi ricreduto dopo maturo esame, per attribuirli a tempi antecedenti, e migliori per l’arte” (Moreno, Sforzini 1987, p. 353). Due anni dopo, tra le sculture trasportate nella Villa, Evasio Gozzani presenta al principe Camillo Borghese i rilievi sistemati nel Portico (Nomenclatura 1828). La testimonianza del Nibby, nel 1832, li colloca nella loro attuale posizione, murati nelle pareti del Portico. L’autore, identifica i rilievi Borghese in una diversa opera, citata in un altro passo del testo del Vacca, che sostiene la tesi dell’appartenenza dei resti all’Arco di Claudio, sulla via Flaminia, demolito nel 1527 (Vacca 1594, p. 8, n. 28). Egli ricorda che durante gli scavi del monumento, sotto il pontificato di papa Pio IV, sono portati alla luce dei bassorilievi includenti ritratti interpretati come rappresentazioni di Claudio, che l’autore lega ai busti inseriti nei clipei del rilievo inv. XXV. Tali frammenti, come afferma Nibby, sono posti ad ornamento del giardino di Giovanni Giorgio Cesarini, presso San Pietro in Vincoli. Alla sua morte, nel 1585, sono acquistati dal cardinale Farnese, dal quale, dopo il 1594 sarebbero potuti passare al cardinal Aldobrandini e infine alla famiglia Borghese (Nibby 1832, pp. 14-15, n. 4, tav. 1). L’identificazione dello studioso si rivela però erronea, alla luce delle più recenti ricerche documentarie. Circa settant'anni prima, nel 1764, il Winckelmann collocava invece i rilievi Borghese in età traianea riconoscendo le raffigurazioni degli imperatori Nerva e Traiano nelle immagini clipeate del frammento inv. XXV (Winckelmann [1764] 1832, p. 813). Helbig riprende la tesi di una provenienza dall’Arco di Claudio, a Piazza Sciarra, ma crede più verosimile l’appartenenza al Foro di Traiano (Helbig 1913, p. 225, n. 1529).
Agli inizi del Novecento, con uno di studio Stuart Jones si afferma con sicurezza la datazione traianea. L’autore dimostra che le lastre si trovavano nella Chiesa dei SS. Luca e Martina al Foro Romano ed evidenzia l’uniformità stilistica con quelle riadoperate sull’Arco di Costantino, pur non ritenendole parte dello stesso monumento (Stuart Jones 1906, pp. 215-271). Nel corso del Novecento vari studiosi abbracciano tale inquadramento cronologico mettendo in luce diversi aspetti. Il Wace e il Sieveking individuano una stretta somiglianza tra le lastre Borghese e quelle traianee riadoperate sull’Arco di Costantino, mentre la Strong conferma l’appartenenza ad un fregio del Foro di Traiano, osservando la posizione serrata delle fila dei soldati schierati che richiama altri rilievi traianei (Wace 1907, pp. 229-249; Sieveking 1925, p. 25; Strong 1923, p. 150, nota 19, fig. 94 a p. 148). Il Pallottino, che interpreta la scena come un’adlocutio legata ad un evento di guerra, ritiene che l’intero fregio dovesse essere lungo 28 metri ed essere ubicato nel recinto del Forum Pacis o nell’area in cui sorgeva il Tempio del divo Traiano (Pallottino 1938, pp. 17, 31, tav. 2). Il Bianchi Bandinelli assegna ad un unico artista l’illustrazione della Colonna di Traiano e le lastre Borghese, sulla base di una similare raffigurazione dei barbari morenti e ipotizza una provenienza del recinto del Foro Traianeo o del Foro Transitorio (Bianchi Bandinelli 1950, pp. 233-241).
Contraria a quest’ultima localizzazione è la Toynbee, sulla base della testimonianza di un passo di Ammiano Marcellino che mostra integro il complesso durante la visita di Costanzo II. L’autrice ritiene più verisimile una sistemazione nel Tempio del divo Traiano fatto erigere da Adriano (Toynbee 1965, pp. 60-62). A favore della provenienza traianea si sono successivamente espressi vari studiosi tra cui lo Zanker, il Bonanno, l’Andreae, il Koeppel e la Leander Touati (Zanker 1970, pp. 513-517; Bonanno 1976, pp. 77-81; Andreae 1973, pp. 202-204; Koeppel 1980, p. 149-153, 173-189; Leander Touati 1987, pp. 98-100, B, tav. 44, 3-4, 55.2). In ultimo, Stefano Tortorella conferma l’appartenenza dei rilievi Borghese ad un fregio traianeo analizzandoli in relazione con altri tre, di soggetto simile, provenienti dalla medesima Chiesa dei SS. Luca e Martina nel Foro e dal 1515 conservati nel Palazzo dei Conservatori al Campidoglio (cat. IV.4.1-3; Tortorella 2012, pp. 55-57).
Di differente avviso, il Gauer pensa ad una collocazione cronologica all’età di Domiziano, in particolare alle guerre daciche svolte dall’imperatore, in base alle acconciature presenti nelle imagines clipeatae che decorano le insegne militari nel frammento inv. XXV (Gauer 1973, pp. 318-350). A suo parere sono molto simili alle capigliature del primo periodo domizianeo testimoniato in una statua conservata a Monaco e datata agli anni settanta del I secolo d.C. (Bernoulli 1969, p. 56, n. 18). In considerazione del fatto che il primo conflitto dacico avviene negli anni 85-86 d.C., la Desidera ritiene che le lastre si possano collocare nel secondo quinquennio degli anni ’80 (Desidera 2007). Riguardo l’interpretazione del fregio l’autrice pensa ad una scena di submissio, l’assoggettamento del popolo vinto, così come già interpretata dalla Simon (Simon 1966, p. 700, n. 1940), mentre esclude un’adlocutio, il discorso dell’imperatore ai soldati, per la posizione degli stessi che si trovano alle spalle dell’imperatore e per la presenza delle hastae cerimoniali e dell’elmo attico, utilizzato solo in occasioni solenni. Per quanto riguarda una proposta di inquadramento cronologico la datazione all’età traianea resta quella accertata in modo più convincente e sulla quale concorda la più parte della critica.
Giulia Ciccarello