Il busto è menzionato nella Palazzina Borghese per la prima volta nel 1833, collocato insieme ad altri sei all’interno di nicchie circolari nel muro del Portico.
La testa, posta su un busto moderno, ritrae un uomo dal volto scarno e dall’espressione severa e determinata.
Nonostante i notevoli interventi di restauro, che ne hanno modificato i tratti fisiognomici, in particolare l’impostazione della mascella, la scultura sembra potersi legare all’iconografia del ritratto di epoca tardo-repubblicana o prima età imperiale, connotato da un crudo realismo e accentuato verismo.
Collezione Borghese, ricordato nel Portico della Villa nel 1833 nell’Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 41, n. 9. Acquisto dello Stato, 1902.
La testa, impostata su un busto moderno, è raffigurata frontalmente. Il volto, glabro, presenta una forma allungata, marcatamente triangolare nella mascella. Le sopracciglia aggrottate, la profonda ruga che attraversa orizzontalmente la fronte e le labbra serrate concorrono ad accentuare l’espressione severa e impostata dell’uomo. Sul capo i capelli, composti da piccoli e corti riccioli, svelano una evidente calvizie.
La scultura conserva di antico la metà inferiore del viso e la parte superiore del collo. Il Moreno attribuisce a interventi di restauro l’attuale conformazione della bocca, dalle labbra sottili, segnate da marcate rughe di espressione e l’accentuato prognatismo del mento e del labbro inferiore (Moreno, Viacava 2003, p. 99, n. 60). La scultura sembra rientrare nell’ambito del filone ritrattistico tardo repubblicano, caratterizzato dalla notevole durezza dei tratti del volto, sviluppata al fine di mostrare il carattere fermo e risoluto del soggetto. Secondo lo Zanker, tale formula ritrattistica sarebbe stata utilizzata dalla classe aristocratica come manifestazione della superiorità del proprio status (Zanker 1976, p. 604). Il Bianchi Bandinelli ritiene che l’iconografia del ritratto romano repubblicano sia debitrice della forma artistica ellenistica, poi rielaborata secondo le esigenze della società romana (1965, p. 718).
Un volto scavato con zigomi sporgenti e guance scarne condivide con la scultura Borghese un ritratto conservato al Museo di Napoli e un busto proveniente da Pompei (Bonifacio 1997, pp. 73-74, 115-116, nn. 23, 46).
I notevoli interventi e i forti rimaneggiamenti non permettono una puntuale lettura dell’opera, che sembra tuttavia, in base ad osservazioni stilistiche, inquadrabile alla fine dell’età repubblica e l’inizio di quella imperiale. La scultura si ritrova menzionata per la prima volta nella Palazzina Borghese nell’Inventario Fidecommissario Borghese nel 1833: “Sedici Busti collocati sopra altrettanti mensoloni, che sporgono in fuori dalle pareti” (C., p. 41, n. 9). Nel 1893 il Venturi, ne ricorda un numero inferiore “quattordici busti lungo pareti sopra mensole” (p. 12).
Giulia Ciccarello