La tavola, documentata in collezione Borghese in un inventario datato 1700, costituisce una delle innumerevoli variazioni della celeberrima Testa di Giovanni Battista di Andrea Solario. Tale opera, eseguita a Milano, fu portata Oltralpe dall'artista lombardo e utilizzata come immagine devozionale da re Luigi XII che, gravemente malato, la richiese al suo consigliere il cardinale Georges d’Amboise, presso cui soggiornava il Solario.
Il dipinto raffigura la testa mozzata del giovane asceta, portata da Salomè al crudele Erode su un vassoio d'argento. Tale immagine, oltre a suscitare pietà e commozione tra i fedeli, testimonia la fortuna iconografica di questo soggetto nella Milano di metà Cinquecento.
Cornice ottocentesca (cm 40,5 x 107,5 x 5,6)
Roma, collezione Borghese, 1700 (Inventario 1700, Stanza III, n. 22; Della Pergola 1955); Inventario 1790, Stanza X, n. 60; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 23. Acquisto dello Stato, 1902.
La provenienza di questa tavola è tuttora ignota. L'opera, infatti, è attestata in collezione Borghese in un inventario datato 1700, attribuita dall'estensore del documento a Tiziano Vecellio (Inv. 1700). Assegnato poco dopo a Raffaello e alla sua scuola - rispettivamente nel 1790 e nel Fidecommisso del 1833 - il dipinto fu portato dapprima in area veneta (Venturi 1893) e successivamente in territorio lombardo (Longhi 1928) e costituisce, come debitamente riferito da Paola della Pergola, (1955), una delle innumerevoli versioni tratta forse da un originale perduto di Leonardo da Vinci ripreso da Andrea Solario in un disegno oggi conservato al Louvre (Della Pergola 1955). Al contrario, secondo Angela Ottino Della Chiesa (1956), il dipinto Borghese potrebbe riflettere il modello di un lavoro sconosciuto eseguito da Bernardino Luini, ipotesi espressa oralmente anche da Roberto Longhi (cfr. Della Pergola 1955).
Il successo di questo soggetto, confermato dalla presenza di numerose repliche, induce ad assegnare l'opera ad un anonimo pittore lombardo (a tal proposito cfr. Vezzosi 1983), testimone nella Milano del Cinquecento della fortuna del prototipo leonardesco.
Antonio Iommelli