Presente nella collezione Borghese sin dal XVII secolo, l’opera è attribuita ad Antonio Tempesta negli inventari della collezione dalla fine del XVIII secolo. L’attribuzione al maestro è confermata dalla critica quasi unanimemente, stante la raffinatezza dell’esecuzione e la grande padronanza dimostrata dall’autore nella capacità di sfruttare le venature e le sfumature naturali del supporto da un punto di vista figurativo, integrandole sapientemente nell’ambientazione e nello sfondo di cielo.
lezione Borghese, Inventario 1693, Stanza XI (Della Pergola 1965, n. 534); Inventario 1790, ultima stanza (De Rinaldis 1937, n. 5); Inventario 1812, Stanza V; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, stanza che conduce in giardino, n. 25. Acquisto dello Stato, 1902.
Firmato: ANT ... P / F...TA
La scena dell'adorazione del Bambino, sollevato dalla Madonna, è rappresentata in primo piano, a sinistra della composizione, con san Giuseppe distaccato dalla Madre e dal Figlio; alle spalle della Vergine si avvicinano i Magi, seguiti da un folto e variopinto corteo di paggi, soldati, cavalli e cammelli. Un'enorme nuvola, dorata e luminosa, domina la parte superiore del dipinto, ritagliando su entrambi i lati due squarci di cielo blu, su cui spicca, a sinistra, la stella cometa. La nuvola, che ospita una vivace schiera di serafini e angeli e, in alto, Dio Padre, scende fino a terra a occupare lo spazio dietro la Sacra Famiglia e nasconde in parte le figure del bue e dell'asino.
Nel catalogo della Galleria Borghese (1959, pp. 55-56, n. 81) Paola Della Pergola riferiva che un'Adorazione dei Magi su alabastro era già elencata nel 1615 nell'inventario del patrimonio di Marcantonio Borghese, ma, poiché le misure indicate si discostavano molto da quelle di questo dipinto, ne deduceva trattarsi di un'opera diversa. La prima menzione certa per questo alabastro si legge nell'inventario del 1693, senza riferimento all'autore: «Sotto a detti un quadro alto palmi uno e mezzo in circa di pietra con la Madonna, Bambino et Adorazione dei Maggi con la Gloria Celeste del N.o 336 cornicetta negra. Incerto» (Della Pergola, 1965, p. 207, n. 534). II nome di Antonio Tempesta compare per la prima volta nell'inventario databile al 1790: «L’Adorazione dei Maggi, Tempesta, sopra alabastro», ripetuto in quello di Camillo Borghese del 1812: «Adorazione dei maggi di Antonio Tempesta in Alabastro» (Tarissi de Jacobis 2003, p. 110, n. 9), e infine nell'inventario fidecommissario del 1833 (Mariotti 1893, p. 92, n. 25). Curiosamente, nella guida del 1870 di Barbier de Montault, che riporta quanto indicato nelle didascalie delle opere esposte in palazzo Borghese a Campo Marzio, nella sala VIII, l'alabastro si trova cosi descritto: «16. Thadée Zuccari. Adoration des mages, peinte sur albatre». Tale riferimento non era destinato ad avere alcun seguito e l’attribuzione a Tempesta viene riconfermata nella schedatura di Giovanni Piancastelli (ms. 1888-1891) e nella letteratura successiva (Venturi 1893, p. 219, n. 500; Longhi 1928, p. 223, n. 500; Calabi 1938, p. 517; Della Pergola cit.).
A Luciana Ferrara si deve il rinvenimento della firma di Tempesta sul cofanetto portato dal paggio con il copricapo piumato blu e rosso (S. Staccioli 1971, pp. 34-35, n. 18): si tratta di un'iscrizione formata da alcune lettere maiuscole disposte su due ordini, in parte celate dal braccio del portatore: ANT .. . P / F ...TA, che si potrebbe leggere, integrando le lettere mancanti, ANT. TEMP / FEC. ESTA. Tuttavia, se successivamente l'autografia del pittore fiorentino è stata in linea generale accettata dagli studiosi (Collomb 2006, p. 269, n. 64; Herrmann Fiore 2006, p. 161, n. 500), secondo Johanna Beate Lohff la presenza della firma sull'opera non risolve in maniera definitiva la questione relativa all'individuazione del suo autore (2015, pp. 183-184, n. 1.6). La studiosa confronta l'Adorazione dei Magi Borghese con altri due dipinti su alabastro raffiguranti lo stesso soggetto e riferiti a Tempesta, il primo presso il mercato antiquario (New York, Stanley Moss & Co. Inc., Clinton Corners) e il secondo inserito in un altarolo portatile conservato nel Museo della Cattedrale di Segovia, riscontrando una composizione analoga nei tre esemplari ma, nella versione Borghese, con un minore dinamismo e con figure e animali più schematici e rigidi. Conclude che l'impostazione della scena, la tipologia delle figure e la firma inducono a inquadrare l'Adorazione dei Magi Borghese nella cerchia di Antonio Tempesta ma che forse si tratta dell'opera di un allievo o di bottega.
Diversamente da quanto sostiene Lohff, l'accuratezza con cui sono descritti gli animali e le figure, pur in abiti meno sontuosi rispetto alle versioni di New York e Segovia, le ricche stesure di colore del dipinto Borghese e la studiata composizione suggeriscono la presenza dell'esperta manualità di un maestro, tanto abile da sfruttare la superficie dell'alabastro con le sue venature e sfumature, solo qua e là sottolineate e rafforzate dal colore a olio nelle parti lasciate a vista. La pietra è infatti un'autentica protagonista, tanto quanto i personaggi raffigurati, anzi in alcuni casi suggerisce o determina soluzioni compositive. Si veda, per esempio, come le venature della nuvola, rinforzate solo da minime velature di colore, siano utilizzate dal pittore per posizionare sulla superficie gli angeli e i cherubini. Ancora più incantevole è il modo in cui viene risolta la presenza sull'alabastro di due aree chiare tondeggianti: l'artista le sfrutta come punto di partenza per posizionare la Madonna e il Bambino, interpretandole come il nimbo dietro le loro teste, con una conseguente inversione a specchio delle figure - con la Madonna che dà le spalle al corteo dei Magi - rispetto a quanto eseguito nelle versioni di New York e Segovia.
Una siffatta padronanza nel maneggiare la materia naturale, che presuppone una consumata esperienza nel trattare questo particolare tipo di supporti, non è ascrivibile a un allievo o a un collaboratore di bottega, quanto a un maestro abile come Antonio Tempesta, che lungamente si era applicato nella pittura su pietre di diverso genere, a giudicare dalla frequenza con cui il suo nome ricorre nelle collezioni e negli inventari, compresi quelli Borghese, aldilà dell'effettiva sopravvivenza di tali opere. Non è agevole datare questo tipo di produzione, ma prendendo come riferimento l'Adorazione dei Magi di New York, firmata e forse databile al 1624 (Vannugli 2007, p. 233), composizione più complessa ed elaborata, per l'alabastro Borghese è possibile proporre una datazione tra l'inizio del pontificato di Paolo V e il secondo decennio del Seicento.
Emanuela Settimi