Il dipinto è identificabile con una delle due Adorazioni dei Magi, segnalate in collezione alla metà del Seicento. Riferita genericamente ai Bassano, l’opera è stata definitivamente attribuita a Jacopo con convincenti argomentazioni. Alla sinistra della composizione largo spazio è dato alle figure dei servitori, affaccendati a sistemare i doni: porcellane, ori e argenti posti in evidenza a sinistra. Fa significativamente da sfondo a questa rappresentazione un paesaggio con la veduta della città di Bassano del Grappa. L’opera, di elevata qualità e databile al 1576 circa, è stata riconosciuta, per il suo schema compositivo, come il prototipo di successive elaborazioni di questo tema.
Roma, collezione Borghese, 1650 (Manilli 1650, pp. 88, 113); Inventario 1790, Stanza I, n. 15; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 16. Acquisto dello Stato, 1902.
La questione attributiva dell’opera è complessa. Il dipinto è identificabile con una delle due Adorazioni dei Magi menzionate da Manilli nella Villa di Porta Pinciana nel 1650, una riferita a Jacopo Bassano e l’altra più genericamente ai Bassano. Nell’inventario del 1790 le due versioni sono ancora citate con tali attribuzioni e nell’Inventario Fidecommissario del 1833 quella identificabile con questo quadro compare ancora come opera di Jacopo Bassano. Venturi (1893) manteneva il riferimento al pittore, mentre Longhi (1928) leggeva nella “scintillante” Adorazione dei Magi l’ampio intervento di Francesco Bassano accanto al padre. Arslan (1931 e 1960), seguito da De Rinaldis (1948) e da Della Pergola (1955), ne assegnava l’esecuzione al solo Francesco. Alberton Vinco da Sesso (1986) in un primo momento accoglieva la proposta di Arslan, salvo poi espungere il dipinto dal catalogo di Francesco, assegnandolo alla mano di Jacopo (1992). Ballarin (1988) lo riteneva autografo di Jacopo, datandolo al 1576 circa, mentre per Rearick (1992) si trattava di un’opera di Leandro Bassano eseguita intorno al 1580. Recentemente Donati (2017) lo ha pubblicato con un’attribuzione al solo Jacopo, mentre Corsato (2009-2010) ha posto in evidenza la difficoltà di definire il grado di intervento di uno o dell’altro dei Bassano, propendendo comunque per identificare nel dipinto la mano di Leandro accanto al padre Jacopo. Lo studioso ha rilevato come in opere devozionali di questo tipo erano gli stessi Bassano a ricercare un’omogeneità stilistica, rendendo spesso ardua l’identificazione delle responsabilità dell’uno o dell’altro dei pittori originari di Bassano del Grappa. D’altro canto, l’esistenza di una replica del dipinto già presso la galleria antiquaria Alfonsi di Vicenza (Faggin 1998), ritenuta da Corsato di qualità inferiore, starebbe ad indicare la precedenza dell’Adorazione Borghese, frutto di un’esecuzione più sorvegliata da parte del più esperto Jacopo o del figlio Francesco ormai autonomo.
L’episodio biblico dell’Adorazione dei Magi ben si adattava al linguaggio espressivo dei Bassano, fondato sul realismo e sul carattere narrativo del tema. Si conoscono infatti almeno venticinque repliche, identiche o con varianti, di questo soggetto (cfr. Donati 2017).
Nel quadro si osserva un’armoniosa concatenazione di moti dei vari gruppi di personaggi, da quello dei protagonisti, alle varie comparse del corteo, tra cui animali e servitori trasportanti una varietà di luccicanti suppellettili. Un baluginio luminoso accende di preziosi bagliori oggetti e corpi, mentre a fare da sfondo è un vibrante paesaggio tizianesco dalla condotta pittorica larga e sintetica. Da notare la presenza del pavone, simbolo di rinascita o di risveglio, in relazione al tema raffigurato (cfr. Di Monte 2008).
Elisa Martini