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Anfora di alabastro

Grandjacquet Antonio Guglielmo

(Reugny 1731 - Roma 1801)

Datata da un pagamento al 1783, l’anfora fu eseguita dallo scultore borgognone Guglielmo Antonio Grandjacquet, attivo a Roma nella seconda metà del Settecento come restauratore di antichità e nella produzione manufatti imitanti l'antico, sia in Vaticano che nella cerchia di Giovanni Battista Piranesi.
L’anfora, con piede modanato, ha un corpo ovoide con basso collo, due alte anse simmetriche e un coperchio semisferico con alla sommità un pomolo a punta. Poggia su uno zoccolo in porfido di epoca successiva.
Grandjacquet ha saputo qui sfruttare la decoratività delle macchie naturali della pietra, grazie alle quali ha evidenziato il centro del corpo e accompagnato la curvatura esterna dell’anfora. Furono proprio queste capacità creative e l’abilità nella lavorazione dei marmi che guadagnarono allo scultore la stima del principe Marcantonio Borghese e dell’architetto Antonio Asprucci, che gli affidarono diversi incarichi nella Villa Pinciana.

Scheda tecnica

Inventario
CLXXIII
Posizione
Datazione
1783
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
alabastro fiorito
Misure
84 x 42 cm
Provenienza
Principe Marcantonio IV Borghese, 1783; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C, p. 50, n. 127. Acquisto dello Stato, 1902.
Mostre
  • 2011-2012 Roma, Galleria Borghese

Scheda

L’anfora ha un piede modanato, un corpo ovoide con basso collo, e due alte anse simmetriche. Il coperchio è semisferico con alla sommità un pomolo a punta. Lo zoccolo in porfido su cui poggia è un’aggiunta posteriore. Essa risulta collocata nella nicchia rettangolare retrostante l’Ermafrodito già nel 1796 (Lamberti, Visconti 1796, II, p. 38). Un documento conservato nell’Archivio Borghese, relativo a un compenso di 40 scudi per "un vaso d’alabastro moderno, fatto all’uso antico, e vuoto dentro" (Di Tomassi 2011, p. 310), ne colloca l'esecuzione al 1783. Per la forma Guglielmo Antonio Grandjacquet potrebbe essersi ispirato a due urne cinerarie conservate nel Museo Pio-Clementino (Faldi 1954, p. 56 n. 53), dove risulta attivo a metà degli anni Settanta nel restauro di antichità e nella produzione manufatti imitanti l'antico (Carloni 2002, pp. 518-519). L’anfora colpisce per la maestria della lavorazione, l’abilità nello sfruttare le macchie naturali della pietra, collocandole in modo da evidenziarne il centro del corpo e accompagnarne la curvatura esterna, sottolineandone l'armoniosa conformazione ovale. Si tratta di alabastro fiorito, un materiale ben noto ai Romani che lo estraevano sin dall’età repubblicana da Hierapolis, l'odierna Pammukkale in Turchia, per utilizzarlo per incrostazioni marmoree parietali e pavimentali, fusti di colonne e oggetti di statuaria (Marchei 1997, p. 142). L’attività di restauratore di antichità, svolta anche per conto di Giovanni Battista Piranesi – insieme con gli scultori Francesco Antonio Franzoni e Lorenzo Cardelli –, consentì a Grandjacquet di sperimentare la lavorazione di marmi di diversa grana e durezza, sviluppando notevoli capacità creative (Carloni 2002, p. 519). Tali caratteristiche attrassero nella sua clientela molti viaggiatori del grand tour e gli guadagnarono l'apprezzamento da parte dell'aristocrazia romana, in particolare del principe Marcantonio Borghese, per il quale eseguì nella Villa Pinciana anche il vaso ora in sala II (inv. CXXXII) e alcune opere per la sala egizia, tra cui la celebre Iside in basalto e alabastro, venduta a Napoleone nel 1807 e oggi conservata al Louvre.       

Sonja Felici




Bibliografia
  • L. Lamberti, E.Q.Visconti, Sculture del palazzo della Villa Borghese detta Pinciana, Roma 1796, II, p. 38.
  • A. Nibby, Monumenti scelti della Villa Borghese, Roma 1832, p. 100.
  • A. Nibby, Roma nell’anno MDCCCXXXVIII. Parte seconda moderna, Roma 1841, p. 921.
  • Beschreibung der Stadt Rom, a cura di E.Z. Platner, III, 3, Stuttgart-Tübingen 1842, p. 250.
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 36.
  • A. De Rinaldis, La R. Galleria Borghese in Roma, Roma 1935, p. 14.
  • A. De Rinaldis, Arte decorativa nella Galleria Borghese, in “Rassegna della istruzione artistica”, 10-12, 1935, p. 316.
  • A. De Rinaldis, Catalogo della Galleria Borghese in Roma, Roma 1948, p. 26.
  • P. Della Pergola, La Galleria Borghese in Roma, Roma 1951, p. 16.
  • I. Faldi, Galleria Borghese. Le sculture dal sec. XVI al XIX, Roma 1954, p. 56.
  • M.C. Marchei, Alabastro fiorito, in Marmi antichi, a cura di G. Borghini, Roma 1997, pp. 142-143, fig. 5e.
  • P. Moreno, C. Stefani, Galleria Borghese, Milano 2000, p. 145.
  • R. Carloni, Grandjacquet Guillaume-Antoine, in Dizionario Biografico degli Italiani, 58, Roma 2002, pp. 518-521.
  • M. Minozzi, Biografie degli artisti della decorazione settecentesca, in Villa Borghese, Milano 2002, pp. 177-185, in part. p. 180.
  • C. Di Tomassi, scheda in I Borghese e l’antico, catalogo della mostra (Roma, Galleria Borghese, 2011-2012), a cura di A. Coliva, M.-L. Fabréga-Dubert, J.-L. Martinez, M. Minozzi, Milano 2011, pp. 310-311, cat. 34.
  • Scheda di catalogo 12/01008629, Castiglioni F., 1980; aggiornamento Felici S. 2020.