Elegante anfora poggiante su un alto piede, con un corpo ovoide stretto e slanciato e anse rettilinee; le forme allungate dell’anfora sono sottolineate dalle macchie sottili, simili a venature, della breccia di Sciro, con la quale è stata eseguita.
Si tratta di un manufatto realizzato probabilmente nell’ultimo quarto del Settecento, nell’ambito della ristrutturazione della Villa Pinciana a opera dell’architetto Antonio Asprucci.
Poggiante su un basso plinto quadrangolare e su un alto piede modanato a base circolare, l’anfora ha si caratterizza per il corpo ovoidale piuttosto allungato. Dal collo si dipartono le anse simmetriche, ad angolo retto, che scendono verticalmente ad incontrare il corpo del vaso nel punto di maggiore sporgenza. Il coperchio semisferico ha una presa a bocciolo.
Ricordata dal Venturi nella sala XV senza indicazione dell’autore (1893, p. 71) e da Della Pergola come opera del XVII secolo nella loggia del primo piano (1951, p. 38), è ritenuta da Faldi riconducibile stilisticamente alla fine del XVIII secolo. Lo studioso ne ipotizza – plausibilmente – l’esecuzione in occasione dei lavori di rinnovamento condotti da Antonio Asprucci (Faldi 1954, p. 21, cat. 20); non condivisibile è invece l’identificazione col n. 127 della sezione C dell’Inventario Fidecommissario del 1833 (“un vaso di alabastro orientale e due vasetti di breccia con zoccoletti di marmo bianco”), dove l’anfora non è citata, mentre d’altra parte non è convincente il suo riconoscimento in uno dei due vasetti della coppia.
Il materiale utilizzato per l’esecuzione di questo manufatto è la breccia di Sciro o di Settebassi, una pietra dal fondo rosso violaceo, con macchie in prevalenza di colore bianco e di forma allungata; le due diverse denominazioni con cui è nota derivano dall'Isola di Sciro, luogo in cui viene estratta, e dalla villa di Settimio Basso, o dei Sette Bassi, dove ne sono stati rinvenuti numerosi frammenti (Marchei 1997, p. 192, cat. 46).
Sonja Felici