Eseguita in alabastro giallo listato, un particolare taglio dell’alabastro fiorito teso a valorizzare le venature della pietra, la tazza ha il corpo liscio e dalla concavità accentuata e l’orlo decorato soltanto con una scanalatura che ne percorre tutto il perimetro.
Il manufatto risulta essere stato acquistato nel 1781 da Antonio Asprucci, per conto di Marcantonio Borghese, presso l’antiquario Giuseppe Rega ed esposto fino alla metà circa dell’Ottocento come pendant della tazza in rosso antico, con manici annodati, di Lorenzo Cardelli.
La tazza, poggiante su un basso piede circolare modanato, ha la coppa liscia dalla curvatura accentuata. L’orlo, sottile ed estroflesso, è percorso da una scanalatura continua.
Il materiale utilizzato nella sua esecuzione è l’alabastro giallo listato, un particolare taglio dell’alabastro fiorito estratto in modo da valorizzare la presenza delle listature sul fondo giallo intenso (Marchei 1997, pp. 142-145, cat. 5).
Dalla contabilità della famiglia Borghese la tazza risulta acquistata nel 1781 da Antonio Asprucci per conto di Marcantonio Borghese presso l'antiquario Giuseppe Rega per 24 scudi (Faldi, 1954, p. 21, docc. I-II). Il Faldi affermava di non aver chiaro se egli, oltre ad averla venduta, ne fosse anche autore. Da fonti ottocentesche sappiamo che Giuseppe Rega, antiquario di origine napoletana, risulta attivo dal 1776 al 1788 a Roma, nel commercio di antichità (Ravizza 1834, p. 44). Non sembra del tutto da escludere che la tazza, che per la sottigliezza dello spessore e l’orlo scanalato si differenzia in maniera evidente dagli altri manufatti simili prodotti sullo scorcio del Settecento, possa essere antica.
La tazza risulta citata per la prima volta nella Villa Pinciana da Lamberti e Visconti come collocata in sala VIII (II, p. 86), posta su un tavolo a pendant della tazza in rosso antico di Lorenzo Cardelli (inv. CCXXI). Nibby nel 1832 (p. 94) la descrive nella galleria, posta su un tavolo ancora a pendant della tazza in rosso antico. Nel 1873 era nella sala IV (Indicazione, I, p. 20) e nel 1893 nella sala II (Venturi, p. 27). Dal 1951 risulta collocata in sala IX (Della Pergola, p. 25). Sulla superficie sono chiaramente visibili i segni di una caduta avvenuta nel 1952, cui posero rimedio i restauratori dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
Sonja Felici