Il manufatto, eseguito in breccia corallina, riproduce le forme di un’antica patera, la tazza usata per sorbire bevande durante le cerimonie rituali. Caratterizzata dalla mancanza di manici, essa veniva sostenuta nel palmo della mano con l’ausilio di una cavità ricavata sotto il fondo, cui corrispondeva dall’altro lato una protuberanza, ben visibile in questa riproduzione.
L’esecuzione della tazza è da collocarsi nell’ultimo quarto del XVIII secolo, in occasione del rinnovamento della Villa Pinciana diretto dall’architetto Antonio Asprucci, datazione confermata dalla prima citazione da parte di Luigi Lamberti ed Ennio Quirino Visconti nel 1796. Ne rimane ignoto al momento l’autore.
Bassa tazza poggiante su piede modanato. L’orlo, estroflesso e terminante a listello, è percorso all’interno da una scanalatura. Nel fondo è visibile il rialzo convesso, corrispondente alla cavità sottostante che qualifica il manufatto come la riproduzione di una patera. Si trattava di coppe poco profonde e prive di manici il cui uso è documentato nell’antichità per offrire bevande durante i sacrifici rituali. La presenza della concavità sottostante, nella quale venivano introdotte le dita della mano, ne consentiva una presa salda.
Si tratta di un'opera del tardo XVIII secolo, eseguita in occasione dei lavori di rinnovamento della Villa Pinciana condotti da Antonio Asprucci su incarico di Marcantonio IV Borghese. Non è ancora stato possibile individuarne l’autore tra i numerosi artigiani e scultori specializzati nella lavorazione di marmi pregiati che gravitavano nel cantiere.
Il materiale usato per eseguirla è la breccia corallina, una pietra ornamentale caratterizzata da un fondo di colore rossastro, contenente macchie bianche, gialle o rosa, di forma spigolosa e di diverse dimensioni, introdotta a Roma dall’Asia Minore in età imperiale e usata prevalentemente nella realizzazione di colonne e bacini (Sironi 1987, p. 166).
Documentata nel 1796 nella sala I della Villa Pinciana su un tavolo di pietre dure, dove aveva come pendant un altro catino di granitello orientale (inv. CCVIII; Lamberti, Visconti, I, p. 34), dal 1893 risulta esposta nella sala Egizia (Venturi, p. 44).
Sonja Felici