L’ara, quadrangolare, conserva una modanatura aggettante nelle estremità superiore e inferiore. Nella faccia frontale è rappresentata la figura di un cervo rampante con le zampe anteriori alzate; in quella posteriore un cane nella medesima posizione. Nei fianchi sono raffigurati un corvo, a sinistra e una lira a otto corde, a destra.
I soggetti iconografici rappresentati richiamano i culti di Artemide, dea della caccia e di Apollo, suonatore di lira.
La scultura è ricordata nella sala II della Villa Borghese dal Nibby, nel 1832, a sostegno di una piccola statua di Artemide e quindi, nel 1841, del ritratto dell’Ercole effeminato. Tale statua, venduta nel 1893 a Carl Jacobsen per la Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen viene sostituita dal ritratto di Alessandro (inv. VIIC), tuttora presente sull’ara.
Collezione Borghese, citata per la prima volta nel 1828 in una lettera di Evasio Gozzani al principe Camillo; nella Villa, nella sala II dal Nibby (1832, p. 79); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 46, n. 72. Acquisto dello Stato, 1902.
L’ara, quadrangolare, presenta una modanatura composta, nella parte superiore, da un listello, una gola dritta, e un secondo listello; in quella inferiore da una gola rovescia, un tondino e un alto basamento. I fianchi sono decorati, in rilievo, dalla figura di un corvo, a sinistra, e una lira a otto corde, a destra. L’uccello, volto di profilo verso destra con il capo rialzato, trattiene nel becco una bacca e poggia con le zampe a terra. Lo strumento è composto da due bracci verticali incurvati formati da rami con piccoli riccioli, una traversa orizzontale e nella parte inferiore, sotto il ponticello, corde sciolte e arricciate.
Sulla faccia principale anteriore è la figura di un cervo, rampante, rivolto verso destra e con le zampe posteriori poggiate su una roccia sporgente dal fondo. Su quella posteriore un cane nella medesima posizione: l’animale si distingue per la resa veristica della costituzione anatomica, in cui è sottolineata la struttura ossea della testa e del torace, con costole in evidenza. Al collo è presente un collare puntinato.
I motivi raffigurati rientrano nel repertorio iconografico greco-romano e permettono di individuare nel cane e nel cervo un richiamo al culto della dea Artemide, nella sua accezione di Potnia Theron, “regina degli animali selvatici". In particolare, la tensione degli animali, raffigurati in corsa nell’atto di slanciarsi, suggerisce un richiamo con le caccie sacre alla dea. Callimaco, nel suo Inno ad Artemide, scrive: “Ritornando di lì (e dietro di te si slanciarono i cani) trovasti alle falde del monte Parrasio delle cerve saltellanti, gran cosa: sulle sponde pascolavano sempre dell'Anauro dai ciottoli neri, più grandi di tori, e le corna splendevano d'oro. Subito ti prese stupore e dicesti all'animo tuo; "Questa sarebbe per Artemide degna preda iniziale!” (vv. 98-112).
Una rappresentazione analoga con l’accostamento dei due soggetti si ritrova in due altari del Museo Nazionale Romano. Nel primo, datato al I secolo d.C., gli animali sono raffigurati in riposo; nel secondo, proveniente dalla via Ardeatina, sono in caccia affiancati da Artemide stessa (Manodori 1981, pp. 299-300; Lombardi 1981, pp. 342-343). La lira, del fianco destro, richiama la figura del dio Apollo come si ritrova ricordato dallo stesso Callimaco: “D'oro Apollo ha la veste e la spilla, la lira e l'arco di Litto e la faretra, d'oro anche i sandali” (Inno ad Apollo, vv. 34-36). Riguardo alla figura del corvo, infine, l’impiego del motivo degli uccelli è frequente all’interno della decorazione delle urne di età romana, soprattutto nei prodotti della prima età imperiale (Sinn 1987).
La decorazione figurata della scultura non permette, tuttavia, di avanzare ipotesi circa la destinazione originaria del monumento, che si può solamente ipotizzare potesse essere funeraria o celebrativa.
La scultura è ricordata in una missiva del ministro Evasio Gozzani al Principe Camillo Borghese del 1828 tra le opere assegnate allo scultore Antonio D’Este per essere restaurate (Moreno, Sforzini 1987, p. 360). Il Nibby la menziona nel 1832, nella sala II della Villa Borghese, a sostegno di una “statuina succinta” di Artemide, attualmente posta nella sala III, inv. CXXIII (Nibby 1832, p. 79, n. 6). Nel 1841 la piccola statua è sostituita dal ritratto di Ercole effeminato proveniente dalla Villa Aldobrandini sul Quirinale che tuttavia viene acquistato tramite asta, nel 1893, da Carl Jacobsen per la Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen (Moletesen 1987, pp. 198-199). Attualmente l’ara, nella medesima sala II, sostiene il ritratto di Alessandro (inv. VIIC).
Il rilievo delle raffigurazioni è piuttosto appiattito anche se i particolari, ad esempio il piumaggio del corvo e la tensione muscolare degli animali, sono dati con puntigliosa precisione. Tale lavorazione induce a proporre una datazione della scultura al I secolo d.C.
Giulia Ciccarello