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Ara sepolcrale di Antistia Trifena

Arte romana


L’ara sepolcrale, di cui si conserva solo la lastra anteriore inclusa in un dado moderno, è ricordata nel 1603 presso l’Arco di Gallieno sull’Esquilino. Nella Villa Borghese è citata dal 1832, nella sistemazione odierna. Il monumento funerario, commissionato da Tito Aurelio Trifone, doveva ospitare diversi membri liberti consanguinei.

La scultura è inquadrabile cronologicamente tra il I e il II d.C.


Scheda tecnica

Inventario
Ca
Posizione
Datazione
I-II secolo d.C.
Tipologia
Materia / Tecnica
marmo di Luni
Misure
altezza cm 56; larghezza cm 66; profondità cm 57; altezza lettere cm 2,8
Provenienza

Proveniente probabilmente dalla zona dell’Arco di Gallieno sull’Esquilino (Gruter 1603, p. DCLXVIII, n. 11); Collezione Borghese, citata per la prima volta dal Nibby nella sala II (1832, pp. 78-79, n. 6). Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 46, n. 71. Acquisto dello Stato, 1902.

Conservazione e Diagnostica
  • 1963 Tito Minguzzi
  • 1996-97 Liana Persichelli

Scheda

La lastra antica, inserita in un parallelepipedo moderno e incorniciata da una modanatura, riporta l’iscrizione funeraria, su otto righe:

DIS MANIB(US)

T(ITUS) AURELIUS TRYPHO(N)

F(ILIUS) PIENTISSIMAE ANTISTIAE

TRYPHAENAE FECIT ET SIBI ET

T(ITO) ANTISTIO COSMO NEPOTI

SUO ET LIBERTIS LIBERTABUSQ(UE)

SUIS POSTERISQUE EORUM

H(OC) M(ONUMENTUM) IN F(RONTE) P(EDES) X IN A(GRO) P(EDES) X

L’ara indicava la sepoltura di un gruppo di liberti consanguinei: il committente Tito Aurelio Trifone, Antistia Trifena, il nipote Tito Antistio Cosmo, i loro liberti e i discendenti. L’ultima riga è racchiusa tra due foglie di edera di piccole dimensioni, le hederae distinguentes, elementi di separazione tra le parole incise e motivi ornamentali dal valore apotropaico e augurale.

Il Gruter nel 1603 la menziona presso l’arco di Gallieno sull’Esquilino, “prope Arcum S. Viti” (1603, p. DCLXVIII, n. 11). Il Nibby la ricorda, nel 1832, nella Villa Borghese a sostegno di una statua di Venere nella sua attuale collocazione, la sala II. Riguardo l’iscrizione, l’autore riferisce il termine filius ad Aurelio e nota che Trifon e Trifena hanno lo stesso nome ma due cognomina diversi, per cui sembrerebbero da considerare figlio e madre. L'uno appartiene alla famiglia degli Aureli, l'altra alla famiglia degli Antisti (1832, pp. 78-79, n. 6). La Krawczyk, nel 2017, ritiene invece che si tratti di un’epigrafe mancante del nome della madre e provvista solo del nome del padre e della figlia (Krawczyk 2017, p. 125). La scultura sembra potersi ascrivere tra il I e il II secolo d.C.

Giulia Ciccarello




Bibliografia
  • J. Gruter, Inscriptiones antiquae totius orbis Romani, in corpus absolutiss. Redactae, 1603, p. DCLXVIII, n. 11.
  • A. Nibby, Monumenti scelti della Villa Borghese, Roma 1832, pp. 78-79, n. 6.
  • Corpus Inscriptionum Latinarum VI, I, 1876, n. 13260.
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 27.
  • P. Della Pergola, La Galleria Borghese in Roma, (3° Edizione) Roma 1954, p. 10.
  • R. Calza, Catalogo del Gabinetto fotografico Nazionale, Galleria Borghese, Collezione degli oggetti antichi, Roma 1957, p. 19, n. 223.
  • P. Moreno, C. Stefani, Galleria Borghese, Milano 2000, p. 100, n. 26b.
  • P. Moreno, A. Viacava, I marmi antichi della Galleria Borghese. La collezione archeologica di Camillo e Francesco Borghese, Roma 2003, p. 182, n. 161.
  • M. Krawczyk, Paternal onomastical legacy vs. illegitimacy in Roman epitaphs, in Tell me who you are: labelling status in the graeco-roman world, in “U Schylku Starozytnsci. Studia Źródłoznawcze”, 16, 2017, pp. 107-128, in part. 125.
  • Scheda di catalogo 12/0147833, P. Moreno 1975; aggiornamento G. Ciccarello 2020.