L’ara è ricordata nel 1700 dal Montelatici nei magazzini della Villa Borghese, dove rimane custodita fino al 1832 quando risulta menzionata nella sua attuale collocazione nel Portico.
La scultura quadrangolare presenta un’articolata modanatura nelle estremità superiore e inferiore; sui fianchi sono raffigurati gli utensili dei sacrifici rituali, una patera e una piccola brocca. La faccia anteriore riporta l’iscrizione dedicata alla Fortuna Salutare, venerata presso i Romani come divinità tutelare del destino degli uomini.
La scultura è databile indicativamente tra il I e il II secolo d.C.
Collezione Borghese, citata per la prima volta da Montelatici nelle “stanze sotterranee” (1700, p. 309). Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 42, n. 13. Acquisto dello Stato, 1902.
FORTUNAE
SALUTARI
SACRUM
L’ara, di forma quadrangolare, presenta un basamento composto inferiormente da uno zoccolo articolato in un listello, una gola rovescia, un tondino e una fascia lavorata grossolanamente a gradina. La modanatura del coronamento è costituita da un listello, sotto il quale è presente una gola dritta seguita da un listello e da un cavetto, distinto inferiormente da un gradino. Sul lato anteriore il campo epigrafico è incorniciato a partire dall’esterno da un listello, da una gola rovescia e da un gradino. L’iscrizione funeraria su tre righe è dedicata alla personificazione della Fortuna:
FORTUNAE
SALUTARI
SACRUM
Sui fianchi destro e sinistro si conservano rispettivamente la patera, una tazza per le libagioni, e un urceus, una piccola brocca.
L’ara è ricordata dal Montelatici nel 1700 nelle “Stanze sotterranee” (p. 309). Nell’Inventario del 1762 è indicata a sostegno di una “Fortuna a sedere senza braccie” (pp. 207-208). Il Nibby nel 1832 la cita, per primo, esposta nel Portico della Villa Borghese (pp. 10-11). Sino al 1873 sosteneva la statua di Mercurio seduto con accanto una tartaruga mentre nel 1893 il Venturi vi menziona sopra il frammento di una statua di Apollo (Indicazione 1854 (1873), p. 5 n. 2; Venturi 1893, p. 9). Particolarmente diffuso presso i Romani era il culto della dea Fortuna, la quale era venerata come personificazione della forza che guida e determina la sorte degli uomini, distribuendo felicità, benessere e ricchezza. Il Nibby ricorda un’orazione di Plutarco, “De Fortuna Romanorum”, dedicata proprio a tale dea (pp. 10-11). La scultura si può indicativamente inquadrare tra il primo e il secondo secolo d.C.
Giulia Ciccarello