L’ara è ricordata nel Salone della Villa Borghese dal Nibby 1832 a sostegno di una statua di Tiberio da identificare probabilmente con l’attuale statua di Claudio quale Giove, ancora presente.
La scultura, quadrangolare, presenta un’articolata modanatura nella zona superiore e inferiore. Nei lati lunghi, destro e sinistro, sono raffigurati i tipici simboli rituali, una patera, vassoio per libagioni, e un urceus, una piccola brocca. Sul lato anteriore, in un riquadro incassato, è presente la defunta semidistesa su una kline, un letto ligneo, affiancata da due piccoli inservienti.
Le raffigurazioni di convito a carattere privato si diffondono sui monumenti funebri soprattutto dal I secolo d.C., come simboli di ostentazione e autocelebrazione personale.
Le pettinature della donna e dei due fanciulli inducono a inquadrare l’ara all’età flavia, alla fine del I secolo d.C.
Collezione Borghese, citata per la prima volta nel Salone della Villa nel 1832 dal Nibby (p. 43, n. 7); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 42, n. 15. Acquisto dello Stato, 1902.
L’ara, di forma quadrangolare, presenta un’articolata modanatura composta nella parte superiore dall’alternanza di quattro listelli e altrettante gole rovesce; nella parte inferiore da un listello, una gola rovescia, un secondo listello, una fascia liscia e un’ultima gola rovescia. Le facce laterali sono decorate in rilievo dai tipici simboli rituali, una patera, un vassoio per le libagioni, sul lato destro e un urceus, una piccola brocca, su quello sinistro. Il resto della superficie risulta liscio, privo di decorazione. Nella zona superiore della faccia anteriore è presente un’edicola incassata, naiskos, con la raffigurazione della defunta su una kline ad alto rilievo. Si tratta di un lectus ligneo dotato di spalliera nel lato posteriore lungo, pluteus, e in quelli corti, fulcra. Nel lato anteriore è visibile il materasso, torus, sul quale è adagiato il capezzale, in parte schiacciato dal peso del corpo della donna.
La figura femminile recumbente si sostiene sul braccio sinistro piegato, mentre il braccio destro è steso lungo il corpo, leggermente flesso e con la mano sul ventre. La mano sinistra poggia con la palma e tre dita, pollice, indice e mignolo, sul letto; le altre due dita sono piegate. La gamba sinistra, interamente celata dalla veste che lascia scoperto solo il piede, è flessa e aderisce al materasso; quella destra è sollevata e poggia sulla prima. La donna indossa un chitone e himation, il quale copre il resto del corpo e risalendo sulla spalla sinistra copre il relativo braccio. Le pieghe della veste, che segue le forme del torace e del seno, sono poco marcate e profonde, più visibili nella parte inferiore, sulle gambe. Il capo, rivolto leggermente verso il basso e a sinistra, mostra un ovale pieno. Gli occhi sono allungati e con palpebre fortemente incise, sormontati da sopracciglia arcuate; il naso, ben marcato, si allarga nella parte terminale; la bocca è piccola e chiusa, con margini poco delineati e labbra carnose. Sul capo è una ricca acconciatura aderente alla calotta cranica raccolta sulla fronte in un diadema di riccioli sovrapposti e profondamente incavati dal trapano che contornano il volto.
Dietro la donna, nei lati corti, sono presenti due figure infantili di profilo con indosso una tunichetta di stoffa grezza lunga fino ai piedi, che lascia scoperte le braccia. Nella figura di sinistra esse si conservano sino al gomito ma le tracce lasciate sullo sfondo sembrano supporre che fossero sollevate in avanti nell’atto di porgere qualcosa alla donna. La figura di destra invece si adagia con le mani sul fulcrum per sistemare il capezzale. I volti sono paffuti e i capelli, lunghi sino alle spalle, divisi in riccioli ben evidenziati dall’uso del trapano. Nel fanciullo di sinistra il volto è contornato da una frangia piatta che lascia scoperte le orecchie; in quello di destra la fronte è incorniciata da una pettinatura a diadema con piccoli boccoli stretti e fitti particolarmente sviluppati in altezza e in volume. Ai piedi del letto sono raffigurate le scarpe sottili e a punta della donna, i socci.
L’ara è da inquadrare nella produzione di monumenti funerari caratterizzati da immagini di convivio, che si diffonde nel I secolo d.C. La Ghedini ritiene che lo schema iconografico di tali scene sia da ricercare in archetipi greci e orientali nei quali il defunto, eroizzato, è disteso accanto alla moglie o ai servitori. Già nel I secolo a.C. e, successivamente, nel I d.C., a Roma, con l’instaurazione del nuovo regime imperiale, il convito arriva ad esprimere i desideri di ostentazione di ricchezza e di liberalità soprattutto da parte dei nuovi ricchi, in particolare la principale ambizione espressa dai sepolcri dei ceti emergenti diviene l’autorappresentazione e la celebrazione dei propri meriti e benefici (Ghedini 1990, pp. 35-62). Una raffigurazione analoga si ritrova riprodotta sul timpano di un’ara conservata al Museo Archeologico di Torino (1941, pp. 86-86, figg. 15).
La scultura Borghese è ricordata nel Salone, sua attuale collocazione, dal Nibby nel 1832 a sostegno di una statua di Tiberio, da identificare nella statua di Claudio quale Giove, ancora presente sull’ara (pp. 46-49, n. 9).
La critica è concorde nell’inquadrare la scultura Borghese all’età flavia, alla fine del I secolo d.C.
Giulia Ciccarello