La scultura raffigura una donna semisdraiata su una roccia, di restauro, con indosso un chitone stretto al seno e un himation, il mantello. Si tratta, probabilmente del frammento di un coperchio di un sarcofago a Kline, monumento funebre diffuso in ambito romano tra il I e il III secolo d.C. L’opera appare notevolmente rimaneggiata in varie parti, tra cui il Kline, il letto, sostituito da una roccia.
Intorno al 1680 è presente nell’elenco delle sculture della Villa Montalto Peretti sul Viminale come decorazione di una fontana; alla fine del Settecento appare in un disegno del Percier posta nel Recinto del Lago della Villa Borghese, addossata al muro in corrispondenza della Grotta dei Leoni. In ultimo il Nibby la ricorda nella sua odierna sistemazione nella sala VI, nel 1832.
I notevoli interventi di restauro rendono difficile una puntuale disamina della scultura che sembra potersi inquadrare tra il II e il III sec d.C. in base alle osservazioni stilistiche.
Proveniente dalla Villa Montalto Peretti sul Viminale, ivi presente ante 1680 (Barberini 1991, p. 39); Collezione Borghese, raffigurata per la prima volta nel Recinto del Lago della Villa Borghese, addossata al muro in corrispondenza della Grotta dei Leoni, in un disegno del Percier, fine del XVIII secolo (Di Gaddo 1997, p. 118); menzionata nella sala VI della Villa nel 1832 dal Nibby (p. 110, n. 2.); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 51, n. 144. Acquisto dello Stato, 1902.
Intorno al 1680 la scultura è presente nel giardino della Villa Montalto Peretti sul Viminale come testimoniato nel Fondo Cardelli in Vaticano: “Alla fontana G sopra il mascarone che getta. Un coperchio di pilo con una figura di donna che giace e sta col viso appoggiato alla mano et col gomito sopra un coscino di basso rilieuo, è longo p.mi 9 largo 3 alto 2” (Inventario delle Statue, suppellettili ed altro esistenti nel Palazzo Peretti alle Terme, ASC, Fondo Cardarelli, n. 91, fol. 42: Barberini 1991, p. 39). Alla fine del Settecento compare nel Recinto del Lago della Villa Borghese, addossata al muro in corrispondenza della Grotta dei Leoni, come testimoniato in un disegno del Percier (Di Gaddo 1997, p. 118). La Kalveram avanza, invece, l’ipotesi che la scultura si possa identificare con la “Statua giacente di una Donna” posta sopra un “pilo grande di marmo, dove si vede scolpita in basso rilievo la caduta di Fetonte”, descritta nel 1650 dal Manilli dinnanzi al Casino nel Giardino della Villa (Manilli 1650, p.170; Kalveram 1995, p. 268, n. 261). Nel 1832 è, infine, ricordata dal Nibby nella sua attuale collocazione, la sala VI (p. 110, n. 2).
La defunta, recumbente, doveva essere poggiata sul coperchio di un sarcofago a kline sostituito da una roccia di restauro. La figura femminile si sostiene sul braccio sinistro piegato, mentre il braccio destro è steso lungo il corpo, leggermente flesso e con la mano sul ventre tiene tre bulbi di papaveri. La mano sinistra sorregge delicatamente la testa, discostando i lunghi capelli. La gamba sinistra, interamente celata dalla veste è flessa e aderisce al materasso; quella destra è sollevata e poggia sulla prima con il piede scoperto. La donna indossa un chitone altocinto e himation, il quale copre il resto del corpo e, risalendo sulla spalla sinistra, il relativo braccio. Le pieghe della veste, aderente alle forme del torace e del seno, sono marcate e profonde, ricche di sfumature chiaroscurali. Il capo, dalle forme piene, è rivolto leggermente verso l’alto e a destra. Gli occhi sono allungati in un’espressione di beatitudine. Il naso è ben marcato e la bocca, piccola e chiusa, accenna un lieve sorriso. Sul capo i capelli, ordinati da una scriminatura centrale, sono lunghi e folti con ciocche mosse che arrivano ad adagiarsi sulle spalle. La sommità è decorata da un diadema di due file di perline. La scultura presenta notevoli interventi di restauro: sono moderni la roccia su cui è distesa la defunta, la parte posteriore della figura per uno spessore di cm 14 - che il Moreno interpreta come dovuto a una abrasione di una seconda figura posta probabilmente dietro la donna -, il lembo terminale del chitone con i piedi, il panneggio che cade davanti alla roccia, l’avambraccio destro con la mano e i papaveri, il braccio sinistro e parte del torace. Del tutto moderna è ritenuta la testa (Calza 1957, p. 17, n. 199).
Il Wrede nel 1981 effettua uno studio sulle sculture funerarie femminili distese, impiegate a partire dal XVI secolo nel grotte delle fontane come ninfe primaverili. Riguardo l’opera Borghese, l’autore ritiene gli imponenti interventi di restauro una manipolazione effettuata per l’adattamento alla nuova destinazione. Propone, inoltre, una datazione all’epoca degli Antonini in base alla lavorazione della veste, caratterizzata da pieghe semplificate, dritte o arcuate sopra le gambe, e pieghe a U altrettanto schematizzate della zona dell'ombelico (1981, pp. 86-131, in part. pp. 93, 96, fig. 11).
I monumenti funerari a kline, i cui precedenti vanno rintracciati nell'ambito etrusco, si diffondono in ambiente romano soprattutto tra l’età flavia e la metà del II secolo d.C. ma perdurano sporadicamente fino al III sec. come forma di commemorazione ed eroizzazione del defunto. Un confronto particolarmente pertinente per l’opera Borghese si individua con una scultura di soggetto analogo conservata al Museo Nazionale Romano alle Terme, nella quale però la figura muliebre è affiancata da un piccolo Erote (Dayan 1981, pp. 163-164).
Gli importanti interventi di restauro hanno compromesso l’originaria lettura dell’opera che si può inquadrare, in base ad osservazioni stilistico-iconografiche, tra il II e III secolo d.C.
Giulia Ciccarello