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Ara sepolcrale di Flavia Dafne

Arte romana


L’ara, parallelepipeda, presenta una ricca decorazione con teste di arieti nei quattro angoli che sorreggono con le corna dei festoni di foglie e frutti, nella faccia frontale e di foglie di alloro, in quelle laterali. Al di sotto delle protomi ovine sono delle aquile con le ali spiegate e le zampe poggiate su piccole mensoline sporgenti. Sulla fronte è la tabula inscritta sotto la quale è raffigurata una testa di Gorgone con due aquile ai lati; al di sotto del festone sono presenti due galli affrontati. Nei lati corti, in rilievo, sono i simboli rituali, la patera, un vassoio per le libagioni e l’urceus, una piccola brocca; sotto la ghirlanda, un piccolo delfino.

Il monumento funerario è dedicato dal liberto imperiale, Tito Flavio Crescente, per la sorella Flavia Dafne. Il cognomen Flavius induce a supporre un legame, dei due liberti, con la dinastia Flavia, periodo nel quale sembra potersi inquadrare l’ara Borghese.

La scultura proviene dalla Villa di Mondragone a Frascati, dove è testimoniata nel 1742; nella Villa Borghese a Roma è ricordata nel 1832, nella sua attuale sistemazione nel Salone.


Scheda tecnica

Inventario
XLIa
Posizione
Datazione
seconda metà I secolo d.C.
Tipologia
Materia / Tecnica
marmo di Luni
Misure
altezza cm 102; larghezza cm 83; profondità cm 62; altezza lettere cm 35-43
Provenienza

Proveniente dal territorio di Frascati (Mémoires pour l'histoire des sciences et des beaux-arts 1726, p. 1538); Collezione Borghese, citata per la prima volta nella Villa di Mondragone nel 1742 (Volpi 1742, p. 144); menzionata nella Villa di Roma dal Nibby nel 1832, nel Salone (pp. 43-45, n. 8); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 42, n. 17. Acquisto dello Stato, 1902.

Iscrizioni

Nella faccia frontale:

DIS MANIBUS

FLAVIAE AUG(USTI) L(IBERTAE)

DAPHNE

CRESCENS AUG(USTI) L(IBERTUS)

A RATIONIBUS

SORORI.

Conservazione e Diagnostica
  • 1994-95 Paola Mastropasqua

Scheda

Nel 1726 l’ara è ricordata tra i numerosi rinvenimenti del territorio di Frascati (Mémoires pour l'histoire des sciences et des beaux-arts 1726, p. 1538); successivamente, nel 1742, il Volpi ne conferma la provenienza dalla Villa Borghese di Mondragone nel Tuscolo, a sostegno di una statua di Antinoo (Volpi 1742, p. 144). Infine è testimoniata nel 1832 nella Villa Borghese a Roma dal Nibby, nella sua attuale sistemazione nel Salone, sormontata da una statua di “Caligola togato, e velato in atto di sagrificare”, da identificare probabilmente con il ritratto di Augusto quale Pontefice Massimo che attualmente vi è collocato sopra, inv. XLI (Nibby, 1832, pp. 43-45, n. 8).

L’ara è di forma parallelepipeda con base modanata composta da un listello, una gola rovescia e un tondino. Presenta decorati i quattro lati con teste di ariete angolari che sorreggono con corna ricurve delle ghirlande di fiori e frutti sospese a tenie svolazzanti. Sotto le protomi ovine, negli angoli inferiori, sono delle aquile frontali, ad ali spiegate, con il capo rivolto verso l’interno, poggianti su delle basette aggettanti dal fondo. Nella fronte, sotto la ghirlanda, sono raffigurati due galli in lotta che si beccano sul collo contendendosi una spiga. Nella parte superiore una protome di Gorgone è affiancata da due piccole aquile sotto una tabula incorniciata da un listello che conserva l’iscrizione funebre. Sul fianco sinistro, al di sopra della ghirlanda di foglie di alloro, che secondo il Nibby intende richiamare il nome Dafne - la ninfa amata da Apollo che diede origine a quella pianta -, è un urceus, una piccola brocca per libagioni con sotto due uccellini; sotto la ghirlanda è un delfino. Il fianco destro ripete il medesimo schema con una patera, un vassoio rituale.

Nella faccia frontale, l’epigrafe, dedicata a Flavia Dafne, si articola in sei righe:

DIS MANIBUS

FLAVIAE AUG(USTI) L(IBERTAE)

DAPHNE

CRESCENS AUG(USTI) L(IBERTUS)

A RATIONIBUS

SORORI.

 Si tratta di un monumento commemorativo commissionato dal liberto e computista imperiale Tito Flavio Crescente per la sorella Flavia Dafne. Il Nibby riferisce l’ara all’epoca del principato dei Flavi, in particolare a Vespasiano e la ipotizza proveniente da Gabii. L’autore, infatti, identifica Tito Flavio Crescente con un omonimo, liberto di Vespasiano e Tito, presente in una seconda ara, conservata nella stessa collezione Borghese, rinvenuta durante gli scavi gabini (inv. LXXXV). Nel riportare l’iscrizione, il Nibby interpreta  erroneamente il termine Aug e L, leggendolo come Aucte (1832, pp. 43-45, n. 8). In effetti si potrebbe considerare un errore - o un’interpolazione moderna - la lettera finale della terza riga, una E, e sciogliere quindi le abbreviazioni nella forma corretta, Aug(usti) l(ibertae). Il Kłodziński ipotizza che Flavia Dafne sia stata liberata da un imperatore della dinastia Flavia come, verosimilmente, il fratello, dallo stesso nomen Flavius (Kłodziński 2017, p. 298, n. 8, fig. 11). Altri studiosi, invece, ritengono che Claudio o Nerone abbia liberato Crescente che identificano con il procuratore di Cartagine citato da Tacito nelle Historiae come “Crescens Neronis libertus” (Tac. Hist. 1, 76: Weaver 2004, pp. 145-146, nn. 806, 810).

La scultura è da inquadrare nella produzione di altari-sepolcri di età imperiale decorati da

figurazioni simboliche del repertorio funerario romano. In particolare, l’Altmann, nella sua esaustiva disamina del 1905, individua una tipologia ornata da protomi di arieti che sostengono festoni, “Verziening mit Widderkopfen”, introdotta in età augustea e diffusa soprattutto nell’epoca dell’imperatore Claudio, nella quale l’autore inserisce anche l’ara Borghese (1905, p. 79, n. 40, fig. 66).

Pur tenendo conto delle rilavorazioni subite dalla scultura, soprattutto nella parte posteriore tagliata, un confronto iconografico-stilistico si può stabilire con un’ara conservata presso la sede del Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps (inv. 8578 ter: De Lachenal 1983, pp. 6-10).

La scultura si può inquadrare in epoca flavia, nella seconda metà I secolo d.C.

Giulia Ciccarello




Bibliografia
  • Mémoires pour l’histoire des sciences et des beaux-arts, Volume 102, 1726, p. 1538.
  • G. R. Volpi, Vetus Latium Profanum et Sacrum, VIII, Roma 1742, p. 144.
  • A. Nibby, Monumenti scelti della Villa Borghese, Roma 1832, pp. 43-45, n. 8.
  • Indicazione delle opere antiche di scultura esistenti nel primo piano della Villa Borghese, Roma 1840, p. 9, n. 9.
  • L. Canina, Descrizione dell’antico Tuscolo, Roma 1841, p. 171.
  • A. Nibby, Roma nell’anno 1838, Roma 1841, p. 912, n. 9.
  • Indicazione delle opere antiche di scultura esistenti nel primo piano del Palazzo della Villa Borghese, Roma 1854 (1873), I, p. 10, n. 9.
  • L. Friedländer, De eis qui Primis duobus saeculis a rationibus, ab epistulis, a libellis imperatorum Romanorum fuerunt, Königsberg 1861, p. 7.
  • Corpus Iscriptionum Latinarum, VI, p. 3889, n. 8414.
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 14.
  • F. Grossi Gondi, Le Ville tusculane nell’epoca classica e dopo il Rinascimento, la Villa dei Quintili e la Villa di Mondragone, Roma 1901, p. 291.
  • W. Altmann, Die Romischen Grabaltare Der Kaiserzeit, Berlin 1905, p. 79, n. 40, fig. 66.
  • L. H. Friedländer, Roman Life and Manners Under the Early Empire, London 1913, p. IV.
  • R. Calza, Catalogo del Gabinetto fotografico Nazionale, Galleria Borghese, Collezione degli oggetti antichi, Roma 1957, p. 19, n. 227.
  • W. Seitz, Studien zur Prosopographie und zur Sozial- und Rechtsgeschichte der grossen kaiserlichen Zentralämter bis hin zu Hadrian, München 1970, p. 78.
  • G. M. Davies, Fashion in the grave: a study of the motifs used to decorate the grave altars, ash chests and sarcophagi made in Rome in the early Empire (to the mid second century A.D., II, London 1978, pp. 152-153, n. 44.
  • L. De Lachenal, Ara funeraria con iscrizione moderna (inv. 8578 ter), in Museo Nazionale Romano. Le Sculture, I, 5, Roma 1983, pp. 6-10.
  • D. Boschung, Antike Grabaltäre aus den Nekropolen Roms, in “Acta Bermensia”, 10, Bern 1987, p. 67, n. I, 135; p. 97, n. 656, tav. 18.
  • E. Ijsewijn, Le iscrizioni inedite, in La collezione epigrafica dei Musei Capitolini. Inediti, revisioni, contributi al riordino, Roma 1987, pp. 79-84, p. 81.
  • P. Moreno, A. Viacava, I marmi antichi della Galleria Borghese. La collezione archeologica di Camillo e Francesco Borghese, Roma 2003, p. 117, n. 81.
  • P. R. C. Weaver, Repertorium Familiae Caesarum et Libertorum Augustorum, Colonia 2004, pp. 145-146, nn. 806, 810.
  • K. Kłodziński, Officium a rationibus, 2017, p. 298, n. 8, fig. 11.
  • Scheda di catalogo 12/01008341, P. Moreno 1975; aggiornamento G. Ciccarello 2020.