L’ara funeraria, già conosciuta nel Quattrocento, venne acquisita dal 1607 dal Cardinale Scipione Borghese, insieme ad altri marmi e sculture della collezione Ceoli, conservata nel Palazzo di via Giulia. Descritta entro una nicchia del muro di Ponente nel I Recinto di Villa Pinciana alla fine del XVI sec., venne spostata nel Casino nell’Ottocento. L’altare, delimitato in alto e in basso da una modanatura aggettante, presenta sulla faccia anteriore l’iscrizione, in cui si ricorda che la sepoltura del “dolcissimo” Stazio è stata allestita dal fratello Charilampes. Ai lati del monumento troviamo una patera e un urceus, una brocca, due strumenti rituali che hanno una posizione fissa nei cippi e negli altari e che rinviano simbolicamente alla posizione occupata dal sacerdote con la ciotola e dal camillo, il giovane assistente, con la brocca dinnanzi all’altare durante il sacrificio.
Collezione Ceoli; Cardinale Scipione Borghese, 1607; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 41, n. 7. Acquisto dello Stato, 1902.
L’ara era già conosciuta nel Quattrocento quando viene ricordata, fra gli altri, da Ciriaco d’Ancona nel Battistero Lateranense e fu copiata numerose volte, anche da Jan Gruter che tuttavia la trascrive erratamente nella raccolta epigrafica del 1603, aggiungendone l’ubicazione a “Romae in palatio Ceuli [...] cui statua gladiatoris imposita” e ipotizzandone la provenienza dalle Terme di Costantino sul Quirinale. La collezione Ceoli, conservata nel Palazzo di via Giulia, costruito da Antonio da Sangallo, viene acquistata dal Cardinale Scipione Borghese nel 1607. Probabilmente provvisoriamente collocata nel palazzo Borghese in Campo Marzio, l’ara venne successivamente spostata nella Villa Pinciana, entro una nicchia del muro di Ponente nel I Recinto, laddove terminava il viale centrale degli Olmi, come segnalato da Manilli e Montelatici alla fine del XVI sec. In tale contesto venne impiegata come basamento di “una gran statua, rappresentante Esculapio col serpe”. Secondo Paolo Moreno questa va riconosciuta nella colossale statua che decora la Fontana del Fiocco, opera dell’architetto Luigi Canina, completata nel 1834.
Dapprima collocata nel Portico, laddove la ricorda ancora il Venturi nel 1893 quale basamento della statua di imperatore seduto (XXVII), all’indomani della vendita della collezione allo stato (1902) ospitò il gruppo di Marte, Venere e Cupido (CCL). Esposta poi, insieme a questo, al piano terra nel Salone di Mariano Rossi, è attualmente nella stanza di Apollo e Dafne.
L’ara, di forma quadrangolare, è delimitata in alto e in basso da una modanatura aggettante; la superiore composta da un listello e una gola dritta, quella inferiore da un listello, una gola rovescia, un secondo listello e un ovolo. Sulla faccia anteriore, delimitata da un listello, è presente l’iscrizione su quattro righe Charilampes / fratri suo / dulcissimo / Stazio che ricorda come Carilampe si sia preoccupato di finanziare la sepoltura del fratello Stazio.
Ai lati del monumento troviamo rispettivamente a sinistra un urceus, a destra una patera. La posizione di tali strumenti rituali è fissa nei cippi e negli altari e deriva dalla collocazione che il sacerdote con la patera e il camillo, il giovane che assiste il sacerdote durante il sacrificio, con l’urceus tengono davanti agli altari durante il sacrificio (Bowerman 1913, p. 87). Nel tempo, poi, la dimensione simbolica di tali attributi scompare, mentre urceus e patera diventano motivi comuni di repertorio sui lati minori di cippi e altari (Von Schaewen 1940, pp. 17-14).
Considerazioni stilistiche e paleografiche permettono di inquadrare l’ara genericamente fra II-III sec. d.C.
Jessica Clementi