Sui lati della base moderna sono inserite quattro lastre, ottenute segando nello spessore due diversi trapezofori – termine che indica i sostegni di tavoli o mensole – riadattati nel Settecento per la decorazione delle Fontane del Palazzo Borghese in Campo Marzio, infine riassemblati nell’Ottocento nella base ora in esame.
I quattro rilievi presentano coppie di grifo-leoni, animali fantastici ibridi, accosciati, contrapposti di schiena, con code alternativamente sovrapposte o intrecciate, inquadrate fra pilastri laterali e cornici superiori e inferiori. I supporti cui originariamente appartenevano, i trapezofori, sono probabilmente prodotti di botteghe artigiani urbane neoattiche, inizialmente impiegati a sostegno di mensole, forse in un contesto funerario.
Collezione Borghese (ante 1671)?; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 52, n. 155. Acquisto dello Stato, 1902.
La base moderna unisce quattro sezioni pertinenti a due trapezofori – termine che indica i sostegni di tavolo, in particolare quelli ornati – di analogo soggetto, probabilmente originariamente destinati a sorreggere un ripiano di modeste dimensioni. Nel 1671 i trapezofori vennero trasferiti, insieme a statue e bassorilievi, da Villa Pinciana a Palazzo Borghese in Campo Marzio, segati nello spessore – per ottenere due bassorilievi da ciascuno – e inseriti nel muro della Fontana del Giardino di Palazzo di città, come documentato dalle incisioni del Venturini nella seconda metà del XVII sec. (Falda 1691, tavv. 11, 12). In un momento successivo, tuttavia, le lastre furono ricollocate presso la Villa Pinciana e assemblate nella base moderna esposta in Sala VII.
I due sostegni erano decorati su entrambi i lati da coppie di grifo-leoni accosciati sulle zampe posteriori e ritti su quelle anteriori, con le schiene contrapposte e le code sollevate alternativamente sovrapposte o intrecciate a formare un disegno a “otto”. I musi sono incorniciati da folte criniere con ciocche corpose che ricadono ai lati della fronte, mentre dalle fauci spalancate fuoriesce in parte la lingua. Sulle spalle, infine, si dispiegano le ali, rese con dovizia di dettagli: nella parte anteriore il piumaggio è corto, con squame embricate; posteriormente, invece, le lunghe penne sono nettamente divise da profonde solcature. Gli animali fantastici sono inquadrati fra paraste e cornici a cimasa dorica, dritta in alto e capovolta in basso.
Nei sostegni di tavole, mense o mensole i grifi compaiono prevalentemente in forma di protome, generalmente contrapposti rispetto a un elemento centrale, come una palmetta o girali di acanto (Montanari 2007). Per l’inquadramento cronologico degli esemplari in esame è particolarmente utile il confronto con le lastre fittili di tipo Campana, dove il grifo in tale posa è diffuso su una serie di esemplari databili verso la fine del I sec. a. C. (Rohden, Winnefeld 1911, tav. XXIII; LXIII; Rizzo 1976-1977). Lo schema della composizione, in particolare il motivo delle code intrecciate a “otto”, trova un confronto nel rilievo di alcuni trapezofori marmorei, uno rinvenuto sotto la chiesa di San Crisogono a Roma (Cain 1985, p. 294, tav. 5,4), un altro conservato presso il Museo civico di Trieste, con grifi a testa di leone e corna di ariete (inv. 3095, Oriolo 2003, pp. 78-79, ST 18), e ancora sulla base di un candelabro conservata presso il Museo di Torcello (Sperti 1988, pp. 98 ss, n. 34).
Sebbene non vi siano elementi utili a proporre un possibile contesto di utilizzo dei trapezofori in esame, si deve ricordare la particolare diffusione in ambiente italico e, più genericamente, mediterraneo dell’iconografia dei grifi contrapposti, in associazione o meno con elementi vegetali, in ambito specificamente funerario (Chiesa 1998). I nostri esemplari vanno verosimilmente collegati a una produzione urbana realizzata nell’ambito del I sec. a.C. secondo gli stilemi dell’arte neoattica.
Jessica Clementi