L’erma riproduce la figura di Ercole barbato e avvolto nella leonté, la pelle del leone Nemeo. Il semidio è ritratto in età matura in atteggiamento riflessivo e stanco. Si tratta di una replica, inquadrabile in età antonina, di un tipo attestato già in età ellenistica. La scultura potrebbe probabilmente provenire dal medesimo contesto originario di una copia, perfettamente identica, conservata ai Musei Capitolini.
Nel 1700 è collocata, insieme ad una seconda raffigurante Eracle giovane, all’interno di una nicchia nel muro che circondava il cortile dell’attuale Fortezzuola. All’interno della Palazzina Borghese è ricordata nel 1841 nella seconda camera.
Collezione Borghese, citata nel 1700 nel Parco, nel muro che circondava il cortile della casa del “Custode del Gallinaro” (Montelatici, p. 112); menzionata nella seconda camera della Villa nel 1832 dal Nibby (p. 74); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 46, n. 77. Acquisto dello Stato, 1902.
Nel 1700 la scultura è posta, insieme a una seconda raffigurante Eracle giovane (inv. XC), ai lati di una porta nel muro che circondava il cortile della Palazzina del “Custode del Gallinaro” - l’odierna Fortezzuola - nel Parco della Villa (Montelatici, p. 112). Alla fine del Settecento un disegno del Percier conferma tale collocazione e le mostra disposte all’interno di due nicchie (Di Gaddo 1997, p. 152). Il Nibby, nel 1841, ricorda nella seconda camera della Palazzina Borghese un “Ermeracle avvolto nella pelle leonina” (p. 916, n. 9).
Eracle è raffigurato con il capo reclinato in avanti a sinistra, avvolto nella leonté, la pelle del leone Nemeo ucciso dall’eroe. Il braccio destro, aderente al busto, è piegato e la mano trattiene sul petto la zampa della pelle ferina; il braccio sinistro, leggermente flesso, sostiene per la criniera il capo abbandonato dell’animale. La leonté, che lascia trasparire le forme fisiche, nasconde il passaggio dal piedistallo alla figura. Il volto presenta i tratti fisiognomici dell’età matura con le guance scavate e una profonda ruga orizzontale lungo la fronte. Gli occhi risultano incassati con palpebre arcuate, l’iride è incisa da sottili solchi e le arcate sopraccigliari hanno l’aspetto corrucciato. La barba, organizzata in riccioli a tortiglione, arriva ad adagiarsi sul petto. Sulla testa le corte ciocche nodose dei capelli sono cinte da uno strophion, una fascia tubolare. La scultura ha una replica gemella conservata nella Sala del Fauno dei Musei Capitolini che presenta dimensioni simili, il medesimo trattamento dei capelli e del panneggio e la particolare criniera leonina adagiata sulla parte sinistra del petto. Entrambe sono da riferire all’iconografia del semidio non più giovane e ormai stanco, derivante da un tipo bene attestato in epoca ellenistica (Vorster 1988, pp. 32-34). La tipologia appare abbastanza rara nella statuaria e risulta più utilizzata nei bronzetti, nelle monete e nei trapezofori (Inserra 2008, p. 29, n. A 09). Le erme sembrano databili in epoca antonina sulla base dell’osservazione della tecnica impiegata per rendere l’orbita oculare con l’incisione dell’iride e della pupilla, i riccioli della barba, dei capelli e della criniera della leonté, rifiniti con l’uso del trapano. Il Polito suggerisce che le sculture fossero pertinenti ad un unico contesto originario, probabilmente esposte in un ambiente privato con funzione decorativa.
Giulia Ciccarello