Le due lastre, pertinenti alla fronte di un sarcofago, sono decorate da un fregio continuo scandito da otto figure stagliate sullo sfondo coperto da un drappo. I tipi iconografici e gli attributi permettono di riconoscervi alcune delle nove Muse, figlie di Zeus e Mnemosine (la Memoria), le divini cantatrici che con la loro musica allietavano il consesso degli dei. Partendo da sinistra si riconosce Polimnia, tutelatrice della pantomima, cui segue Talia, protettrice della poesia comica e dell’agricoltura, che solleva nella mano sinistra la maschera comica. Segue Melpomene, che innalza con la sinistra la maschera tragica, e impugna con la destra una clava rivolta verso il basso; di dubbia identificazione è la quarta Musa, forse Tersicore, che sovraintende la danza, o Erato, tutelatrice della poesia lirica. Ultima, sul pannello di sinistra, è Euterpe, Musa della danza e del canto ritmico. Nella lastra di destra si conserva la figura di Apollo Musagete (colui che guida le Muse), trasformato dal restauro moderno in Calliope, Musa della Storia, e tre figure di Muse, da attribuirsi integralmente al restauro ottocentesco. Il tema iconografico delle Muse, sviluppato in Grecia in età classica, godette di particolare apprezzamento nel mondo romano; il sarcofago Borghese, di ignota provenienza, rientra in una vasta classe di monumenti funerari con oltre 300 attestazioni a committenza urbana.
Collezione Borghese, citate per la prima volta da Nibby 1832, pp. 125, 135; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 54, n.193. Acquisto dello Stato, 1902.
Di ignota provenienza, le due lastre pertinenti alla fronte di un sarcofago a cassa rettangolare sono segnalate per la prima volta da Antonio Nibby in sala VIII, inserite nelle pareti. Prima del 1893 furono trasferite nel portico, dove attualmente sono esposte.
Delimitato da un breve listello piatto in alto e in basso, il campo è decorato da un fregio continuo scandito da otto figure stagliate sullo sfondo coperto da un parapetasma, un drappo. I tipi iconografici e gli attributi permettono di riconoscervi alcune delle nove Muse, figlie di Zeus e Mnemosine (la Memoria), le divini cantatrici che con la loro musica allietavano il consesso degli dei, evocate da Omero nell’Iliade e nell’Odissea. Partendo dalla prima lastra, a sinistra si riconosce Polimnia, tutelatrice della pantomima, caratterizzata dalla torsione verso sinistra della parte superiore del corpo e dall’incrocio della gamba destra sulla sinistra, raccolta in posa di meditazione. La testa, in profilo, è sorretta dalla mano destra, con i capelli divisi da una scriminatura centrale e raccolti in una treccia; la Musa è fasciata in un ampio mantello, che cela il chitone. La figura successiva è Talia, cui le fonti attribuiscono la sfera della poesia comica e dell’agricoltura. Stante, indossa una veste teatrale traforata e aderente, in parte coperta dal mantello; la mano sinistra è sollevata a reggere la maschera comica, mentre la destra stringe un oggetto oggi perduto, forse – sulla base dei confronti con altri sarcofagi – un pedum (bastone ricurvo). Per quanto concerne il costume – l’abbigliamento più attestato per tale Musa a partire dal secondo venticinquennio del III secolo – si tratta di una veste scenica forse riconducibile agli abiti di schiavi nella commedia, o dei Sileni, seguaci di Dioniso, o infine delle etere (Panella 1966-1967, pp. 22-23; Schöndorf 1980, pp. 136-139).
Segue Melpomene, che presiede la poesia tragica, con indosso il chitone; nella sinistra, sollevata all’altezza del viso, stringe una maschera tragica, nella destra, distesa sul fianco, impugna una clava rivolta verso il basso e appoggiata su un piccolo rialzo. Di dubbia identificazione è la quarta Musa: la lira, attributo di Tersicore, che sovraintende la danza, è stata oggetto del pesante restauro ottocentesco, che potrebbe forse celare la cetra di Erato, tutelatrice della poesia lirica. Ultima, sul pannello di sinistra, è Euterpe, caratterizzata da un flauto stretto nella destra a cui si accompagnava un secondo, nell’altra mano, in parte ancora visibile all’estremità sinistra della seconda lastra. Le tibie costituiscono un attributo costante della Musa della danza e del canto ritmico in età imperiale. Seguiva, esattamente al centro della composizione, la figura di Apollo Musagete (colui che guida le Muse), caratterizzato dalla lira, ancora in parte visibile sullo sfondo, e dalla corona di alloro, poi trasformato in Calliope, Musa della Storia, dal restauratore ottocentesco, che ha aggiunto un rotolo nella sinistra. Le ultime tre figure della seconda lastra sono da attribuirsi all’intervento restaurativo ottocentesco, che ha liberamente aggiunto attributi per completare il coro di Muse, con una Urania (?) e nuovamente Euterpe e Polimnia.
Il tema iconografico delle Muse, sviluppato in Grecia in età classica, giunse attraverso nuove formulazioni ellenistiche al mondo romano, dove godette di particolare apprezzamento nel repertorio decorativo in pittura, mosaico, cicli scultorei destinati ad ambienti pubblici e privati e, a partire dalla metà del II sec. d.C., su sarcofagi. I Musensarkophage costituiscono, infatti, una vasta classe di monumenti funerari che riscosse ampia fortuna tra la committenza urbana, con oltre 300 pezzi fra sarcofagi strigilati, a colonne e a fregio. In particolare questi ultimi, che costituiscono la maggioranza, si datano a partire dalla tarda età adrianea fino all'inizio del IV secolo (Paduano Faedo 1981, p. 93; Koch, Sichtermann 1982, pp. 197-200; Koch 1993, pp. 82-83).
Nel nostro esemplare, il canonico choros delle Muse è incompleto, probabilmente per le operazioni di restauro e riuso delle lastre, ma arricchito dalla figura di Apollo, frequentemente attestato a partire dall’ultimo venticinquennio del II sec. d.C., prevalentemente in associazione con Atena (cfr. Germoni 2010; Teatini 2011, pp.119-129, n. 25). Nella maggior parte degli esemplari con Apollo e Atena si osserva la ripetizione della medesima posizione delle Muse nella sfilata; l’esemplare Borghese mostra invece una certa irregolarità nella loro successione.
Il linguaggio formale e tecnico, con uso intenso del trapano per favorire i chiaroscuri unitamente alla caratteristica doppia piuma presente sul capo delle Muse, chiaro rimando alla vittoria sulle Sirene – demoni marini metà donne e metà uccelli – le quali osarono gareggiare con le nove figlie di Mnemosine e vennero spennate, che dal III secolo va a sostituire il basso diadema, permettono di collocare il sarcofago Borghese nel secondo venticinquennio del III secolo. A partire dalla seconda metà del III secolo alle Muse e alle divinità si aggiungono anche i defunti, soprattutto su manufatti di grandi dimensioni e di buona qualità, con i due sposi generalmente seduti alle estremità della fronte, la donna intenta a suonare la cetra e l’uomo a reggere un rotolo (es. Teatini 2011, pp. 129-136, n. 26).
Jessica Clementi