Questo piccolo rame, documentato in collezione Borghese a partire dal 1763, fu eseguito da Pietro Lucatelli nell'ambito dei lavori realizzati nel Casino del Graziano, un piccolo edificio costruito a ridosso del parco, acquistato da Scipione Borghese nel 1616. Rappresenta il principe troiano Paride mentre offre il pomo della discordia alla dea Afrodite, qui ritratta in abito rosa al cospetto di Eros e del bellicoso Ares, dio della guerra, vestito con armatura e mantello rosso. Sulla destra, infine, si riconoscono Era, moglie di Zeus; Atena, dea della sapienza; ed Elena, moglie di Menelao, ritenuta secondo la mitologia greca la donna più bella del mondo.
Questo piccolo rame è stato identificato da Paola della Pergola (1959) con uno dei "sei quadrucci dipinti in tavola rappresentanti fatti di Diana, opera di Pietro Locatelli, scolare di Pietro da Cortona", segnalato nel 1763 nell'inventario dei beni esistenti presso il casino detto 'del Graziano', un piccolo edificio appartenuto al giurista Stefano Graziani e da questi ceduto al cardinale Scipione Borghese nel 1616.
L'opera, insieme a La caccia di Diana (inv. 531), entrambe debitamente descritte nel 1785, fu riferita nel 1790 a Filippo Lauri, errore reiterato negli elenchi fedecommissari del 1833, da Giovanni Piancastelli (1891) e nel catalogo di Adolfo Venturi (1893). Tale attribuzione, rifiutata da Roberto Longhi (1929), secondo cui i due rametti appartenevano "ad un mediocre pittore del tardo settecento" senza però fare alcun nome, fu messa in discussione da Paola della Pergola che nel 1959, in seguito alla scoperta dei due inventari del Casino del Graziano, restituì i dipinti al catalogo di Pietro Locatelli; giudizio condiviso in seguito da tutta la critica (si veda da ultimo Herrmann Fiore 2006).
Poche e scarse sono le notizie sul pittore di origini romane, formatosi con ogni probabilità nella bottega di Pietro da Cortona insieme alla quale prese parte ai grandi cantieri avviati nell'Urbe e dove ebbe modo di conoscere Ciro Ferri, suo amico e collaboratore. Come ricordato dalla critica (cfr. Manieri Elia 1997), il Locatelli dipinse per i Borghese la volta della stanza detta degli Scarabattoli "tutta dipinta in tela [...] con ornati a chiaroscuro, con suo cornioncino sotto con fondo negro, e rabeschi dorati, con riporti alle cantonate parimente dorati, quattro uove di struzzo, uno per cantone", lavori condotti parallelamente all'esecuzione di diversi dipinti, tra cui il rame in esame, parte di un ciclo rappresentante "vari fatti di Diana" (Inv. 1762, c. 160). Tale opera, infatti, si inserisce perfettamente nel catalogo del pittore il cui stile, forgiato in ambito cortonesco, sembra anticipare alcune soluzioni tipiche della pittura settecentesca che 'appiattiscono di fatto il problema pittorico di Pietro da Cortona' (cfr. Fagiolo dell'Arco 2001).
Antonio Iommelli