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Cristo benedicente

Della Porta Bartolomeo detto Fra Bartolomeo

(Prato 1472 - Firenze 1517)

Il dipinto, su tavola, potrebbe essere collegato ad un acquisto di opere avvenuto nel 1609 presso Giovan Paolo della Porta, di cui resta traccia nei documenti Borghese. A lungo ritenuta opera di Mariotto Albertinelli, la tavola è stata ricondotta alla mano di Fra’ Bartolomeo (Bartolomeo della Porta) da Everett Fahy sulla scorta delle affinità stilistiche con l’Annunciazione dipinta dall’artista per la cattedrale di Volterra (1497), e ritenuta vicina a quest’ultima anche per cronologia. L’impianto iconografico del Cristo, rappresentato a mezzo busto in atto benedicente, risente dell’influenza di modelli nordici tardo quattrocenteschi.


Scheda tecnica

Inventario
421
Posizione
Datazione
fine XV - inizio XVI secolo
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tavola
Misure
cm 59 x 46
Cornice

Salvator Rosa cm. 74 x 62 x 6,5

Provenienza

Collezione Borghese, probabilmente dall'acquisto del 1609 da G.B.della Porta; Inventario, 1790, Stanza II, n. 30; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 18. Acquisto dello Stato, 1902.

Mostre
  • 1996 Firenze, Palazzo Pitti
Conservazione e Diagnostica
  • 1903 Luigi Bartolucci
  • 1958 Renato Massi
  • 1994 Laboratorio di restauro
  • 2000 Enea (indagini diagnostiche)

Scheda

Il dipinto è stato messo in relazione con “Il Salvatore, mezza figura, è stimata del Rosso Fiorentino” che compare nella guida seicentesca della Villa Pinciana redatta da Jacopo Manilli (1650, p. 97), da cui si è ritenuto di poterlo collegare all’acquisto di opere concluso nel 1609 dai Borghese presso Giovan Paolo della Porta (fratello ed erede dello scultore ed antiquario Tommaso), tra cui figura un quadro del “Rosso di Fiorenza” senza descrizione del soggetto (Della Pergola 1959, pp. 9, 216).

L’opera è stata individuata nell’inventario del 1790 alla voce “Il Salvatore, Pietro Perugino” e in quello fidecommissario del 1833, dove compare con il riferimento al medesimo artista, ripreso successivamente dal Piancastelli (1891, p. 288).

Venturi (1893, p. 200) è il primo a ricondurre il quadro entro la cerchia di Fra’ Bartolomeo (Bartolomeo della Porta) ascrivendolo a Mariotto Albertinelli, a fianco dell’artista durante la giovanile formazione presso Cosimo Rosselli e con cui successivamente condivise la bottega. Tale attribuzione è accolta da diversi studiosi e rimane dominante fino alla seconda metà del Novecento (Longhi 1928, p. 218; Bodmer 1929, p. 612; De Rinaldis 1939, p. 33; Della Pergola cit.).

L’attribuzione a Fra’ Bartolomeo viene avanzata per la prima volta da Fahy (1969, pp. 146-147), che riconosce nel Cristo benedicente la stessa mano dell’Annunciazione dipinta dall’artista per la Cattedrale di Volterra, datata 1497. Secondo lo studioso, l’affinità stilistica tra le due opere induce non solo a ritenerle dello stesso autore, ma anche a propendere per una loro esecuzione ravvicinata nel tempo, come suggerito anche dalla corrispondenza di alcuni dettagli quali la resa dei capelli rispettivamente di Cristo e della Vergine e il bordo decorato delle loro vesti.

In tempi più recenti il dipinto Borghese viene esposto alla mostra fiorentina di Palazzo Pitti curata da Serena Padovani sotto il nome di Fra’ Bartolomeo (Padovani 1996, p. 73), attribuzione accolta anche sulla scorta dell’analisi svolta dopo il restauro del 1994 (si veda anche Stefani 2000, p. 289).

Il Cristo è rappresentato a mezzo busto, con la testa leggermente orientata verso destra, mentre con una mano compie il gesto della benedizione e con l’altra tiene i chiodi della Crocifissione.

Già Fahy (cit.) individuava in questo tipo di iconografia l’influenza di modelli nordici tardo quattrocenteschi, rilevando per esempio come questa stessa composizione fosse stata frequentemente ripresa nella produzione di Hans Memling e dei suoi seguaci. Anche il volto di Cristo, e i dettagli del paesaggio che si staglia sullo sfondo, come le torri sulla destra, rivelano l’assimilazione di modelli nordici, a cui l’artista toscano potrebbe essersi ispirato per l’elaborazione della tavola Borghese (Stefani cit.).

Pier Ludovico Puddu




Bibliografia
  • I. Manilli, Villa Borghese fuori di Porta Pinciana, Roma 1650, p. 97;
  • G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese in Archivio Galleria Borghese, 1891, p. 288;
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 200;
  • B. Berenson, Florentine Painters of the Renaissance, 3a ed., New York 1909, p. 97;
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 218;
  • H. Bodmer, Opere giovanili e tarde di Mariotto Albertinelli, in “Dedalo”, IX, 1929, p. 612;
  • B. Berenson, Pitture Italiane del Rinascimento (tr. E. Cecchi), Milano 1936, p. 3;
  • A. De Rinaldis, La R. Galleria Borghese in Roma (“Itinerari dei Musei e Monumenti d’Italia” XLIII), 3° ed., Roma 1939, p. 33;
  • P. Della Pergola, Itinerario della Galleria Borghese, Roma 1951, p. 27;
  • P. Della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, II, Roma 1959, p. 9, n. 1; 216, n. 53;
  • B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance. Florentine School, London 1963, I, p. 2;
  • E. Fahy, The earliest works of Fra Bartolomeo, in “The Art Bullettin”, LI, 1969, pp. 146-147;
  • L. Borgo, The works of Mariotto Albertinelli, New York, London 1976, pp. 298-299, n. 13;
  • S. Padovani, in L’età di Savonarola: Fra Bartolomeo e la Scuola di San Marco, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Pitti, 1996), a cura di S. Padovani, Firenze 1996, p. 73, n. 12;
  • K. Herrmann Fiore, Guida alla Galleria Borghese, Roma 1997, p. 86;
  • C. Stefani in P. Moreno, C. Stefani, Galleria Borghese 2000, p. 289, n. 11;
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 138.