La tavola, asportata nel 1620 dalla chiesa della Porta di Sotto, detta la "Madonnina", di Ferrara, è documentata poco dopo nella collezione del cardinale Scipione Borghese. La scena del 'Compianto' si svolge in paesaggio che rimanda a suggestioni giorgionesche. L'evidente richiamo delle figure e della composizione nel suo insieme al linguaggio pittorico di Raffaello, presente in collezione con la celeberrima Deposizione, ha indotto la critica a supporre un soggiorno dell'Ortolano a Roma durante la metà del secondo decennio.
Ferrara, chiesa della Madonna della Porta di sotto, detta La Madonnina (Brisighella 1700-1735 ca., ed. 1991). È attestata nella collezione Borghese attraverso un conto del corniciaio e doratore Annibale Durante, 1622; Manilli 1650, p. 85; Inventario 1693, Stanza VII, n. 350; Inventario 1790, Stanza II, n. 17; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 8. Acquisto dello Stato, 1902.
Così come rilevato da Vittoria Romani (in Ballarin 1994-1995), a smentire quanto sostenuto nel catalogo dei dipinti della Galleria Borghese (Della Pergola 1955), la grande pala dell’Ortolano proviene non dalla collezione Aldobrandini, ma direttamente dalla chiesa della Madonna della Porta di sotto - detta La Madonnina - di Ferrara, data anche la grande incompatibilità di misure tra le due opere citate nei documenti.
Nella descrizione del Casino di Porta Pinciana di Jacopo Manilli (1650), questo dipinto si trovava nella stanza del Moro insieme ad altri tre quadri sulla Passione di Cristo, ovvero la Deposizione di Raffaello (inv. 369), la Pietà di Federico Zuccari (inv. 398) e quella del Passignano (inv. 349), probabilmente nello spirito tipico di Scipione Borghese di realizzare accostamenti di più opere della stessa tematica in un medesimo spazio (Herrmann Fiore 1998).
Sullo sfondo, una Gerusalemme fortemente somigliante alle fortificazioni ferraresi cinge e restringe lo sguardo dello spettatore, avvicinando l’orizzonte e facendolo concentrare sulla visione del Golgota. Su di esso sono ancora issate le due croci con i ladroni, mentre la terza, quella di Cristo riconoscibile dal vessillo su cui si trovava la scritta INRI, è vuota e vi è appoggiata una scala. In primo piano, la scena di commozione e disperazione intorno al corpo di Cristo è dominata dall’atteggiamento orante e sofferente dell’Evangelista Giovanni e dal gesto di grande devozione di Giuseppe di Arimatea, che tiene in mano i chiodi della Croce, mostrandoli così come in occasione dell’ostensione delle reliquie; sulla sinistra, a conclusione della composizione, davanti a un piccolo serto boschivo, si trova san Cristoforo, che sta attraversando uno specchio d’acqua con il Bambino Gesù sulle spalle. Sul lato destro, dietro il teatralissimo gesto di angoscia di Maria Maddalena, si trova in ombra un uomo dai forti caratteri tipizzati, in cui è stato riconosciuto Antonio Costabili (Daffrà 1998), importante committente del Garofalo, Giudice dei Savi di Ferrara dal 1510 al 1527 e fondatore della chiesa in cui era conservato il dipinto.
Sostituita sull’altare originario da una copia eseguita da Giulio Cromer (Ferrara, 1572–1632), l’opera venne poi requisita da Scipione Borghese, che la fece incorniciare nel 1622.
Sulla base di un confronto con l’opera di analogo soggetto proveniente dalla chiesa di San Cristoforo dei Bastardini e oggi al Museo Nazionale di Capodimonte di Napoli (inv. Q 73), datata 1521 dal cartiglio posto in primo piano sulla sinistra, la grande pala oggi alla Galleria Borghese sarebbe da ascrivere ad un periodo anteriore rispetto al dipinto partenopeo, tra il 1515 e il 1520. Questa collocazione cronologica ben si adatta anche allo stile espresso dal Benvenuti, in cui la meditazione sulla pittura di Cosmè Tura e del Mantegna, qui rappresentata soprattutto nell’estrema laboriosità nella realizzazione di nastri e drappeggi e nell’attenzione ai dettagli più minuti trattati con estrema capacità disegnativa ai limiti della cesellatura, si fonde con le soluzioni raffallesche, soprattutto per quanto concerne la grazia delle figure, elemento che deve aver indotto Scipione a porre le due opere di questi due artisti a confronto. A coronamento - e non ultimo aspetto - della composizione si trova una significativa insistenza sulla sfera emotiva ed affettiva, fortemente accentuata dalla vivace e virtuosistica cromia.
Lara Scanu