Il dipinto, ritenuto in parte autografo, è una replica variata di un’opera del Tisi oggi all'Ermitage (1531). Il colonnato sullo sfondo della scena, dove si svolgono le nozze di Cana (Giovanni 2, 1-11), è impreziosito da ghirlande vegetali, motivi usuali del gusto decorativo ferrarese. La puntuale ripresa di alcuni particolari compositivi rimanda alla presenza di modelli autografi del Maestro in uso presso la sua bottega.
Inventario del cardinale Pietro Aldobrandini, inv. 1603, n. 94 (D’Onofrio 1964); Collezione Borghese, Inventario 1693, Stanza V, n. 33; Inventario 1790, Stanza IV, n. 59; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 7. Acquisto dello Stato, 1902.
Questo piccolo olio è probabilmente rintracciabile nell’opera presente nell’inventario del cardinale Pietro Aldobrandini del 1603 descritta come «La cena del signore in tavola piccola, di buona mano antica», per poi ricomparire con certezza nell’inventario Borghese del 1693 attribuita al Garofalo.
Il momento del Vangelo di Giovanni (2, 1-11) in cui viene raccontato il primo miracolo di Gesù durante il banchetto di nozze svoltosi a Cana, in cui trasformò delle giare di acqua in vino, è ambientato entro una sontuosa sala incorniciata da colonne a fusto liscio intervallate da ricchi festoni vegetali e centrata da un tavolo sorretto da capitelli corinzi riccamente decorati. La partecipazione psicologica dei personaggi è particolarmente accentuata dalle espressioni degli astanti, che dimostrano, stupore, incredulità, paura difronte al semplice ma straordinario gesto del Cristo, che tiene ferma la sua mano in modo semplice e sereno sopra delle grandi brocche.
Probabile copia variata o studio in vista dell’esecuzione del dipinto di uguale soggetto del Museo Statale dell’Ermitage di San Pietroburgo datato 1531 (inv. ГЭ-244), sulla base degli abiti vestiti da alcuni commensali l’opera sarebbe da datare prima degli anni Venti del Cinquecento (Herrmann Fiore 2002). La tavola Borghese è stata variamente datata nell’ambito degli studi sul Garofalo: espunta dalla monografia degli anni Novanta (Fioravanti Baraldi 1993), è stata ritenuta del Tisi o della sua bottega, intromissione da non escludere completamente (Herrmann Fiore 2002), e avvicinabile al 1532, anno in cui Giulio Romano iniziò a progettare gli arazzi per Francesco I di cui questa composizione sembra risentire fortemente (Pattanaro 1995). L’idea dell’intervento della bottega era già stata espressa negli anni Sessanta (Berenson 1968), ma rappresenta la minoranza rispetto agli storici dell’arte che l’hanno ritenuta integralmente autografa (Platner 1842; Venturi 1893; Longhi 1928; Della Pergola 1955).
Lara Scanu