Questa pittura, insieme a Lot e le figlie fuggono da Sodoma (inv. 487), è documentata per la prima volta nella raccolta Borghese nel 1650, assegnata dalla critica al pittore e incisore francese Jacques Stella, noto all'epoca per le sue piccole e raffinate pitture su pietra e metalli preziosi.
L'opera, dipinta a olio su diaspro duro di Sicilia, rappresenta il patrarca biblico Giacobbe che, in fuga da suo fratello Esaù, incontra un misterioso uomo con il quale inizia una lunga lotta. Secondo quanto narrato nella Bibbia (Genesi 32, 24-34), tale combattimento durò fino all'alba quando, ormai esausto, Giacobbe riconobbe nel suo avversario un angelo inviato da Dio. La scena, costruita sapientemente dal pittore, sfrutta le venature naturali della pietra e raffigura sulla sinistra una lunga carovana pronta ad attraversare lo Iabbok - un affluente del fiume Giordano - e in primo piano lo scontro tra i due protagonisti, metafora del combattimento spirituale qui espresso dalla fermezza dell'angelo che si oppone alla veemenza di Giacobbe.
Il dipinto, insieme al suo pendant (inv. 487), è attestato in collezione Borghese a partire dal 1650, segnalato da Iacomo Manilli presso il casino di Porta Pinciana: "gli altri due quadretti di diaspro, dove è dipinta, in uno la Lotta di Giacobbe con l'Angelo e nell'altri, l'Incendio di Sodoma, sono d'un Pittore Fiammengo". L'attribuzione a un ignoto pittore fiammingo, ripetuta nell'inventario del 1693, fu respinta nel 1790 in favore di Federico Zuccari, nome giunto attraverso gli elenchi fedecommissari (1833) fino a Giovanni Piancastelli (1891) ma respinto da Adolfo Venturi (1893) e da Leo van Puyvelde (1950), i quali preferirono parlare di Jan Brueghel il Vecchio. Il primo a portare le due opere nella cerchia di Adam Elsheimer, accostandole timidamente a Jan König, fu Roberto Longhi (1928), parere accolto da Paola della Pergola (1959) e da Sara Staccioli (1971; Id. 1972), ma accettato in parte da Malcom R. Waddingham che, in un articolo apparso sul "The Burlington Magazine" nel 1972, escluse la paternità dell'Elsheimer, attribuendo i dipinti al König.
Nel 2000, in una nota al saggio sulla raccolta di quadri del Cavalier d'Arpino, sequestrata nel 1607 dai fiscali di Paolo V, Kristina Herrmann Fiore (vedi anche Herrmann Fiore 2006), avvicina le opere a Jacques Stella, pittore e incisore francese attivo in Italia, in particolare a Roma tra il 1622-1634 dove riscosse successo non solo per le sue raffinatissime tele ma anche per i suoi dipinti su pietra e materiali preziosi, tra cui l'onice, l'ardesia, il lapislazzulo e il diaspro, materiale - quest'ultimo - impiegato per il dipinto in esame. L'assegnazione delle due pitture al catalogo del francese non ha però trovato conferma nè nel catalogo della mostra dedicata al pittore nel 2006-2007; nè nella monografia data alle stampe nel 2006 da Jacques Thuillier. In entrambi i volumi, infatti, i dipinti Borghese risultano assenti.
Antonio Iommelli