Questa tavola, documentata nella raccolta Borghese solo a partire dal 1833, risulta una copia di bottega tratta da un originale di Giulio Romano attualmente conservato a Firenze. Raffigura la Vergine col Bambino, qui ritratta con un libro e un mazzolino di fiori tra le mani, fra i quali si riconoscono fiordalisi azzurri e garofanini rosa che alludono chiaramente alla morte di Cristo. Mentre i primi, infatti, secondo la mitologia furono visti da Flora intorno al corpo morto del suo amante Ciano, i garofani nacquero invece dalle lacrime versate da Maria durante la passione di suo figlio e per questo noti anche col nome latino di Dianthus (dal greco «fiore di Dio»).
Cornice Salvator Rosa (cm 114,5 x 93 x 7)
Roma, collezione Borghese, 1833 (Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 32; Della Pergola 1959) Acquisto dello Stato, 1902.
La provenienza di questa tavola è ignota. Le sue prime informazioni, infatti, risalgono al 1833, quando l'opera si può rintracciare con assoluta certezza nel Fidecommisso ottocentesco di casa Borghese, elencata in tale occasione come 'Scuola di Raffaello' (Inv. Fid. 1833). Tale descrizione, ripresa alla lettera da Giovanni Piancastelli (Id. 1891), fu rivista nel 1893 da Adolfo Venturi che senza dilungarsi spostò il riferimento da Raffaello a Giulio Romano, seguito poco dopo da Roberto Longhi (Id. 1928).
Come riferito da Paola della Pergola (1959), non c'è dubbio che il prototipo di questo dipinto vada rintracciato nel catalogo del Pippi, qui riconosciuto con l'esemplare delle Gallerie degli Uffizi (Inv. 1890, 1247) eseguito intorno al 1520-22 dal fedele allievo di Raffaello che per il volto della Vergine s'ispirò certamente alla Madonna del Parto (Roma, chiesa di Sant'Agostino) scolpita poco prima da Jacopo Sansovino (T. Henry, P. Joannides in Raphäel 2012).
Analogamente all'altra copia da Giulio Romano sempre di collezione Borghese (Sacra famiglia, inv. 387), anche questa tavola fu eseguita intorno alla metà del XVI secolo.
Antonio Iommelli