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Madonna con Bambino

Vannucci Pietro detto Perugino

(Città della Pieve 1450 - Fontignano 1524)

Il dipinto, riconoscibile con certezza nella raccolta Borghese solo a partire dal 1833, documenta la fortuna riscossa in Italia centrale da quel genere di pittura devozionale creata dal Perugino, cui l’opera dopo molte discussioni è stata riferita. Rappresenta la Madonna col Bambino, qui ritratti con un vasto paesaggio alle loro spalle la cui resa, ben armonizzata con l'intera composizione, costituisce un bell'esempio di quel 'dolce stile' sul quale si educò negli anni perugini il giovane Raffaello.


Scheda tecnica

Inventario
401
Posizione
Datazione
1515 ca.
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tavola
Misure
cm 44 x 34
Cornice

Parte di tabernacolo con girali d’acanto e rosette (cm 71 x 60 x 8)

Provenienza

(?) Roma, collezione Borghese, 1693 (Inventario 1693, Stanza IX, n. 506; Della Pergola 1965); Roma, collezione Borghese, 1833 (Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 40, n. 33). Acquisto dello Stato, 1902.

Mostre
  • 2008 Roma, Museo del Corso;
  • 2010-11 Praga, Sprava Prazskèho;
  • 2011 Roma, Galleria Nazionale di Arte Moderna;
  • 2014 Parigi, Musée Jacquemart-André.
Conservazione e Diagnostica
  • 1903 Luigi Bartolucci (supporto);
  • 1936 Carlo Matteucci;
  • 2003-04 Maria Francesca Tizzani (restauro completo della cornice).

Scheda

La provenienza di questa tavola rimane ignota così come il suo ingresso tra i beni della famiglia Borghese. Nonostante, infatti, la presenza negli inventari sei-settecenteschi di molte opere elencate sotto al nome del Perugino, questo dipinto è identificabile con certezza solo a partire dal 1833, descritto nel relativo Fidecommisso come "Madonna, e Bambino, di Pietro Perugino, largo palmi 1, oncie [sic] 8, in tavola" (Inv. Fid. 1833).

L'attribuzione ottocentesca al maestro umbro, confutata sia da Giovanni Battista Cavalcaselle (1864), sia da Adolfo Venturi (Id. in Storia 1913), i quali optarono rispettivamente per Gian Battista Bertucci e Marco Meloni, fu confermata senz'alcun dubbio da Giulio Cantalamessa (Id. 1884) e in seguito accettata da tutta la critica (Williamson 1900; Gnoli 1923; Longhi 1928; De Rinaldis 1948; Della Pergola 1955; Herrmann Fiore 2006; Zalabra 2014) ad eccezione sia di Bernard Berenson (1968) e di Ettore Camesasca (1969), che giudicarono il dipinto parzialmente autografo; sia di Pietro Scarpellini (2004). Questi, nella monografia dedicata al Vannucci, sospetta dell'autografia della variante romana collocandola di conseguenza tra le opere ritenute dubbie, pista in parte già percorsa da Chiara Stefani, che nel 2000 parlava di replica di bottega, e da Claudia La Malfa che nel 2011 avvicina questa Madonna a un anonimo maestro umbro influenzato da quella produzione del pittore eseguita a cavallo tra Quattro e Cinquecento. A detta della studiosa, infatti, le figure della Vergine e del Bambino risultano speculari a quelle realizzate dal Perugino nel 1496 nel Gonfalone della Giustizia (Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria, inv. 278) dove però lo sguardo di Maria non è rivolto verso l'esterno come invece è tipico della produzione di devozione privata della sua bottega (La Malfa 2011). Secondo La Malfa, inoltre, è probabile che per questa composizione l'atelier del Vannucci abbia utilizzato un disegno del Maestro ora al Louvre (Département des Arts Graphiques, inv. 4370), reiterando quei tratti caratteristici delle sue figure come la posa e l'acconciatura della testa della Vergine, qui caratterizzata da una delicata scriminatura e da una massa di capelli annodati ai lati, sulle orecchie.

Il primo a stabilire una relazione tra il quadro Borghese, la Madonna di Francoforte (già coll. Mumm, Städel Museum, inv. 843) e quella del Louvre (inv. 720), tutte giudicate originali (Williamson 1900), fu George C. Williamson (Id.) che da tale raffronto confermò sia l'autografia che la precedenza del dipinto romano, considerato però da Enzo Camesasca (Id. 1959; 1969) di qualità leggermente inferiore rispetto alla variante del Museo Puškin di Mosca (già coll. Stroganov, inv. 2665) ma vicino alla Madonna col Bambino e san Giovannino di Bruxelles (Musées Royaux des Beaux-Arts, inv. 1484). L'esistenza di queste redazioni, alle quali va aggiunta senz'altro quella del Fitzwilliam Museum di Cambridge (inv. 120), testimonia la fortuna di un soggetto ampiamente replicato dal Maestro nel corso della sua carriera, collaudato già qualche anno prima sia nella Pala dei Decemviri (1495-96; Pinacoteca Vaticana, inv. 40317) che in quella di Fano (1497; Fano, chiesa di Santa Maria Nuova) con le quali, in effetti, fu messo a punto un particolare modello tipologico della Vergine, ritratta col Bambino in grembo che con una mano si aggrappa alla scollatura della madre.

Di certo, alcune debolezze visibili nell'opera in esame, come la resa della mano e la pesantezza dei panneggi, lasciano ipotizzare l'intervento della bottega che, come è noto, a partire dal primo decennio del XVI secolo fu solita riutilizzare cartoni e disegni del vecchio Maestro per creare nuove composizioni. Tuttavia, malgrado queste ingenuità, non sembra però che ci siano valide ragioni per escludere questa tavola dal catalogo del pittore che dovette dunque eseguirla intorno alla prima metà del secondo decennio del XVI secolo.

Antonio Iommelli




Bibliografia
  • J. A. Crowe, G. B. Cavalcaselle, A History of Painting in North Italy, IX, London, 1864, p. 282;
  • G. Cantalamessa, Pietro Perugino dal 1495 al 1503, in “Arte e Storia”, II, 1884, p. 191; III, 1884, pp. 47, 51;
  • G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese, in Archivio Galleria Borghese, 1891, p. 287;
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 193;
  • G. C. Williamson, Pietro Vannucci called Perugino, London 1900, p. 153;
  • J. C. Broussolle, La Jeunesse du Perugin et les Origines de l’Ecole Ombrienne, Paris 1901, p. 115;
  • A. Venturi, in Storia dell'arte italiana, VII, La pittura del Quattrocento, II, 1913, pp. 750-752;
  • W. Bombe, Perugino. Des Meister Gemälde, Stuttgart und Berlin 1914, pp. 198, 254;
  • T. Sillani, Pietro Vannucci detto il Perugino, Torino 1915, pp. 24, 98;
  • G. Briganti, F. Canuti, C. Ricci, IV Centenario dalla morte di Pietro Perugino, Perugia 1923, p. 21;
  • U. Gnoli, Pietro Perugino, Spoleto 1923, p. 53;
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 216;
  • F. Canuti, Il Perugino, II, Siena 1931, pp. 80, 111;
  • R. Van Marle, The Development of the Italian School of Painting, XIV, The Hague 1934, p. 358;
  • B. Berenson, Pitture Italiane del Rinascimento, Milano 1936, p. 378;
  • A. De Rinaldis, Catalogo della Galleria Borghese, Roma 1948, p. 32;
  • P. della Pergola, La Galleria Borghese in Roma, Roma 1951, p. 27;
  • P. della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, I, Roma 1955, pp. 92-93 n.164;
  • E. Camesasca, Tutta la pittura del Perugino, Milano 1959, p. 164;
  • K. M. Malizkaia, Il Museo di Mosca, Milano 1963, p. 38;
  • P. della Pergola, L’Inventario Borghese del 1693 (III), in “Arte Antica e Moderna”, XXX, 1965, p. 214;
  • B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance-Central Italian and North Italian Schools, I, London 1968, p. 332;
  • E. Camesasca, L’Opera completa del Perugino, Milano 1969, p. 122;
  • P. Scarpellini, Perugino, Milano 1984, p. 311;
  • P. Scarpellini, Perugino, Milano 1991, p. 311;
  • J. Antenucci Becherer, Pietro Perugino. Master of the Italian Renaissance, New York 1997, p. 154;
  • K. Herrmann Fiore, Guida alla Galleria Borghese, Roma 1997, p. 67;
  • C. Stefani, in P. Moreno, C. Stefani, Galleria Borghese, Milano 2000, p. 227;
  • R. Hiller von Gaertringen, Uso e riuso del cartone nell'opera del Perugino. L'arte fra vita contemplativa e produttività, in Pietro Vannucci, il Perugino, atti del convegno (Perugia, Fondazione Orintia Carletti Bonucci, Università degli Studi di Perugia, 2004), a cura di L. Teza, Perugia 2004, p. 338;
  • R. Hiller von Gaertringen, L'uso del cartone nell'opera del Perugino, in Perugino il divin pittore, catalogo della mostra (Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria, 2004), a cura di Vi. Garibaldi, F.F. Mancini, Cinisello Balsamo 2004, pp. 160-161;
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 132;
  • C. Fiore, in Il '400 a Roma. La rinascita delle arti da Donatello a Perugino, catalogo della mostra (Roma, Museo del Corso, 2008), a cura di M.G. Bernardini, M. Bussagli, II, Milano 2008, pp. 235-36, n. 158;
  • Claudia La Malfa, in Dante Gabriel Rossetti, Edward Burne-Jones e il mito dell'Italia nell'Inghilterra vittoriana, catalogo della mostra (Roma, Galleria Nazionale di Arte Moderna, 2011), a cura di M.T. Benedetti, S. Frezzotti, R. Upstone, p. 164, cat. n.6;
  • F. Zalabra, in Le Pérugin. Maître de Raphaël, catalogo della mostra (Paris, Musée Jacquemart-André, 2014-2015), a cura di V. Garibaldi, Bruxelles 2014, p. 104, cat. n. 16.