Madonna con Bambino
(Tramuschio? 1487 ca - Ferrara 1542)
Il dipinto giunge nella raccolta attraverso il matrimonio di Paolo Borghese con Olimpia Aldobrandini, depositaria di parte dell'eredità di Lucrezia d'Este, cui l’opera pervenne tramite i nonni Alfonso I e Lucrezia Borgia. L'inconsueta gestualità della Vergine e del Bambino – unica rappresentazione di questo soggetto da parte dell’autore - manifesta la grande capacità del Dosso di affrontare i temi tradizionali con assoluta originalità e libertà compositiva. L'intenso colorismo del dipinto, percorso da filamenti luminosi, si fonde con l'impianto plastico delle figure, che denota l'avvicinamento di Dosso alle correnti della pittura romana e in particolare a Raffaello, inducendo a collocare cronologicamente l'opera in un periodo di poco successivo al suo probabile viaggio a Roma, compiuto verosimilmente negli ultimi anni del secondo decennio del XVI secolo.
Scheda tecnica
Inventario
Posizione
Datazione
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
Misure
Provenienza
Ferrara, Inventario di Lucrezia d’Este d’Urbino, 1592, p. 9, n. 15 (?) (Della Pergola 1959, pp. 343, 349); Inventario del cardinale Pietro Aldobrandini, 1603, n. 44 (?) (D’Onofrio 1964); Inventario della collezione d'arte del cardinal Pietro Aldobrandini per Olimpia Aldobrandini-Pamphili, 1665 ca., n. 44 (?) (D’Onofrio 1964); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 38, n. 52. Acquisto dello Stato, 1902.
Mostre
- 1933, Ferrara, Palazzo dei Diamanti
- 1998-1999, New York, Metropolitan - Los Angeles, P. Getty Museum
Conservazione e Diagnostica
- 1903-1905, Luigi Bartolucci (disinfestazione dai tarli)
- 1937, Carlo Matteucci
- 1992 Istituto Centrale del Restauro (disinfestazione)
- 1995, Emmebici (indagini diagnostiche)
- 2021, ArsMensurae di Stefano Ridolfi (indagini diagnostiche)
- 2021, IFAC- CNR (indagini diagnostiche)
- 2022, Measure3D di Danilo Salzano (scansioni laser 3D)
Opera attualmente non esposta
Scheda
Sebbene sia alquanto complesso rintracciarlo in modo univoco negli inventari Aldobrandini, questo piccolo dipinto faceva parte con ogni probabilità della raccolta di Lucrezia d’Este d’Urbino, dove sarebbe riconoscibile nell’opera descritta nella Guardaroba «Di sopra la cornice a man manca vi sono due quadretti, uno con la Madonna con Nostro Signore Imbrazzo di mano di Mondino Scarsella, et l’altro con una Madonna simile di mano del Dosso» (Della Pergola 1959). Quest’opera era dunque proposta nella collezione della nobildonna ferrarese come pendant della Madonna col Bambino, san Giuseppe e san Giovannino dello Scarsellino, anch’essa confluita nella collezione Borghese (inv. 222) e di analoghe misure. Questa antica provenienza non è accolta da tutti gli studiosi che o non la ritengono particolarmente stringente (Romani in Ballarin 1994-1995), o ne ipotizzano una committenza di Alfonso I e Lucrezia Borgia (Humfrey 1998) o ne congetturano il percorso tra i documenti Aldobrandini fino all’approdo nella Villa in seguito al matrimonio di Paolo Borghese con Olimpia Aldobrandini del 1638 (Herrmann Fiore 2002).
Questa piccola e preziosissima tela viene particolarmente lodata da Adolfo Venturi (1893) per la sua luminosità, la vividezza e lo scintillio particolarmente esuberati ed acuti in questa minuta composizione. A lasciare un po’ perplesso lo studioso è lo sfondo scuro sulla destra, che recenti indagini radiografiche (Coliva 1998) hanno consentito di analizzare, scoprendo che il pittore aveva precedentemente previsto in quella zona l’inserimento della figura di san Giuseppe, rimasto in stato di abbozzo e poi coperto con una quinta scura che ne lascia intravedere in controluce la silhouette.
Le forme nette e sicure della figura della Vergine e del Bambino, sebbene con alcuni problemi prospettici soprattutto per quanto riguarda il braccino benedicente di Gesù, si stagliano su una natura inquieta e nebbiosa, definita solo con pochissimi tocchi di pennello e lumeggiature che descrivono allo stesso modo le fronde degli alberi, le nuvole e un gruppo di pecore al pascolo. La composizione, in cui si riconoscono influenze düreriane nella rappresentazione di Maria con il piccolo Cristo in braccio e l’attenta osservazione del trattamento del dato naturale a partire dal Festino degli Dei di Giovanni Bellini (Washington, National Gallery of Art, inv. 1942.9.1), insieme all’incertezza nella realizzazione di scorci e proporzioni, consentono di avallare l’ipotesi proposta da Vittoria Romani di datare la tela Borghese in prossimità della realizzazione della Melissa (inv. 217) intorno al 1517 (Romani in Ballarin 1994-1995; Humfrey 1998; Herrmann Fiore 2002). In precedenza, il dipinto venne variamente datato ai primi anni Dieci del Cinquecento (Mendelsohn 1914), entro il secondo decennio (Longhi 1927; Lazareff 1941), tra il 1519 e il 1525 (Puppi 1965), nel biennio 1520-1522 (Mezzetti 1965), entro i primi anni Venti (Freedberg 1971) e a metà degli anni Venti (Gibbons 1968).
Lara Scanu
Bibliografia
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