Il dipinto corrisponde ad una copia della Madonna della Torre (Madonna Mackintosh) di Raffaello, eseguita intorno al 1509 e attualmente conservata presso la National Gallery di Londra. Non si conoscono il nome dell’autore e la provenienza dell’opera, la cui realizzazione può essere collocata alla prima metà del Cinquecento, cronologicamente vicina all’originale, e certamente riconducibile alla grande fortuna di quest’ultimo. Nella copia, l’autore riprende il gruppo figurativo del modello raffaellesco ma non riproduce lo sfondo paesaggistico, sostituito da una campitura di colore neutro.
Salvator Rosa cm 101 x 78,5 x 8,5
Roma, collezione Scipione Borghese, Inventario ante 1633, n. 45 (Corradini 1998, p. 450); Inventario, 1693, Stanza III, n. 49; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 34, n. 38. Acquisto dello Stato, 1902.
L’opera, di autore ignoto, è tratta dalla Madonna della Torre (Madonna Mackintosh) di Raffaello, proveniente dalla raccolta del Duca di Orlèans e conservata presso la National Gallery di Londra.
Il soggetto ebbe grande fortuna e, come testimoniano le numerose repliche note, fu ripreso da molti artisti, tra i quali il Sassoferrato, di cui una copia si conserva anch’essa nella Galleria Borghese (inv. 382).
L’autore sconosciuto del dipinto Borghese riprende in maniera libera l’originale raffaellesco, mantenendo intatto il gruppo figurativo della Vergine con il Bambino ma eliminando lo sfondo paesaggistico, sostituito da una campitura uniforme di colore grigio. La resa del corpo di Gesù, rappresentato nudo in braccio alla madre mentre rivolge lo sguardo allo spettatore, appare più incisiva, rimandando ad esempi della pittura toscana di primo Cinquecento, da Pontormo a Domenico Puligo, e potrebbe spiegare l’indicazione presente sul retro della tavola, “Daniel”, come possibile riferimento a Daniele da Volterra, forse creduto l’autore del dipinto (Barberini 1984, pp. 60-62).
Il numero 426 presente in basso a sinistra della tavola ha permesso di individuare l’opera nell’inventario Borghese del 1693, seppur con una curiosa attribuzione: “un quadro in tavola di palmi quattro in circa con la Madonna et il Bambino del Mantegna del No. 426 con cornice dorata” (Della Pergola 1959, p. 124). Un possibile riferimento precedente, ipotizzato da Maria Giulia Barberini (cit.) sulla scorta della già citata indicazione sul retro della tavola, è presente nell’inventario di Scipione Borghese, datato al 1633 circa, dove compare un “quadro in tavola la Madonna con il Figliolo in braccio […] Daniel da Volterra” (Corradini 1998, p. 450; per la datazione dell’inventario si veda S. Pierguidi, “In materia totale di pitture si rivolsero al singolar Museo Borghesiano”, in “Journal of the history of collections”, XXVI, 2014). La citazione inventariale successiva segnalata dalla critica (Della Pergola cit.; Barberini cit.) è quella dell’elenco fidecommissario del 1833, dove l’opera compare con il riferimento alla scuola di Raffaello, ripreso da Piancastelli (1891, p. 308).
In data imprecisata, l’opera è stata oggetto di una totale ridipintura, rimossa tramite un intervento di restauro eseguito nel 1875 (Venturi 1893, p. 174; Della Pergola cit.).
Pier Ludovico Puddu